Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-06-2012, n. 9967 Licenziamento per causa di malattia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La AMIAT – Azienda multiservizi igiene ambientale Torino spa ricorre, ai sensi dell’art. 420-bis c.p.c. contro la sentenza del Tribunale di Torino, pubblicata l’8 gennaio 2010.

Un dipendente dell’azienda, B.G., con mansioni di raccoglitore, venne giudicato non idoneo, a causa di un complesso di malattie, alle sue mansioni, ma idoneo ad un diversa collocazione lavorativa di natura sedentaria. La società gli comunicò l’intenzione di procedere alla risoluzione del rapporto ai sensi dell’art. 40, comma 7, ccnl per i lavoratori della aziende municipalizzate di igiene urbana.

Il dipendente chiese di rimanere in servizio; gli venne offerta la possibilità di farlo come addetto alle pulizie; il B. non accettò.

Nel confermare la risoluzione del rapporto, l’azienda non gli erogò la somma una tantum prevista dal medesimo art. 40 del ccnl.

Il B. agì in giudizio per ottenere il pagamento di tale una tantum. La società si costituì sostenendo che essa spetta solo ai dipendenti ai quali non viene offerta la possibilità di svolgere altre mansioni e che quindi non spettasse al B., che aveva rifiutato l’offerta di rimanere al lavoro come addetto alle pulizie.

Il Tribunale ha deciso la questione pregiudiziale sull’interpretazione della clausola del contratto collettivo nazionale controversa, nel senso che detta una tantum spetta in tutti i casi in cui non venga raggiunto un accordo per lo svolgimento di mansioni alternative e non solo quando ciò dipende dal fatto che l’azienda non è stata in grado di offrire una soluzione alternativa.

Contro tale decisione la società propone tre motivi di ricorso.

Il B. si è difeso con controricorso e con memoria.

Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 40 in relazione agli artt. 1362, 1363, 1367 c.c. perchè il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato il significato da dare all’utilizzazione dell’aggettivo eventuale.

Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 40, in relazione agli artt. 1366 e 1371 c.c., per violazione del principio di buona fede e correttezza nonchè del principio dell’equo contemperamento degli interessi perchè con la previsione contrattuale le parti hanno addossato alle aziende un onere ulteriore rispetto a quelli che avrebbero avuto per legge, onere che pertanto "deve essere interpretato nel senso meno gravoso per l’obbligato".

Con il terzo motivo si denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Quest’ultimo motivo è formulato in modo inammissibile, perchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 il vizio di motivazione può essere dedotto in relazione all’accertamento di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Nel caso in esame la ricorrente omette di indicare qual è il fatto e, omette di spiegarne il carattere controverso e decisivo.

I primi due motivi devono essere esaminati congiuntamente.

L’art. 40 del ccnl in questione disciplina l’inidoneità sopravvenuta in servizio, disponendo quanto segue:

"1 – E’ diritto dell’Azienda di far constatare in ogni momento l’idoneità psico-fisica del lavoratore a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto od alle quali è stato successivamente adibito.

2 – L’accertamento relativo deve essere compiuto dal medico competente, avvalendosi delle strutture preposte nel rispetto delle norme di legge vigenti, e si conclude con un giudizio circa l’idoneità alla mansione……

3 – Contro l’eventuale giudizio di inidoneità sia l’Azienda che il lavoratore possono esperire un solo ricorso, secondo la vigente normativa, rivolgendosi all’organo di vigilanza territorialmente competente (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 17, comma 4)………

6. Gli organi di cui sopra potranno:

a) dichiarare il lavoratore idoneo a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto od alle quali è stato successivamente adibito;

b) dichiarare il lavoratore totalmente inidoneo a svolgere qualsiasi attività lavorativa;

c) dichiarare il lavoratore inidoneo a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto od alle quali è stato successivamente adibito, ma non anche inidoneo a svolgere qualsiasi altra attività lavorativa;

d) dichiarare il lavoratore temporaneamente inidoneo a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto od alle quali è stato successivamente adibito, ma non anche inidoneo a svolgere qualsiasi altra attività lavorativa.

7 – Nei casi previsti dal precedente punto 6, lettere b) e c), l’Azienda deve procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, fermo restando quanto previsto dal successivo punto 8.

8 – E’ data facoltà al lavoratore, ove ricorra il caso previsto dal precedente punto 6, lett. c), di formulare all’Azienda richiesta scritta di essere mantenuto in servizio per svolgere mansioni diverse da quelle a cui era adibito prima dell’accertamento medico. In tal caso, l’inoltro della richiesta sospende la procedura di licenziamento.

9 – La richiesta di cui sopra deve essere inoltrata all’Azienda entro cinque giorni dal ricevimento della lettera con la quale l’Azienda stessa, a seguito dell’esito della visita, comunica al lavoratore l’intenzione di risolvere il rapporto di lavoro.

10 – L’accertamento relativo alla possibilità di mantenere, o meno, il lavoratore in servizio con mansioni diverse deve avvenire in una riunione congiunta tra la Direzione Aziendale, le Rappresentanze Sindacali Aziendali delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il C.C.N.L. ed il lavoratore interessato.

11 – Nell’ipotesi in cui, a seguito dell’accertamento compiuto ai sensi del precedente punto 10, risulti che il lavoratore può essere mantenuto in servizio, ancorchè in mansioni non equivalenti od anche inferiori a quelle di assunzione od a quelle alle quali è stato successivamente adibito, deve essere redatto apposito verbale nel quale il lavoratore dovrà espressamente dichiarare di accettare le mansioni che gli sono state assegnate. Il predetto verbale, oltre che dal lavoratore interessato, deve essere sottoscritto per accettazione dalla Direzione e dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il C.C.N.L. Qualora non si raggiunga l’accordo, l’Azienda procederà al licenziamento del lavoratore, come previsto al precedente punto 7, con eventuale applicazione delle successive disposizioni in materia di esonero agevolato per inidoneità.

12 – Nell’ipotesi prevista al precedente punto 11, il lavoratore mantenuto in servizio dovrà essere inquadrato nel livello di competenza delle nuove mansioni attribuitegli. Qualora il nuovo inquadramento risultasse inferiore al precedente, verrà conservata "ad personam" la differenza in cifra tra la retribuzione individuale percepita al momento dell’assegnazione del nuovo livello e la nuova retribuzione. Tale differenza ("ad personam") è parte della retribuzione globale.

ESONERO AGEVOLATO PER INIDONEITA’.

a) Nei confronti dei lavoratori riconosciuti, con le procedure di cui ai commi precedenti, inidonei alle mansioni per cui erano stati assunti od a cui erano stati successivamente adibiti, l’Azienda, esperita infruttuosamente la procedura di riallocazione, procederà alla risoluzione del rapporto di lavoro con il riconoscimento di una somma "una tantum" definita nella sottoindicata tabella.

b) L’esonero, stante la condizione di cui al precedente punto a), avverrà senza corresponsione di premio per i lavoratori che al momento del provvedimento del licenziamento abbiano un’età anagrafica pari a quella stabilita dalle disposizioni in materia previdenziale per il collocamento a riposo per limiti di età, diminuita di un anno.

c) L’"una tantum" sopra definita spetta integralmente ai lavoratori di età inferiore ai 55 anni compiuti anagraficamente, al momento del provvedimento del licenziamento definitivo. Viene ridotta di 2/30 per ogni anno di età superiore al 55 compiuto anagraficamente.

d) I posti lasciati vacanti dai lavoratori esonerati con liquidazione della suddetta somma "una tantum", non verranno ricoperti per un periodo corrispondente ai mesi di "una tantum" riconosciuti agli stessi lavoratori esonerati".

L’interpretazione di tali disposizioni dell’autonomia collettiva effettuata dal Tribunale è perfettamente condivisibile.

La somma una tantum prevista dalla lett. a) del punto n. 12 spetta a tutti i lavoratori riconosciuti (con le procedure previste dai commi precedenti) inidonei alle mansioni per cui erano stati assunti od a cui erano stati successivamente adibiti, alla sola condizione che sia stata infruttuosamente esperita la procedura di riallocazione.

Quindi, in tutti i casi in cui non sia stato raggiunto un accordo per lo svolgimento di mansioni alternative, senza che il contratto distingua tra il caso in cui l’azienda non abbia offerto tale possibilità ed il caso in cui l’abbia offerta ma il dipendente non l’abbia accettata.

Tale interpretazione non subisce modifiche a causa della lettura dell’inciso contenuto nel punto 11 della medesima norma, per cui:

"qualora non si raggiunga l’accordo, l’azienda procederà al licenziamento del lavoratore…con eventuale applicazione delle successive disposizioni in materia".

Infatti, l’eventualità dell’applicazione delle successive disposizioni, e quindi del diritto alla indennità, deriva dal fatto che le disposizioni successive prevedono casi in cui l’indennità non deve essere corrisposta (per i lavoratori che al momento del licenziamento abbiano un’età anagrafica parti a quella stabilita dalle disposizioni in materia previdenziale per il collocamento a riposo per limiti di età diminuita di un anno) o deve essere corrisposta in misura ridotta.

Al contrario, come si è visto, nessuna distinzione viene introdotta in relazione al diritto di percepirla quando la procedura di riallocazione sia stata esperita infruttuosamente, perchè la norma non distingue in ordine alle ragioni di tale esito infruttuoso.

L’interpretazione letterale e sistematica della normativa porta a tali conclusioni e quindi il primo motivo di ricorso risulta infondato. Così come risulta infondato il secondo motivo, perchè anche una lettura dell’accordo secondo il canone della buona fede, porta alla medesima conclusione. Nè modifiche dell’interpretazione possono essere introdotte ai sensi dell’art. 1371 c.c., norma che opera solo quando, applicate le regole dettate dall’art. 1362 c.c. e segg., il contratto rimanga oscuro.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione al controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00 nonchè 5.000,00 (cinquemila/00) Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

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