T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 05-01-2012, n. 139 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono in fatto gli odierni ricorrenti che con convenzione urbanistica per l’urbanizzazione della zona G4-N di Torre M., stipulata in data 28 ottobre 1992, sono stati recepiti gli atti d’obbligo e di cessione unilaterale in precedenza sottoscritti ed è stata prevista, all’art. 3, n. 1, lettera f), la destinazione a verde pubblico di un’area di superficie complessiva di 7.800 mq, già ceduta al Comune di Roma, con impegno del ricorrente condominio alla sistemazione, a propria cura e spese, di tale area.

Essendo stata tale area occupata da un terzo ed adibita alla esposizione e vendita di veicoli, il condominio ricorrente ha proposto ricorso innanzi al Tribunale Civile di Roma, iscritto al N. 20502/2010 R.G., chiedendo il reintegro nel possesso dell’area, apprendendo, all’udienza di prima comparizione, della sussistenza della determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 2311 del 3 dicembre 2009, recante l’assegnazione dell’area all’impresa individuale Auto Casilino di C.G..

Avverso tale provvedimento deducono i ricorrenti i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.M. n. 1444 del 1968 e dell’art. 28 della L. n. 1150 del 1942 e successive modificazione. Violazione ed omessa applicazione della "Convenzione con il Comune di Roma per l’urbanizzazione della zona G4-N denominata Torre M." per atto notaio Giuliano di Frascati. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà e ingiustizia manifeste, genericità e indeterminatezza, sviamento. Violazione ed omessa applicazione del combinato disposto degli artt. 3 e 6 N.T.A del Piano Regolatore del Comune di Roma approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008.

Lamentano i ricorrenti l’incompatibilità dell’assegnazione dell’area al controinteressato, per l’esercizio della propria attività di vendita di autoveicoli, con la destinazione a verde pubblico dell’area stessa, come impressa dalla convenzione urbanistica del 28 ottobre 1992, senza che sia stata adottata la necessaria variante urbanistica o avviato il relativo procedimento.

Tale assegnazione sarebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 3 e 6 N.T.A. del Piano Regolatore Generale del Comune di Roma rientrando la struttura di vendita, che occupa una superficie di circa 5.000 mq, tra le grandi strutture di vendita con carico urbanistico alto senza che sia stata reperita la superficie da destinare a parcheggio a servizio della struttura.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale che, dopo aver nel dettaglio illustrato le circostanze che hanno condotto alla contestata assegnazione dell’area ed il relativo iter procedimentale, ha eccepito il difetto di interesse all’impugnazione stante l’inadempimento da parte dei ricorrenti agli obblighi assunti nei confronti del Comune sulla base della Convenzione urbanistica, affermando su tale base come gli stessi non possano pretendere l’adempimento della stessa da parte del Comune.

Sostiene, altresì, parte resistente come sia intervenuta la prescrizione al diritto all’esecuzione dell’obbligazione contenuta nella Convenzione urbanistica.

Spiega, infine, parte resistente domanda riconvenzionale volta ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento degli obblighi discendenti dalla Convenzione.

Con ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato gli atti inerenti la conferenza dei servizi sulla cui base è stata assegnata l’area al controinteressato C., invocando il Piano Regolatore del Comune di Roma che destina l’area in questione a Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale del sistema dei servizi e delle infrastrutture in recepimento della Convenzione di urbanizzazione della zona.

A sostegno dell’azione deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.M. n. 1444 del 1968 e dell’art. 28 della L. n. 1150 del 1942 e successive modificazioni. Violazione ed omessa applicazione della "Convenzione con il Comune di Roma per l’urbanizzazione della zona G4-N denominata Torre M." per atto notaio Giuliano di Frascati e degli artt. 83 e 85 delle N.T.A. del Piano Regolatore del Comune di Roma approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà e ingiustizia manifeste, sviamento. Violazione ed omessa applicazione del combinato disposto degli artt. 3 e 6 N.T.A del Piano Regolatore del Comune di Roma approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008.

