Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-06-2012, n. 9957

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La soc. Agenzia Verde convenne innanzi al Tribunale di Roma il Comune di Roma prospettando di aver ricevuto e portato a termine numerosi incarichi di progettazione della risistemazione di aree urbane a verde e di non aver ricevuto il pattuito compenso nè le convenute possibilità di sfruttamento pubblicitario e quindi chiese la condanna del Comune a corrispondere l’equivalente indennitario per inadempimento o quantomeno l’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento che il Comune aveva da quei progetti ricavato. Il Tribunale di Roma accolse la domanda subordinata e condannò il Comune a pagare la somma di Euro 178.608. La sentenza venne appellata in via principale dalla Agenzia Verde, che chiese la condanna al pagamento dei risarcimenti da danno emergente e lucro cessante o comunque un incremento del quantum della subordinata, ed in via incidentale dal Comune, che eccepì ancora una volta la inammissibilità della subordinata L. n. 144 del 1989, ex art. 23, comma 4 di conversione del D.L. n. 66 del 1989. La Corte di Roma con sentenza 17.11.2008 ha rigettato l’appello principale – ribadendo la inesistenza assorbente del contratto inter partes e la sua insostituibilità con carteggi o delibere – ed ha accolto l’appello incidentale, quindi dichiarando improponibile per carenza di residuante la domanda subordinata a fronte della sola azione diretta verso il funzionario, quale esperibile ai sensi del richiamato D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Agenzia Verde con atto del 24.2.2009 contenente due motivi, ricorso resistito dal Comune di Roma con controricorso del 3.4.2009. Agenzia Verde ha depositato memoria finale ed il suo difensore ha discusso oralmente il ricorso.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, nessuna delle due censure meritando condivisione, il ricorso debba essere rigettato.

Il ricorso in primo luogo censura la falsa applicazione delle norme ad una vicenda di contratto complesso e misto, contenente sia la previsione di un incarico di progettazione verso compenso sia la stipula di un contratto di sponsorizzazione per il quale il Comune garantiva un ritorno di immagine allo sponsor attraverso l’assenso a collocare targhe o manifesti pubblicitari di interesse: tale contratto ad avviso della ricorrente era esonerato dall’osservanza della normativa sui LL.PP. e dalla applicazione della evidenza pubblica (D.Lgs. 30 del 2004, art. 2) e, neanche prevedendo alcun impegno di spesa, era esonerato da formule pubbliche di redazione.

Il ricorso in secondo luogo lamenta la mancata applicazione dell’art. 2041 c.c. per falsa applicazione del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 posto che si trattava di un contratto a forma libera senza impegni di spesa per l’Amministrazione e che comunque, quand’anche la norma fosse stata applicabile, l’arricchimento era risultato indiscutibile dato che tutti i progetti sottoposti erano stati approvati con delibere di G.M., i lavori progettati erano stati eseguiti, erano state ratificate le iniziative del Dirigente.

Osserva il Collegio che la prima censura, alla cui base vi è la riproposizione della domanda sostanziale di risoluzione del contratto per inadempimento del Comune e di condanna al risarcimento dei danni patiti (danno emergente e lucro cessante), è priva di fondamento, avendo rettamente la Corte di merito affermato che un contratto che si assume essere stato concluso con la Pubblica Amministrazione doveva essere stipulato in forma scritta, forma imposta ad substantiam, insuscettibile di equivalenti di sorta e la cui assenza determina la nullità del preteso accordo.

E tanto non può non valere anche per quei contratti che, in tesi, non prevedano un immediato impegno di spesa da parte dell’Ente ma che nondimeno abbiano un chiaro ed evidente contenuto patrimoniale.

Che, invero, il contratto di "sponsorizzazione" – anche prima della previsione quale modello possibile per l’affidamento di incarichi da parte della P.A. (L. n. 449 del 1997, art. 43 richiamato dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 9 su cui vd. S.U. 22492 del 2004) – avesse un carattere di rilievo patrimoniale, comportando l’assunzione di reciproche obbligazioni, è dato indiscutibile nelle affermazioni di questa Corte (vd. Cass. 5086 del 1998, 7083 del 2006 e 18218 del 2009).

