Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-10-2011) 29-11-2011, n. 44137 Associazioni mafiose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnato provvedimento fu confermata l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza nei confronti di P. M., ritenuto indiziato di appartenenza all’associazione di tipo mafioso denominata "Cosa nostra";

– che, a sostegno di tale decisione, ritenne, in sintesi, la corte d’appello, previo richiamo ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità a proposito dell’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello penale, che la condotta posta in essere dal P., ancorchè risultata non idonea, all’esito del procedimento penale cui egli era stato sottoposto, a dar luogo ad un’affermazione di penale responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p., fosse tuttavia rivelatrice di uno "stretto rapporto di contiguità" tra esso P. ed un noto esponente mafioso di primissimo piano al quale egli si era rivolto onde ottenere, come aveva ottenuto, di essere messo in contatto con un consigliere regionale (ritenuto a sua volta colpevole del reato di cui al citato art. 416 bis bis c.p.), onde ottenerne l’appoggio in vista di una possibile candidatura politica, presentandosi appunto come persona che godeva l’appoggio di tutta la "famiglia" mafiosa, la quale avrebbe poi potuto appoggiare a sua volta il suddetto consigliere in occasione delle successive elezioni regionali;

– che avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la difesa del P., sostenendo che esso avrebbe "disatteso i principi giuridici sostanziali e processuali che regolano la materia" in particolare "per avere erroneamente applicato la normativa sulle misure ante o praeter delictum nonchè per non avere motivato, se non in materia manifestamente illogica e contraddittoria, in ordine alle questioni sollevate coi primi motivi di gravame"; ciò con riguardo tanto alla ritenuta idoneità degli elementi presi in considerazione dalla corte d’appello a costituire validi indizi di appartenenza al sodalizio mafioso quanto, in subordine, alla ritenuta attualità di detta presunta appartenenza.

Motivi della decisione

– che, in materia di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione, ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma penultimo, è ammesso solo per "violazione di legge", con esclusione, quindi, dei vizi di motivazione, salvo il caso (secondo il noto e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità) che la motivazione sia totalmente omessa ovvero sia qualificabile come "apparente", dovendosi per tale intendere, come recentemente affermato da Cass. 5, 19 maggio – 1 luglio 2010 n. 24862, Mastrogiovanni, RV 247682 (in linea, peraltro, con diverse altre pronunce precedenti), quella che "sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa", sì da rendere il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della propria decisione "fittizio e perciò sostanzialmente inesistente";

– che, nella specie, non risulta denunciata, con riguardo alla ritenuta sussistenza degli indizi di appartenenza del soggetto al sodalizio criminoso, alcuna specifica "violazione di legge" e neppure può dirsi che le proposte censure pongano in luce un difetto assoluto ovvero una mera apparenza della motivazione, nel senso sopra indicato, lamentandosi in esse soltanto (come indicato, nel resto, anche nella riportata enunciazione iniziale dei motivi) illogicità e contraddittorietà della motivazione e cioè vizi che, quand’anche sussistenti, non potrebbero, nella specifica materia, a cagione della limitazione contenuta nella surrichiamata disposizione normativa, assumere rilievo alcuno in questa sede;

– che, quanto al requisito dell’attualità della pericolosità sociale, la relativa doglianza risulta basata soltanto sul richiamo al principio affermato da Cass. 1, 10 marzo – 11 maggio 2010 n. 17932, De Carlo, RV 247053, secondo cui "Ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione, l’attualità della pericolosità sociale del prevenuto può essere presunta dalla sua appartenenza ad un’associazione mafiosa solo se tale presunzione si fondi sulla verifica del ruolo concretamente svolto in seno al sodalizio, in modo da consentire di escludere l’impossibilità che venga ricoperto anche in futuro, nonchè, alla luce delle eventuali allegazioni difensive, dei comportamenti tenuti dallo stesso prevenuto nel periodo intercorso tra l’accertamento del reato e il momento di applicazione della misura"; principio, questo, che, nella specie, non appare utilmente invocabile, giacchè, per un verso, non può dirsi che non vi sia stata "verifica del ruolo concretamente svolto in seno al sodalizio" dal ricorrente, avendo la corte di merito posto in luce, in dichiarata adesione a quanto già osservato dal primo giudice, come il ruolo svolto da quest’ultimo fosse appunto quello, tutt’altro che irrilevante e privo di possibili, ulteriori sviluppi, di "farsi portatore del messaggio mafioso destinato a rammentare all’esponente politico regionale che il patto di scambio concluso con Cosa nostra gli imponeva di assecondare i desiderata dei suoi vertici e, nel caso specifico, di adoperarsi in favore di un uomo di loro fiducia"; per altro verso, non risulta, nè dal ricorso nè dal provvedimento impugnato, che fossero state prospettate "specifiche allegazioni difensive" diverse da quella, di cui v’è cenno nel suddetto provvedimento, concernente il fatto che il ricorrente, nel tempo in cui era sottoposto a custodia cautelare, aveva contratto matrimonio;

elemento, questo, che più che ragionevolmente è stato ritenuto, dalla corte di merito, privo di rilevanza, senza che, al riguardo, risulti neppure formulata obiezione alcuna nell’atto di ricorso;

– che, conclusivamente, il ricorso non appare, quindi, meritevole di accoglimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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