Ribadisce parte ricorrente l’incompatibilità della contestata assegnazione dell’area al controinteressato con la sua destinazione a verde pubblico, con conseguente violazione dello standard urbanistico.

2 – Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 13 e 20 del D.P.R. n. 380 del 2001. Incompetenza relativa. Violazione ed omessa applicazione della "Convenzione con il Comune di Roma per l’urbanizzazione della zona G4-N denominata Torre M." per atto notaio Giuliano di Frascati e degli artt. 83 e 85 delle N.T.A. del Piano Regolatore del Comune di Roma approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà e ingiustizia manifeste, contraddittorietà tra atti dell’Amministrazione, sviamento. Inosservanza del parere di cui alla nota del Comune di Roma – Sovrintendenza ai Beni Culturali prot. RI/15498 del 16 giugno 2010. Nullità del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 21 septies della L. n. 241 del 1990 in riferimento agli artt. 11, 12, 13 e 20 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Denuncia parte ricorrente l’incompetenza relativa che vizia la gravata determinazione dirigenziale sull’assunto che l’autorizzazione alla realizzazione dell’opera spetti al dirigente dell’ufficio deputato al rilascio di titoli edilizi.

Tale determinazione, inoltre, in quanto non avente né la forma né la sostanza di un permesso di costruire sarebbe nulla stante l’assenza degli elementi essenziali del permesso a costruire.

Sarebbe stato, ancora, disatteso il parere della Sovrintendenza comunale ai beni culturali, peraltro acquisito ex post, nella parte in cui prescrive l’acquisizione del parere della Sovrintendenza statale in caso di opere comportanti lavori di scavo, con conseguente vizio dell’istruttoria svolta.

Stante, infine, la destinazione urbanistica dell’area, nessun titolo edilizio avrebbe potuto essere assentito.

Si è costituito in giudizio anche il controinteressato G.C. eccependo la carenza di interesse all’impugnazione in capo ai ricorrenti stante la loro situazione di inadempienza agli obblighi assunti con la Convenzione urbanistica, e sostenendo – anche con successiva memoria – l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con ordinanza n. 675/2011 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione degli effetti dei gravati provvedimenti.

Con ordinanza del Consiglio di Stato n. 2373/2011 è stato accolto l’appello proposto avverso la predetta ordinanza e rigettata l’istanza cautelare proposta in primo grado.

Con memorie successivamente depositate parte ricorrente ed il controinteressato hanno contro dedotto a quanto ex adverso sostenuto, insistendo nelle proprie deduzioni e ulteriormente argomentando.

Alla Pubblica Udienza del 13 dicembre 2011 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame – arricchito dalla presentazione di motivi aggiunti – è proposta azione impugnatoria avverso le determinazioni in base alle quali l’area destinata a verde pubblico e servizi ex G4 Torre M., distinta al N.C.U. al foglio 960, partt. N. 1068 parte, 7, 1077, 1078, 1079 e 1081 parte, è stata assegnata al controinteressato C. per l’esercizio dell’attività di vendita di autovetture.

Nel rappresentare gli odierni ricorrenti come tale area sia stata destinata a verde pubblico sulla base della Convenzione di urbanizzazione della zona stipulata in data 28 ottobre 1992 – con cui sono stati recepiti gli atti d’obbligo e di cessione unilaterale in precedenza stipulati ed è stato previsto, all’art. 3, n. 1, lettera f), la destinazione a verde pubblico di un’area di superficie complessiva di 7.800 mq, già cedua al Comune di Roma, con impegno del ricorrente condominio alla sistemazione, a propria cura e spese, di tale area – e come tale destinazione sia stata recepita nel Piano Regolatore del Comune di Roma approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008, denunciano l’incompatibilità della contestata assegnazione con la destinazione urbanistica impressa a tale zona.

In via preliminare, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull’eccezione, sollevata sia dalla resistente Amministrazione Comunale che dal controinteressato costituitosi in giudizio, di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse all’impugnazione in capo ai ricorrenti stante l’inadempimento degli stessi agli obblighi assunti nei confronti del Comune sulla base della Convenzione urbanistica, affermando su tale base come gli stessi non possano pretendere l’adempimento della stessa da parte del Comune.

