Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-10-2011) 29-11-2011, n. 44138 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata ordinanza il tribunale di Palermo, per quanto qui d’interesse, respinse la richiesta di F.A. e C.M.E. volta ad ottenere la revoca del sequestro disposto dallo stesso tribunale, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, il 18 maggio 2004, sul conto corrente n. (OMISSIS) della Banca Antonveneta, filiale n. (OMISSIS), dal quale era stata tratta la provvista di alcuni assegni circolari precedentemente sequestrati nell’ambito di un procedimento penale e poi utilizzati, su autorizzazione del giudice penale, a seguito della loro consegna alla polizia giudiziaria, avvenuta solo il 30 giugno 2005, per sostenere le spese correnti relative alla gestione della società Diga s.r.l., intestataria del suddetto conto corrente, sottoposta ad amministrazione giudiziaria;

– che avverso detta ordinanza propose impugnazione la difesa dei richiedenti, sostenendo, in sintesi, che:

1) la diversità dei presupposti sui quali si fondano il sequestro penale ed il sequestro di prevenzione, cui si era richiamato il tribunale nel provvedimento impugnato per escludere la rilevanza del fatto che il sequestro penale degli assegni era stato revocato con la sentenza n. 3310/2007 della corte d’appello, sarebbe stata da considerare priva di significato, dal momento che il sequestro penale ed il sequestro di prevenzione erano stato disposti nei confronti dello stesso soggetto ed avevano la stessa finalità;

2) avendo avuto ad oggetto, il provvedimento di sequestro del 18 maggio 2004, non gli assegni circolari (all’epoca ancora in possesso, nonostante il sequestro penale, degli attuali impugnanti), ma il saldo attivo del conto corrente dal quale era stata tratta la relativa provvista, l’intervenuta revoca del sequestro penale, con ordine di restituzione agli aventi diritto di quanto era stato sequestrato, avrebbe dovuto assumere il significato di una definitiva dimostrazione della inesistenza di una relazione tra gli assegni in questione e l’attività criminosa ipotizzata nel procedimento penale;

– che l’adita corte d’appello di Palermo, ritenuto che la richiesta sulla quale era stato provveduto con l’ordinanza impugnata fosse da qualificare come opposizione ex art. 667 c.p.p., comma 4, avverso il precedente provvedimento in data 9 luglio 2010 con il quale lo stesso tribunale aveva respinto analoga richiesta, convertì l’impugnazione in ricorso per cassazione e dispose la trasmissione degli atti a questa Corte.

Motivi della decisione

– che va ritenuta sostanzialmente corretta la decisione adottata dalla corte d’appello, alla luce dell’ormai da tempo prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui avverso i provvedimenti di natura patrimoniale adottati nel corso di un procedimento di prevenzione (tra i quali è da ritenere che non possa non rientrare quello con il quale si respinga la richiesta di revoca del sequestro e di restituzione delle cose sequestrate), è esperibile, in difetto di specifico mezzo d’impugnazione, anche da parte dei terzi interessati, l’opposizione nelle forme dell’incidente di esecuzione (in tal senso, per tutte, Cass. 1, 27 settembre – 11 ottobre 2008 n. 34048, Alfano ed altri, RV 234802); il che comporta la ricorribilità per cassazione del provvedimento con il quale l’opposizione sia stata rigettata o accolta e la convertibilità, quindi, in ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, del diverso mezzo d’impugnazione che, in ipotesi (come nella specie), sia stato esperito avverso quel provvedimento;

– che, ciò premesso, il ricorso, così qualificato, non appare meritevole di accoglimento, in quanto, fondandosi, in buona sostanza, tutte le doglianze in esso contenute sull’assunto che la intervenuta revoca del sequestro penale avrebbe dovuto far venir meno ogni giustificazione al mantenimento del sequestro disposto nell’ambito del procedimento di prevenzione, è agevole a ciò rispondere che, anche nell’ipotesi più favorevole ai ricorrenti, e cioè quella che la revoca del sequestro penale (di cui, in realtà, non risulta indicata la causa) fosse stata determinata dall’assoluzione dell’imputato, ciò non escluderebbe affatto, di per sè (alla luce del noto e consolidato orientamento di questa Corte), la possibile applicazione, a carico dello stesso imputato, della misura di prevenzione e, quindi, della confisca prevista dalla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 3; il che basta, in assenza di altre e specifiche ragioni, diverse da quella sopraindicata, a sostegno della richiesta di revoca del sequestro, a giustificare il mantenimento di tale misura.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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