Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-06-2012, n. 9959 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5973 del 2009, pronunciando in sede di rinvio, a seguito della sentenza n. 12134/2005 di questa Corte che aveva cassato, in parte, con rinvio, la sentenza n. 28428/2002 del Tribunale di Roma, ha rigettato l’appello proposto da P.R. nei confronti di SACE – Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero, ed ha confermato la sentenza di primo grado del Pretore di Roma. Compensava tra le parti le spese del grado di appello, del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.

2. Questa Corte, con la sentenza n. 12134/2005, affermava il seguente principio: E’ pacificamente riconosciuta in dottrina e in giurisprudenza la efficacia reale all’istituto del preavviso per la sua imprescindibile connessione con il rapporto di lavoro che ne realizza la imperatività delle relative disposizioni affidando ad esse quel vincolo di natura pubblicistica immodificabile anche dalla contrattazione pubblicistica. Tale efficacia, di conseguenza, comporta la permanenza degli relativi effetti durante il decorso del prescritto periodo contrattuale, e quindi anche della sospensione di quest’ultimo per il periodo di malattia. Al lavoratore durante il periodo di preavviso, pertanto, deve essere riconosciuto il diritto alla prosecuzione dell’attività lavorativa per il periodo di operatività sospensiva della malattia, ovvero, in mancanza, della relativa indennità sostitutiva.

Tale principio non è stato correttamente applicato dalla sentenza impugnata con riferimento ad un non pertinente principio di libera recedibilità nel rapporto del dirigente, e, sul punto, essa va cassata per eventuali ulteriori indagini ed accertamenti. E’ bene ricordare che il giudice di appello, sul punto, si pronunzia nei detti termini di rigetto, "al di là delle considerazioni svolte dal pretore in ordine alla mancanza di una espressa domanda e comunque ad una implicita rinuncia al prolungamento del preavviso per la durata della malattia".

3. Il giudice di secondo grado ha statuito che, per applicare il suddetto principio di diritto, occorreva superare la questione preliminare di rito della tempestività della formulazione della relativa domanda di prolungamento del preavviso per la durata della malattia, proposta da parte del P..

4. La Corte d’Appello, quindi, nel decidere le questioni pregiudiziali rimaste sub iudice, ai fini dell’applicazione dell’enunciato principio di diritto, rigettava l’impugnazione, confermando la statuizione di primo grado, non essendo stata tempestivamente proposta la domanda di prolungamento del preavviso per la durata della malattia, neppure nella forma della richiesta al giudice di autorizzazione alla modifica della stessa.

5. Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre P.R., prospettando quattro motivi di ricorso.

6. Resiste con controricorso l’Istituto SACE. 7. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dal resistente in ragione della mancanza dell’indicazione delle disposizioni che si intendono violate (tranne che per il quarto motivo, nel quale vi è il riferimento all’art. 112 c.p.c.).

L’eccezione deve essere disattesa in quanto, ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la esatta indicazione delle disposizioni di legge delle quali viene lamentata l’inosservanza, nè la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere, come nella specie, un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia (cfr., Cass., n. 6671 del 2006).

2. Tanto premesso si passa all’esame dei motivi di ricorso.

3. Con il primo motivo di ricorso è prospettato il mancato rispetto del principio di diritto e delle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione al giudice del rinvio.

La Corte d’Appello di Roma ha negato l’indennità sostitutiva del periodo di malattia, contravvenendo al decisum del giudice di legittimità. Il giudizio di rinvio avrebbe dovuto avere ad oggetto la quantificazione del credito del ricorrente, senza ripercorrere i passaggi processuali del giudizio di merito. Ciò esulava dal principio di diritto e al giudice di rinvio non è data facoltà di modificare o sovvertire il giudizio espresso dalla Corte di cassazione.

4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione del principio di diritto e di quanto statuito dal giudice di legittimità in sede di cassazione della sentenza del Tribunale di Roma, sotto ulteriori profili.