L’eccezione è priva di pregio in quanto impropriamente attinge ai principi civilistici in materia di adempimento delle obbligazioni assunte dalle parti al fine di contestare la legittimazione all’azione impugnatoria in capo ai ricorrenti, trasponendo sul piano processuale istituti – nella specie di eccezioni, quale quella di inadempimento – di carattere sostanziale estranei al processo amministrativo di tipo impugnatorio.

Ed invero, la legittimazione all’azione nel processo amministrativo si fonda sulla titolarità dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e che si assume leso, sorgendo il diritto al ricorso in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tendendo ad un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere tale lesione. Condizioni soggettive per agire in giudizio sono, pertanto, la legittimazione processuale e l’interesse a ricorrere, spettando, nel giudizio impugnatorio, la prima a colui che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa. L’interesse a ricorrere, quindi, postula che l’atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio che, nella fattispecie in esame, va individuata nello stabile collegamento giuridico con l’area interessata dall’assegnazione al controinteressato C. per lo svolgimento di attività commerciale.

Parimenti infondata risulta l’ulteriore eccezione con cui la resistente Amministrazione affida l’affermata inammissibilità del ricorso all’intervenuta prescrizione del diritto dei ricorrenti ad ottenere l’adempimento degli obblighi discendenti dalla Convenzione di urbanizzazione del 1992, la quale indica in tre anni il termine per l’esecuzione dei lavori da parte del condominio ricorrente, rimasto inadempiente.

Richiamato quanto sopra illustrato circa l’impropria trasposizione sul piano processuale amministrativo, di tipo impugnatorio, di istituti di diritto civile aventi natura sostanziale, deve osservarsi che, avuto riguardo all’oggetto del presente giudizio non si fa questione di mancato adempimento da parte della resistente Amministrazione Comunale degli obblighi discendenti dalla richiamata Convenzione di urbanizzazione della zona, quanto di violazione, per effetto dei gravati provvedimenti, della destinazione urbanistica a verde pubblico impressa dalle prescrizioni urbanistiche recepite nel nuovo Piano Regolatore Generale all’area interessata dall’assegnazione provvisoria a favore del controinteressato, essendo tale destinazione, secondo la prospettazione di parte ricorrente, incompatibile con tale utilizzo.

E’ di tutta evidenza come il vincolo discendente per l’Amministrazione al rispetto delle destinazioni urbanistiche impresse al territorio da un Piano Regolatore Generale che recepisce una Convenzione di urbanizzazione non può essere ricondotto alla fattispecie dell’adempimento ad obblighi convenzionalmente assunti, essendo l’Amministrazione vincolata al rispetto delle destinazioni stabilite in tale Piano e traducendosi eventuali violazioni di tali destinazioni in profili di illegittimità dell’azione amministrativa che i soggetti legittimati possono sottoporre al sindacato del giudice amministrativo.

Nelle considerazioni che precedono, oltre che nella sua estraneità al processo amministrativo, risiedono le ragioni dell’inammissibilità della domanda riconvenzionale spiegata dall’Amministrazione Comunale.

Disattese le eccezioni preliminari e procedendo all’esame nel merito del ricorso, il Collegio ne ritiene la fondatezza.

Alla luce della documentazione versata al fascicolo di causa è indubbia la destinazione a verde pubblico dell’area interessata dall’assegnazione per il periodo di un anno al controinteressato C. al fine di consentirgli l’esercizio della propria attività commerciale di vendita di autovetture a seguito dell’esproprio dell’area su cui precedentemente tale attività veniva esercitata.

Il Piano Regolatore del Comune di Roma, approvato con deliberazione di C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008, ha recepito la destinazione a "verde pubblico e servizi pubblici di livello locale del sistema di servizi e delle infrastrutture" che a tale area – per una superficie complessiva di 7.800 mq – era stata impressa dalla Convenzione urbanistica del 1992 stipulata con il Comune di Roma.