E da tanto discende la conseguenza per la quale era indiscutibilmente necessario che la conclusione tra società e Comune di siffatti accordi – riferibili alle delibere degli anni 1996 e 1997 citate a pag. 12 del ricorso – avvenisse nelle forme di cui all’art. 56 della vigente ed applicabile L. n. 142 del 1990 (disposizione applicabile prima della sua abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 267 del 2000): da ultimo, sulla ribadita soluzione della questione, questa Corte ha pronunziato con le sentenze n. 19066 del 2011, n. 10299 del 2010 e 27407 del 2008. Bene ha dunque la Corte di Roma affermato la nullità di alcun impegno informalmente assunto, sulla base di alcune previe delibere ma senza la pubblica redazione dell’atto.

La seconda censura, che fonda sulla disattesa invocazione subordinata dell’indennizzo dovuto ai sensi dell’art. 2041 c.c., è del pari infondata.

La Corte di merito ha rettamente affermato la improponibilità della domanda ex art. 2041 c.c. rivolta all’Ente locale per progettazioni commissionate senza alcun previo impegno di spesa nè copertura finanziaria, e per l’attribuzione di diritti alla riproduzione di proprie ed altrui immagini pubblicitarie, come imposto dal previgente D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 convertito nella L. n. 144 del 1989 (norma infine approdata nel D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194): tale improponibilità, come ha rammentato la Corte di Roma, deriva dal fatto che dette norme, impositive in tali ipotesi di sole azioni dirette nei confronti del funzionario deliberante, hanno fatto venir meno la necessaria residuante dell’azione nei riguardi dell’Ente locale (in tal senso, e tra le ultime, Cass. n. 4216 del 2012, n. 9080 del 2011, n. 12880 e n. 21242 del 2010).

Nè appare condivisibile l’osservazione di Agenzia Verde per la quale l’operatività dell’art. 23, comma 4 in discorso sarebbe nella specie esclusa dal fatto che le delibere del 1996 e del 1997 e l’intesa comunque sulla loro base intercorsa non prevedevano alcun impegno di spesa da parte dell’Amministrazione comunale, sì che, anche ove fosse esclusa per difetto di forma la sussistenza de contratto e della obbligazione diretta dei Comune per l’esecuzione del suo disposto, nondimeno l’Ente sarebbe rimasto direttamente esposto per l’arricchimento ingiustificato derivante dalla utilizzazione di progetti previsti nelle delibere.

Ed invero, e come già considerato da questa Corte (Cass. 2832 del 2002 e 10640 del 2007) il meccanismo di imputazione diretta delle obbligazioni stipulate dagli amministratori, dirigenti e funzionar degli enti locali – e la conseguente esclusione di alcuna responsabilità sussidiaria degli enti stessi nei casi in cui le prestazioni invalidamente pattuite siano state comunque acquisite – non è affatto correlata alla sola ipotesi di una delibera valida ma sfornita della copertura finanziaria di legge ma è comunque operativa le volte in cui l’accordo intercorso, comportante un rilievo patrimoniale per l’Ente, difetti delle condizioni di giuridica riferibilità ad esso (il difetto della forma scritta ad substantiam). E la ragionevolezza di siffatta interpretazione è di tutta evidenza proprio in relazione alla vicenda sottoposta, ove amministratori deliberarono incarichi di progettazione senza alcuna formalità pur essendo detti incarichi assunti come fonte di obbligazioni per il Comune (ed il cui inadempimento è infatti causa petendi delle domande risarcitorie proposte in via principale). La nullità delle intese verbali che sarebbero seguite a quelle delibere, quindi, rese riferibili le correlate obbligazioni ai soli amministratori che le rilasciarono e preclude oggi la proposizione della azione subordinata ex art. 2041 c.c. nei riguardi del Comune.

Rigettato il ricorso, le spese del giudizio sostenute dal controricorrente Comune graveranno sulla società ricorrente e si liquidano in relazione al valore dichiarato della controversia.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la società Agenzia Verde ricorrente a corrispondere al Comune di Roma per spese di giudizio la somma di Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

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