Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-06-2012, n. 9958

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Impresa Visca in persona del titolare V.P.P. convenne il 26.10.2004 innanzi al Tribunale di Frosinone l’IACP della Provincia di Frosinone e, sull’assunto di aver eseguito numerosi lavori di manutenzione negli anni 1989-1993 su immobili dell’Istituto e lavori di riparazione di 130 alloggi in (OMISSIS), restando creditrice per saldo lavori eseguiti e riserve iscritte a registro della somma complessiva di L. 1.053.323.467 oltre accessori, chiese la condanna dell’Istituto al pagamento di detta somma oltre al ristoro dei danni patiti e subordinatamente ne invocò la condanna ai sensi dell’art. 2041 c.c.. L’Istituto si costituì affermando di aver pagato i lavori di riparazione, ammettendo un debito per la sola somma di lire 148.336.854, negando la tempestività delle riserve. Il Tribunale ha condannato l’IACP a pagare la somma di Euro 234.578,00 facendo capo alle considerazioni ed agli accertamenti peritali.

L’ATER di Frosinone, succeduto ad IACP, ha quindi proposto appello con articolati motivi prospettando di essere debitrice della sola somma di Euro 35.924,00. Si sono costituti il V. e la soc. SME Costruzioni, succeduta nelle ragioni del primo, e la Corte di Appello di Roma con sentenza 21.4.2008, in riforma della prima decisione, ha condannato l’ATER al pagamento della sola somma ammessa di Euro 35.824,00.

Nella motivazione la Corte di Roma ha affermato: che i rapporti tra IACP ed Impresa si erano distinti in relazione a lavori di riparazione di 130 alloggi in (OMISSIS) autorizzati da una delibera d’urgenza del Consiglio di Amministrazione dell’IACP ed a lavori di manutenzione di vari immobili in (OMISSIS) per i quali vi erano riscontri di aggiudicazione di due su tredici lotti e riferimenti a contratti di appalto non reperiti agli atti; che era noto come i contratti conclusi con enti pubblici dovevano assumere la forma scritta ad substantiam già ai sensi del regolamento di contabilità e tanto valeva per gli appalti di opere e servizi pubblici; che la nullità per difetto della forma scritta era certamente rilevabile anche d’ufficio ex art. 1421 c.c. le volte in cui il contratto fosse addotto come fonte di diritti; che pertanto, avendo riguardo al fatto che per i lavori di riparazione di 130 alloggi vi era solo la delibera autorizzatoria e che per i lavori di manutenzione emergevano solo inviti alla stipula, dopo l’aggiudicazione, di due sui tredici lavori, ne conseguiva la inesistenza di alcun titolo alla base delle domande al di fuori dell’importo di Euro 35.824,00 sul quale si era formato giudicato;

che neanche accoglibile era la domanda proposta ex art. 2041 c.c. della quale era stata solo affermata nelle conclusioni la proposizione ma nel totale difetto di allegazioni e precisazioni sui suoi presupposti ed anzi con una modificazione inammissibile della sua struttura in quanto correlata a domanda risarcitoria e che essa solo nelle conclusioni di primo grado era stata posta come domanda subordinata a quella di adempimento contrattuale e senza che sul punto fosse accettato il contraddittorio.

Per la cassazione di tale sentenza la s.r.l. SME ha proposto ricorso in data 4.2.2009 articolando cinque motivi cui si è opposta l’ATER con controricorso 10.3.2009. la SME ha depositato memoria finale ed i difensori delle parti hanno discusso oralmente.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, infondate le pregiudiziali censure mosse con il primo motivo (relative alla dichiarazione officiosa della nullità) nonchè quelle, relative alle generali condizioni di validità dei contratti pubblici, contenute nel secondo mezzo, siano invece condivisibili quelle di cui al terzo motivo attingenti la formazione di un giudicato interno sulla validità di parte dei rapporti intercorsi, nel suo accoglimento restando assorbita la cognizione del quarto e quinto motivo.