Al riguardo, giova rilevare che la Convenzione di urbanizzazione indica le destinazioni urbanistiche delle zone ricadenti nell’area, destinando, all’art. 3, n. 1, lettera f), a verde pubblico attrezzato quelle indicate nella planimetria allegata.

Inoltre, l’atto di cessione unilaterale al Comune di Roma a titolo gratuito di aree destinate ad opere di urbanizzazione del 19 gennaio 1991, recepito nella Convenzione, fa riferimento, all’art. 2, all’area destinata a verde pubblico attrezzato "V" della superficie di metri quadrati 8.373,93, che successivamente è stata ridotta dalla Convenzione a mq 7.490.

L’assegnazione al controinteressato di parte di tale area, per una superficie di 5.000 mq, divenuta di proprietà del Comune di Roma in forza di atto di cessione del 1991, disposta sulla base del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio in esito al procedimento nel corso del quale sono state approvate le risultanze della conferenza di servizi ed il progetto presentato dal controinteressato – impugnati con motivi aggiunti – in quanto finalizzata a consentire lo svolgimento da parte dello stesso di attività commerciale di vendita di veicoli, con installazione di un manufatto di 25 mq e con parcheggio nella predetta area di autovetture in vendita, risulta incompatibile con la destinazione impressa a tale area dal Piano Regolatore Generale.

Stabilisce l’art. l’art. 83 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale, che le aree per Servizi pubblici si articolano in aree per Servizi pubblici di livello urbano ed aree per Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale.

L’art. 85 delle Norme Tecniche in esame prevede che le aree per Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale sono destinate ai servizi ed attrezzature inerenti l’istruzione di base (asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo, pubbliche e di interesse pubblico), le attrezzature di interesse comune (amministrative, culturali, sociali, associative, sanitarie, assistenziali e ricreative, mercati in sede fissa o saltuari, altri locali di uso o di interesse pubblico), le attrezzature religiose (edifici di culto e complessi parrocchiali con funzioni connesse), il verde pubblico (parchi naturali, giardini ed aree per il gioco e per il tempo libero), il verde sportivo (impianti sportivi coperti e scoperti), i parcheggi pubblici, le attrezzature per la raccolta dei rifiuti solidi urbani , i parcheggi privati.

Posta la destinazione urbanistica impressa all’area a "verde pubblico e servizi pubblici di livello locale del sistema di servizi e delle infrastrutture" e tenuto conto della illustrata disciplina dettata per tale tipologia di destinazione, l’esercizio di un’attività commerciale in tale area risulta incompatibile con la destinazione della stessa, non essendo tale attività riconducibile alle tipologie di utilizzazione stabilite dalle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G.

Ciò posto, deve ulteriormente rilevarsi che l’assegnazione di aree ad operatori commerciali che abbiano subito espropri per pubblica utilità deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni e destinazioni alle stesse attribuite dalla strumentazione urbanistica previa, eventualmente, modifica delle stesse al fine di renderle compatibili con l’utilizzo che se ne intende fare nel rispetto dei relativi standard urbanistici.

Ne consegue l’illegittimità, sotto l’illustrato profilo, del provvedimento con cui è stata disposta l’assegnazione al contro interessato dell’area destinata a verde pubblico, il che conduce all’accoglimento del ricorso con assorbimento delle ulteriori censure non esaminate.

In conclusione, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del provvedimento gravato con il ricorso introduttivo del giudizio.

Le spese possono essere compensate nei confronti del controinteressato, mentre seguono le regole della soccombenza con riguardo alle altre parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

– Roma – Sezione Seconda

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 8745/2010 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento con lo stesso impugnato.

Condanna la resistente Amministrazione Comunale al pagamento, a favore di parte ricorrente, delle spese di giudizio che liquida forfettariamente in Euro 1.500,00 (millecinquecento), compensandole nei confronti del controinteressato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Tosti, Presidente

Carlo Modica de Mohac, Consigliere

Elena Stanizzi, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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