Quanto affermato dalla Corte d’Appello, sia nel richiamare la statuizione del giudice di primo grado, sia nell’affermare che quest’ultima non aveva formato oggetto di specifico motivo d’impugnazione argomentando il lavoratore in ordine alla fondatezza del merito, muovendo dall’implicito presupposto dell’ammissibilità della domanda, sarebbe errato.

Ed infatti:

nel ricorso per riassunzione della causa per il giudizio di rinvio esso ricorrente faceva riferimento all’inclusione nella domanda dei periodi di prolungamento per malattia;

nel ricorso introduttivo del giudizio esso ricorrente nelle conclusioni (capo b, e capo e), chiedeva il ripristino del rapporto di lavoro per tutta la durata del periodo di preavviso, e la condanna a corrispondere l’indennità di preavviso, tra l’altro, "oltre alle mensilità di malattia che dovessero medio-tempore verificarsi".

Quindi, afferma il ricorrente la domanda sul prolungamento del preavviso per malattia e sulla condanna al pagamento delle mensilità relative, era chiaramente contenuta sia nel capo a) che nel capo c) delle conclusioni della sentenza di primo grado.

Oltre alla domanda in primo grado, vi sarebbe stata impugnazione sul punto dinanzi al Tribunale di Roma.

La Corte d’Appello non teneva conto della statuizione della Cassazione che accoglieva il primo motivo di ricorso con il quale era posta anche la questione controversa.

5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta errata motivazione, illogica, omessa e insufficiente in merito all’entità e all’ampiezza del riesame assegnato dalla Cassazione al giudice di rinvio.

Il giudice di legittimità cassava la sentenza del Tribunale di Roma per eventuali ulteriori indagini e accertamenti. Gli stessi non potevano riguardare il riesame del motivo di ricorso che era stato accolto e dunque lo stesso non era investito, come si legge in sentenza, "per il riesame della domanda avente ad oggetto il prolungamento del preavviso". Erroneamente la Corte d’Appello avrebbe posto la questione dell’emendatio o mutatio libelli, dal momento che la domanda volta a percepire l’indennità compensativa per il periodo di malattia era ben proposta sin dall’inizio del giudizio.

6. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., in sede di rinvio.

La decisione della Corte d’Appello, in contrasto con la statuizione della Cassazione, configura violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice di rinvio ha omesso di considerare il capo della domanda formulato dal ricorrente relativo alla corresponsione dell’indennità sostitutiva nel periodo di malattia.

7. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Gli stessi non sono fondati.

8. E’ pacifico tra le parti che il P., con il ricorso introduttivo, nell’impugnare il licenziamento, chiedeva (conclusioni punti b e c), per quanto qui d’interesse, il ripristino del rapporto di lavoro per tutta la durata del periodo di preavviso, in subordine la corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso per l’importo indicato, oltre alle mensilità di malattia che si dovessero medio-tempore verificare.

E’, altresì pacifico (pag. 30 del ricorso) che il Pretore di Roma, statuiva "quanto alla richiesta di protrazione del periodo di preavviso durante la malattia si osserva che non vi è espressa domanda in tal senso in sede di precisazione delle conclusioni, per cui non può pronunciarsi ultra petita e che la richiesta ove successivamente effettuata sarebbe inammissibile perchè tardiva".

Ciò consente di chiarire un primo punto e cioè che erroneamente il ricorrente sovrappone, richiamando le argomentazioni che avrebbe proposto in sede di appello dinanzi al Tribunale di Roma" (pag. 30 e 31 del ricorso) e censurando la sentenza di rinvio, la precisazione delle conclusioni di cui alla sentenza di primo grado, con la indicazione delle proprie conclusioni nel ricorso introduttivo a cui fa riferimento nel secondo motivo di impugnazione, per sostenere la rituale proposizione della domanda.