Primo motivo: lamenta la violazione dell’art. 183 c.c., comma 3, avendo la Corte posto a base della sua decisione una nullità rilevata d’ufficio senza attivare il contraddittorio delle parti. La censura è infondata.

Questa Corte (Cass. 9702 del 2010 e 16612 del 2011) ha affermato che l’omessa segnalazione alle parti, ad opera del giudice, di una questione rilevabile d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, determina la nullità della sentenza per lesione del diritto di difesa solo nell’ipotesi in cui la parte prospetti in concreto che dall’inosservanza dell’art. 183 cod. proc. civ. sia derivata la violazione del diritto di chiedere prove o di riottenere la rimessione in termini. Nella specie nulla è dedotto o prospettato nel motivo quale ragione che, sottoposta al giudice, avrebbe potuto diversamente indurre la decisione ma solo nei motivi successivi le difese vengono articolate come ragioni di contestazione del merito della decisione. Ne discende la corretta declaratoria officiosa della nullità, la cui base giuridica discende dalle considerazioni dispiegate nel motivo di cui appresso.

Secondo motivo: denunzia vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la decisione impugnata. La Corte di merito, infatti, sarebbe partita da una lettura viziata, perchè parziale, della relazione di parte dalla quale avrebbe desunto un rinvio – fatto nella comunicazione dell’IACP successiva alla aggiudicazione – al successivo contratto nel mentre avrebbe dovuto considerare che l’allegato alla lettera di invito alla licitazione era inclusivo dell’avvertenza (sez. L punto G) che l’aggiudicazione era comunque provvedimento definitivo all’atto della sua approvazione da parte del CdA. Ad avviso della ricorrente, quindi, sarebbe emerso che l’aggiudicazione era da ritenersi l’atto definitivo ed il contratto sarebbe degradato a requisito di mera riproduzione formale della prima.

La censura parte dalla esatta premessa per la quale, come da questa Corte ripetutamente affermato, il verbale di aggiudicazione definitiva equivale per ogni effetto legale al contratto con effetti di vincolo per entrambe le parti ferma restando la diversa conclusione ove dallo stesso verbale risulti la volontà dell’amministrazione di rinviare la costituzione del vincolo al momento della stipula del contratto, solo in tal caso esso assumendo un ruolo non riproduttivo ma di fonte del rapporto (Cass. 7481 del 2007 e 11103 del 2004). Ma le esatte deduzioni appaiono del tutto non pertinenti perchè esse sono ricavate solo dalla lettura completa della lettera di rinvio alla disciplina della aggiudicazione che venne inviata con l’invito alla licitazione privata: la ricorrente pare ignorare che la Corte ha affermato che non era traccia in atti di alcun verbale di aggiudicazione ma solo di due inviti (per due dei tredici lotti) alle integrazioni documentali strumentali alla stipula, con la conseguenza che il tema del valore costitutivo della aggiudicazione e del ruolo solo ricognitivo del contratto appare estraneo ai fatti di causa. Resta dunque confermata la correttezza della decisione di ritenere – in linea generale – non validamente stipulati i contratti invocati. Sol che tale decisione trova il suo limite in quanto appresso si viene ad esaminare.

Terzo motivo: esso denunzia la violazione del giudicato interno. Ad avviso della ricorrente, l’avere la Corte esattamente affermato che sulla debenza della somma di Euro 35.624,00 si era formato giudicato interno ed esattamente pronunziato condanna al relativo pagamento, doveva comportare la evidente incontestabilità della validità dei contratti relativi ai rapporti per i quali veniva invocato il pagamento di quei crediti e la necessaria estensione della validità alle pretese ulteriori che dai così "convalidati" rapporti originavano. Pertanto non si sarebbe dovuto limitare la cognizione alle somme ammesse tra quelle relative al pagamento dei SAL 5-6-7-8 ed ai lavori della fogna di via (OMISSIS) ma la cognizione si sarebbe dovuta estendere a tutte le spettanze, anche non ammesse, afferenti quei lavori. Il motivo è certamente fondato. L’affermazione della censura è esatta posto che la sentenza di primo grado ha ritenuto fondata la pretesa ad un adempimento contrattuale se pur limitatamente alla somma de qua con implicita decisione della questione della validità del contratto e l’appellante ATER ha su quei rapporti nulla dedotto in relazione alla nullità del titolo ma solo prospettato una minore debenza.

