Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-11-2011) 29-11-2011, n. 44081

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza dell’8 luglio 2009, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 19 dicembre 2006 dal Tribunale della medesima città, con la quale B.M. era stato riconosciuto colpevole dei reati al medesimo ascritti e condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa.

Propone ricorso per cassazione il difensore, il quale riproponendo in larga misura censure già dedotte e disattese in appello, lamenta la insussistenza delle lesioni contestate al capo 2), la grossolanità della contraffazione dei marchi sugli oggetti sequestrati, la prescrizione del delitto di ricettazione, non essendo stata individuata la data della ricezione dei beni, e la mancanza di motivazione in ordine ai vari reati di cui all’art. 496 cod. pen. di cui l’imputato si è reso responsabile nonchè in riferimento al provvedimento di espulsione che doveva quindi essere disapplicato.

Il ricorso, salvo quanto si avrà modo di osservare in ordine al reato di cui al capo 5), è palesemente inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi. Quanto alle lesioni, la censura è del tutto aspecifica, in quanto si limita a rievocare i criteri enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte senza alcuna reale correlazione con i fatti, quali accertati nei giudizi di merito. Del pari aspecifica è la doglianza sulla pretesa insussistenza del reato di cui all’art. 474 cod. pen., essendo la stessa meramente reiterativa di quella già formulata nei gradi di merito e motivatamente disattesa dai giudici del gravame, senza che le relative argomentazioni abbiano formato oggetto di critica autonoma da parte del ricorrente. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591), cod. proc. pen., comma 1, lett. c) alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1^, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. 6^, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. 4^, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4^, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. 4^, 18 settembre 1997, Ahmetovic).

La questione relativa alla prescrizione del delitto di ricettazione è, poi, del tutto priva di consistenza, sul rilievo che i giudici del merito hanno fondatamente fatto leva sulla circostanza che l’acquisizione del materiale contraffatto da parte dell’imputato fosse avvenuta in sostanziale coincidenza con la sua messa in vendita e quindi con la data dell’accertamento dei fatti. L’ultimo motivo di ricorso, concernente il reato di cui all’art. 496 cod. pen. è anch’esso del tutto generico, a fronte della non contestabile sussistenza della responsabilità, accertata attraverso i rilievi dattiloscopici che hanno svelato le varie false generalità declinate dall’imputato nelle numerose occasioni che gli sono state contestate.

La sentenza impugnata deve invece essere annullata in riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter. Questa Corte ha infatti reiteratamente avuto modo di affermare che la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore, posta in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, non è più prevista dalla legge come reato, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia che ha affermato l’incompatibilità della norma incriminatrice di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter con la predetta normativa comunitaria, determinando la sostanziale abolitio criminis della preesistente fattispecie con la conseguente applicazione, per via di interpretazione estensiva, della previsione di cui all’art. 673 cod. proc. pen. (cfr. Corte di Giustizia U.E., 28 aprile 2001, El Dridi, C-61/11PPU) (ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 29 aprile 2011, n. 20130). Tenuto conto del fatto che il primo giudice ha determinato globalmente l’aumento per continuazione per tutti i reati diversi da quello di cui all’art. 648 cod. pen., assunto a pena base, e potendosi conseguentemente determinare l’aumento in parti eguali per ciascun reato satellite, va disposta la eliminazione della pena per il reato di cui al capo 5) nella misura di mesi due di reclusione ed Euro 50 di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 5) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione ed Euro 50 di multa.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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