Dunque, la domanda in questione, costituiva oggetto di una formulazione ipotetica relativa ad una malattia meramente eventuale effettuata nelle conclusione del ricorso al Pretore, mentre avrebbe dovuto essere inverata, attualizzata, nel giudizio, qualora l’evento si fosse verificato, attraverso la proposizione di specifica domanda (emendatio libelli), costituendo altresì oggetto della precisazione delle conclusioni (da intendere quali quelle dedotte in vista della decisione della causa), come asserito dal Pretore.

Il Tribunale adito in sede di appello rigettava il ricorso del P. relativo al tema del prolungamento del preavviso per il periodo della malattia.

La Corte d’Appello, giudice di rinvio, nel ripercorrere la decisione del Tribunale di Roma, afferma che quest’ultimo ebbe a respingere la domanda in questione, nel merito, dichiarando di prescindere dall’esame delle eccezioni al di la delle considerazioni svolte dal Pretore in ordine alla mancanza di una espressa domanda e comunque ad una implicita rinuncia al prolungamento del preavviso per la durata della malattia (quest’ultima sollevata dall’Istituto SACE).

Il ricorso per cassazione veniva proposto dal P. con due motivi, il primo come si è detto vertente sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2118 c.c., in relazione al principio di realità del preavviso anche nel rapporto di lavoro dirigenziale, nonchè erronea, contraddittoria e insufficiente motivazione sul punto.

8. Ritiene il Collegio che la decisione di rigetto nel merito, peraltro assunta, come si è detto, al di la delle considerazioni svolte dal Pretore in ordine alla mancanza di una espressa domanda e comunque ad una implicita rinuncia al prolungamento del preavviso per la durata della malattia, non consente di ritenere intervenuta una statuizione sull’ammissibilità della domanda, da parte del Tribunale in sede di appello, rimanendo tale questione da definire, in sede di merito, in presenza dell’affermazione di una diversa regola di giudizio in sede di legittimità, come è poi avvenuto.

Ciò è confortato dal fatto la Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi sul vizio "sostanziale" di violazione e falsa applicazione dell’art. 2118 c.c., in relazione al principio di realità del preavviso anche nel rapporto di lavoro dirigenziale, nonchè erronea, contraddittoria e insufficiente motivazione sul punto, affermava il seguente principio di diritto al lavoratore durante il periodo di preavviso, pertanto, deve essere riconosciuto il diritto alla prosecuzione dell’attività lavorativa per il periodo di operatività sospensiva della malattia, ovvero, in mancanza, della relativa indennità sostitutiva, ma nel cassare con rinvio per eventuali ulteriori indagini ed accertamenti, lasciava al giudice del merito la soluzione delle questioni pregiudiziali, laddove ha affermato che è bene ricordare che il giudice di appello, sul punto, si pronunzia nei detti termini di rigetto, "al di là delle considerazioni svolte dal pretore in ordine alla mancanza di una espressa domanda e comunque ad una implicita rinuncia al prolungamento del preavviso per la durata della malattia".

Correttamente, dunque e con congrua motivazione, senza incorrere in alcuna violazione della statuizione del giudice di legittimità, la Corte d’Appello ha esaminato l’impugnazione tenendo presente il suddetto principio di diritto, ma anche l’indicazione di offrire preliminarmente, proprio in ragione dello stesso, soluzione alle questioni rimaste prive di statuizione in sede di merito in ragione del rigetto dell’appello.

Correttamente e con congrua motivazione, la Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda del P. doveva essere rigettata in quanto la stessa non aveva costituito oggetto di emendatio libelli, nè vi era stata autorizzazione del Pretore in merito, una volta attualizzatisi, nella pendenza del giudizio di primo grado e non essendo ancora decorso il periodo di preavviso, la fattispecie prospettata in vai meramente ipotetica con il ricorso introduttivo.

9. Il ricorso deve essere rigettato.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro trenta/00 per esborsi, Euro tremila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *