Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-10-2011) 29-11-2011, n. 44122

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, D.L.D. venne ritenuto responsabile del reato di minaccia in danno di P.M. per avere, secondo l’accusa, rivolto a costui l’espressione: "Vieni sotto, che io sono già incazzato";

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, denunciando inosservanza o erronea applicazione dell’art. 612 c.p., unitamente a vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento del fatto sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che sarebbe stata da escludere l’efficacia intimidatoria della frase in questione non solo in considerazione del suo letterale tenore, ma anche per il fatto che essa, comunque, era stata pronunciata – cosa non valutata dal giudice di merito – soltanto dopo che il P., a sua volta imputato dei reati di lesioni personali e minacce in danno di esso imputato, aveva rivolto a quest’ultimo l’espressione minacciosa "stai zitto, muto, se no ti trincio di botte".

Motivi della decisione

– che il ricorso appare, per quanto di ragione, meritevole di accoglimento, giacchè, pur potendosi attribuire alla frase pronunciata dall’imputato, in sè e per sè considerata, un carattere oggettivamente minaccioso, ciò non avrebbe potuto essere considerato sufficiente a rendere configurabile il reato a lui addebitato, richiedendosi a tal fine, secondo il testuale tenore della norma incriminatrice, anche la verifica del requisito costituito dalla ingiustizia del male minacciato; requisito la cui sussistenza, nella specie, non può dirsi in alcun modo dimostrata e appare, anzi, da escludere, a fronte del fatto che, come risulta dalla lettura della stessa sentenza impugnata, il soggetto al quale era diretta la frase incriminata aveva a sua volta pesantemente minacciato l’attuale ricorrente ed era poi addirittura passato in effetti a vie di fatto nei suoi confronti, tanto da procurargli delle lesioni; ragion per cui la minaccia a sua volta contenuta nella risposta del ricorrente alla minaccia ricevuta ben poteva ritenersi dettata da un semplice intento dissuasivo, sì da escludere la ingiustizia del male minacciato, essendo questo, in buona sostanza, soltanto il male al quale giustamente si trova esposto ogni aggressore nell’eventualità di una legittima reazione da parte dell’aggredito; e ciò senza che in contrario possa valere quanto osservato nell’impugnata sentenza, secondo cui la minaccia contenuta nella frase pronunciata dall’imputato non sarebbe affatto "condizionata" ma invece "provocatoriamente diretta" e, quindi "propedeutica ad una reazione che è da riconoscersi chiaramente illegittima siccome idonea (stando a quel giudizio da effettuarsi ex ante) a produrre violenza", giacchè, se con tale involuta argomentazione si è voluto (come sembra) sostenere, in buona sostanza, che la minaccia sarebbe ingiustificata in quanto avrebbe assunto le connotazioni di una sfida, risulta agevole controbattere che la sfida volta a rintuzzare l’altrui minaccia può soltanto impedire, qualora a quest’ultima faccia seguito un’aggressione fisica, che l’aggredito il quale produca lesioni all’aggressore possa invocare a proprio favore la scriminante della legittima difesa, ma non può certamente rendere ingiusto, "a priori", il male minacciato al potenziale aggressore, tanto da rendere la stessa sfida penalmente perseguibile ai sensi dell’art. 612 c.p.;

– che, alla stregua di tali considerazioni ed avuto riguardo alla compiutezza della pacifica ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, tale da escludere la possibilità di ulteriori, utili approfondimenti, l’impugnata sentenza deve, quindi, essere annullata senza rinvio perchè il fatto attribuito all’imputato non costituisce reato.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio, perchè il fatto non costituisce reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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