T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 05-01-2012, n. 38 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente è proprietaria di un immobile in Milano, in Via Manzotti 18, che confina con l’ edificio posto al civico 20, costituito, ab origine, da tre fabbricati ad un piano fuori terra, di cui uno in passato occupato da un’officina meccanica con riparazione di autovetture.

Nel corso del 2009 venivano avviati i lavori interessanti l’edificio posto al n. 20, consistenti nella rimozione dei manufatti esterni e nell’abbattimento delle strutture di sostegno.

Dopo l’apposizione del cartello di cantiere (in cui veniva riportato il numero della dia e la tipologia di intervento "ristrutturazione edilizia – demolizione e ricostruzione"), il legale rappresentante della società ricorrente riusciva a verificare la tipologia di intervento realizzato, consistente nella demolizione di manufatti situati nel cortile, per edificare un unico corpo di fabbrica con traslazione di volume, al fine di realizzare un immobile di 5 piani fuori terra con copertura piana, posto in aderenza al fabbricato di sua proprietà.

Veniva quindi proposto il ricorso principale, chiedendo l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per intraprendere l’attività edilizia in base alla D.I.A., presentata dalla RI.CA. Srl in data 11.11.2008 Progr. 9219/2008 – PG 885544/2008, relativa alla ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione di immobili in Via Manzotti n. 20 e l’annullamento della D.I.A., presentata dalla RI.CA. Srl in data 11.11.2008, articolando le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001 L.R. n. 12 del 2005 e del Regolamento Edilizio del Comune di Milano e del PRG vigente: l’intervento presenta i caratteri di una nuova costruzione, non essendo stata rispettata la volumetria precedente né la sagoma; non sarebbero stati rispettati neppure i parametri di idoneità ambientale dell’intervento, fissati dall’art 12 del Regolamento Edilizio;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 28 del Regolamento Edilizio di Milano: l’edificio è previsto in confine con l’immobile della ricorrente, ma non in aderenza: viene così violata la distanza dal confine di 3 mt prevista dal Regolamento Edilizio.

Si costituivano in giudizio il Comune di Milano e la società controinteressata, chiedendo il rigetto del ricorso e sollevando una serie di eccezioni.

Il Dirigente dello Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Milano, a fronte della notifica del ricorso, disponeva, con atto del 1.2.2010, la sospensione dei lavori di cui alla D.I.A. dell’11.11.2008 presentata dalla società controinteressata, ritenendo che la documentazione allegata non fosse esaustiva ai fini della valutazione del progetto, avviando anche il procedimento di annullamento del titolo abilitativo.

La società ricorrente, in sede di partecipazione procedimentale, sosteneva che l’intervento dovesse essere qualificato come nuova costruzione, anche in base alle nuove tavole presentate in data 6.5.2010, in variante alla dia originaria.

Con atto del 19.5.2010 il suddetto Dirigente dichiarava "decaduta a tutti gli effetti l’efficacia del provvedimento di sospensione dei lavori del 1.2.2010".

Veniva quindi notificata una nuova domanda di sospensione.

Con ordinanza n 795 del 23.7.2010, la domanda cautelare veniva accolta: rilevava il Collegio che nelle premesse del provv. del 19 maggio 2010 si richiama "l’istanza in data 6.5.2010 in atti P.G. 369478/10 con la quale si chiede il riesame della D.I.A." e nella memoria difensiva il legale della controinteressata dichiara che la società Ricafin ha apportato all’originario progetto "alcune importanti variazioni".

Quindi in considerazione della circostanza che a fronte delle predette variazioni progettuali, presumibilmente allegate all’istanza del 6.5.2010, avrebbe dovuto formarsi un nuovo titolo edilizio, il Collegio disponeva l’acquisizione degli eventuali titoli in variante rilasciati dall’Amministrazione nonchè l’istanza del 6.5.2010, precisando che la D.I.A. dell’11.11.2008 "non parrebbe titolo idoneo per la ripresa dei lavori".

A fronte della produzione documentale, la società ricorrente veniva a conoscenza del nuovo progetto, consistente nell’ampliamento e nella ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, ai sensi degli artt. 66 e 67 del Regolamento edilizio, nonché dell’art 27 lett. d) L.R. n. 12 del 2005 .

La ricorrente proponeva, quindi, motivi aggiunti, depositati in data 2.9.2010, sostenendo che le modifiche apportate da Ricafin all’originaria DIA avrebbero natura sostanziale e quindi che sia necessario il rilascio di un nuovo titolo.

Con ordinanza n. 998 del 10 settembre 2010 la domanda cautelare veniva accolta, sull’assunto che la presentazione di queste due nuove tavole comportava una variante al progetto assentito e quindi avrebbe implicato una nuova determinazione.

Il 15 novembre la controinteressata depositava presso l’ufficio tecnico la documentazione prevista dagli artt. 23 D.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art 42 L.R. n. 12 del 2005 esplicativa delle variazioni presentate il 6 maggio 2010.

L’Amministrazione con Provv. del 23 dicembre 2010 dichiarava di non poter autorizzare la prosecuzione dei lavori, stante la sospensione dell’efficacia della dia disposta con l’ordinanza 998/2010.

Avverso il provvedimento comunale la ricorrente ha presentato un secondo ricorso per motivi aggiunti, depositati in data 28 marzo 2011, articolando le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 22 e 23 D.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art 42 L.R. n. 12 del 2005; eccesso di potere per travisamento dei presupposti;

2) violazione e falsa applicazione della L. n. 1902 del 1952, dell’art 14 comma 12 L.R. n. 12 del 2005 e del PGT;

3) violazione e falsa applicazione artt. 27 e 28 del Regolamento Edilizio Comunale vigente.

Medio tempore la società controinteressata presentava istanza di revoca dell’ordinanza n. 998/2010 che veniva respinta, con ordinanza n. 352 dell’11.2.2011.

L’ordinanza era poi confermata dal Consiglio di Stato (ordinanza n. 1430 del 30 marzo 2011), non ravvisando le condizioni per la revoca del precedente provvedimento cautelare.

All’udienza del 3 novembre 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

1) Vengono impugnati, con il ricorso e i motivi aggiunti, i titoli edilizi rilasciati alla società odierna controinteressata, per la ristrutturazione di un immobile sito in Milano, limitrofa alla proprietà della ricorrente.

2) Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto non sarebbe rivolto contro il diniego di annullamento del provvedimento tacito formatosi sulla d.i.a., come statuito dall’Adunanza Plenaria n. 15/2011.

L’eccezione è infondata.

Prima della sentenza dell’Adunanza Plenaria 15/2011, sui rimedi esperibili avverso la d.i.a. si sono formati orientamenti contrapposti circa la natura del titolo edilizio e di conseguenza sulla tipologia di azione da esperire: la ricorrente ha proposto il ricorso principale nel 2010, chiedendo sia l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per eseguire le opere sia l’annullamento del provvedimento implicito di assenso formatosi sulla stessa.

Pertanto, anche in considerazione della circostanza che il ricorso è stato proposto in assenza di un orientamento univoco, l’eccezione va respinta.

3) Il ricorso principale è proposto per ottenere l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per intraprendere l’attività edilizia in base alle D.I.A. presentate nel corso del 2008.

Poiché la società ha presentato un nuovo progetto, non vi è più interesse alla decisione del ricorso principale, con la conseguenza si può prescindere dall’esame dell’eccezione di tardività sollevata rispetto all’impugnazione de quo.

Infatti, come già affermato in sede cautelare, la presentazione di due nuove planimetrie, ha sostanzialmente comportato una variazione del progetto, che di fatto sostituisce il progetto originariamente assentito.

Il ricorso principale va quindi dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse.

4) I primi motivi aggiunti sono stati presentati avverso il provvedimento dello Sportello Unico dell’Edilizia Privata n. 9219/2008, avente ad oggetto "decadenza di efficacia del provvedimento di sospensione lavori – DIA per ristrutturazione edilizia in Via Manzotti 20".

I motivi aggiunti meritano accoglimento.

La società Ricafin ha presentato nuove tavole progettuali, introducendo una modifica dell’intervento, che implica anche una differente qualificazione della tipologia dello stesso.

E’ stato quindi avviato, come detto, un nuovo procedimento, finalizzato alla formazione di un titolo edilizio "sostitutivo" del precedente: coglie nel segno, quindi, la ricorrente laddove lamenta la violazione dell’iter procedimentale, dal momento che la presentazione delle due nuove tavole avrebbe dovuto essere accompagnata anche dalle relative relazioni tecniche e da una nuova denuncia di inizio attività.

Non solo.

Profili di illegittimità sono, infatti, riscontrabili anche nel progetto.

In primo luogo, non è ammissibile un intervento di ristrutturazione con demolizione e modifica della sagoma, alla luce della decisione della Corte Costituzionale n. 309/2011.

Inoltre rispetto al sottotetto e al problema del computo del volume, si richiama l’orientamento del Consiglio di Stato (sez. IV n. 812 del 7 febbraio 2011, seguito da questa Sezione, nella sentenza n. 1105/2011), secondo cui "vanno considerati come volumi tecnici (come tali non rilevanti ai fini della volumetria di un immobile) quei volumi destinati esclusivamente agli impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno, mentre non sono tali – e sono quindi computabili ai fini della volumetria consentita – le soffitte, gli stenditori chiusi e quelli "di sgombero", nonché il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda, in quanto dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda".

Pertanto nel caso di specie è innegabile che anche l’ultimo piano debba essere computato, configurandosi come locali con requisiti di abitabilità.

I motivi aggiunti in esame vanno quindi accolti, con conseguente annullamento del provvedimento dello Sportello Unico dell’Edilizia Privata n. 9219/2008 del 19 maggio 2010.

5) Con i secondi motivi aggiunti del 28.3.2011 la ricorrente ha gravato l’atto prot. 9219 del 23 dicembre 2010 con cui il Dirigente comunica che "nonostante la documentazione trasmessa in data 15.11.2010 ottemperi alle richieste di chiarimento formulate dal TAR con l’ordinanza soprarichiamata, non è possibile dar corso alle opere poiché la DIA è tuttora sospesa dal provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale".

Il ricorso è inammissibile non trattandosi di un atto di natura provvedimentale, ma di una semplice comunicazione sulla interpretazione degli effetti conseguenti all’ordinanza di questa Sezione, che non permetteva la ripresa dei lavori.

6) In conclusione, il ricorso principale è improcedibile; i primi motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti e i secondi motivi aggiunti sono inammissibili.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso principale, accoglie i primi motivi aggiunti e dichiara inammissibili i secondi motivi aggiunti.

Condanna il Comune di Milano e la società RICAFIN in solido alle spese di giudizio, quantificate in Euro 4.000 (quattromila,00), oltre oneri di legge, a favore della Immobiliare M..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Giovanni Zucchini, Primo Referendario

Silvana Bini, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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