Resta quindi fermo l’orientamento di questa Corte per il quale il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità (art. 1421 cod. civ.) va coordinato con le regole fondamentali del processo, tra le quali quella della preclusione derivante da giudicato interno, sicchè il detto principio non può trovare applicazione nei casi in cui il giudice di merito si sia pronunciato sulla validità di un atto negoziale con statuizione non impugnata con specifico gravame (Cass. 13438 del 2002, 8612 del 2006 e 22520 del 2011). La Corte di Appello ha di contro ritenuto indiscutibile la spettanza della mi-nor somma sol prendendo atto della ammissione debitoria fatta dall’appellante nel suo atto di gravame e quindi neanche ipotizzando che il primo giudice avesse pronunziato sulla validità del contratto e che l’appellante in parte qua non la avesse contestata: e poichè non è in alcun modo predicabile una scelta confessoria da parte del procuratore che redige l’appello e poichè, di contro, è dai limiti devolutivi dell’appello soltanto ricavabile una omessa impugnazione per le parti non impugnate, parti che includevano la dichiarazione implicita di validità dei contratti fonte dei rapporti, ne consegue la fondatezza del motivo.

Da tanto discende, conclusivamente, che per le parti dei rapporti intercorsi non impugnate e quand’anche le intese non ebbero la rituale conclusione – come rammentato invece nell’esame del secondo motivo – dette intese devono ritenersi validamente concluse e pertanto i crediti avanzati in relazione ai SAL 5-6-7-8 ed ai lavori della fogna di via (OMISSIS), anche per le somme non ammesse in limine da ATER, devono essere sottoposti a disamina nel merito da parte del giudice del rinvio.

Quarto motivo: lamenta che il giudicato sulla debenza della somma di Euro 35.824,00 non abbia coinvolto anche gli accessori (interessi capitolari ed IVA) attribuiti dal primo giudice. La censura appare chiaramente assorbita nell’accoglimento del motivo terzo attinente la cognizione piena dei crediti per capitale.

Quinto motivo: censura la statuizione di novità della domanda ex art. 2041 c.c. fondata dalla Corte sul raffronto tra genericità della proposizione in citazione, come domanda affiancata a quella di danno da inadempimento contrattuale, e specificità del carattere subordinato della domanda precisato solo in conclusioni. La Corte avrebbe seguito una ricostruzione della domanda originaria contro la lettera e contro la ragionevolezza sia ignorando che essa era espressamente formulata con la clausola "comunque" sia postulando una irragionevole separazione del rapporto di necessaria subordinazione della domanda ex art. 2041 c.c. da quella di adempimento contrattuale. La Corte avrebbe quindi violato il canone interpretativo della interpretazione utile o conservativa delle formule dubbie e quello che imponeva di desumere dal comportamento successivo (la precisazione in conclusioni) la reale volontà, di guisa che avrebbe dovuto affermare che la domanda finale era stata sol precisata e non tardivamente modificata o sostituita.

La censura appena riportata resta ovviamente assorbita, in quanto relativa a domanda residuale rispetto a quella principale di pagamento del dovuto in base a contratti validi, nell’accoglimento del terzo motivo.

Si cassa la sentenza e si rinvia allo stesso Ufficio per l’esame e per la finale regolamentazione anche delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Rigetta primo e secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e dichiara assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

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