T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 05-01-2012, n. 2 Demolizione di costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 17.12.2010 e depositato in data 12.1.2011, la ricorrente società premetteva di svolgere attività pubblicitaria a mezzo affissioni dirette su impianti propri per conto terzi e precisava che, con istanza prot. n. 6424 del 23.1.2009, aveva chiesto al Comune di Catanzaro di poter essere autorizzata ad installare n. 1 (uno) impianti pubblicitari, ad uso pubblicitario del formato mt. 6,00 x 3,00 monofacciale, su suolo pubblico e, precisamente su via Tommaso Campanella, allegando elaborati tecnici e documentazione fotografica.

Precisava che l’amministrazione comunale non provvedeva a definire il procedimento così avviato e, con lettera del 1.6.2009, pervenuta alla Pubbliemme il 5.6.2009, comunicava l’avvio del procedimento per presunti illecito edilizio.

Lamentava che, nonostante le proprie deduzioni rese in sede di partecipazione procedimentale, veniva emanata l’epigrafata Ordinanza n. 70 del 6.10.2010, con cui si ordinava la rimozione dell’impianto pubblicitario, sostenuto da profilati in ferro con struttura metallica a cornice, in quanto ritenuto abusivamente installato, per carenza di titolo edificatorio, di autorizzazione del Genio Civile nonché per contrasto con il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari ed Affissionistici, approvato con Delibera di G.C. n. 82 del 2.3.2004.

A sostegno del proprio ricorso, deduceva:

1) violazione degli artt. 3 D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 23 D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, 53 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, 31 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;

L’attività di installazione di impianti pubblicitari non sarebbe soggetta alla normativa in materia edilizia e, comunque, non inciderebbe sull’assetto del territorio, trattandosi di impianto soggetto ad uso precario e temporaneo benché munito di idonea struttura di sostegno.

2) violazione degli artt. 6 e 10 della L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria;

L’impugnato provvedimento presenterebbe un deficit istruttorio e motivazionale.

3) violazione dell’art. 12 Piano Generale degli impianti pubblicitari. Eccesso di potere per contraddittorietà e per contrasto con precedenti manifestazioni di volontà.

Nella specie, si sarebbe formato il silenzio assenso, essendo decorso, alla data del 22.9.2008, il termine dei sessanta giorni, previsto dall’art. 12 della Delibera di G.C. n. 82 del 2.3.2004. Inoltre, la P.A. avrebbe regolarmente riscosso l’imposta comunale sulla pubblicità relativamente agli anni 2009 e 2010.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 15.2.2011, si costituiva il Comune di Catanzaro intimato e, dopo aver puntualmente controdedotto alle tesi di parte ricorrente, concludeva per il rigetto del ricorso, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Con memoria depositata in data 11.11.2011, parte ricorrente replicava alle tesi esposte ex adverso ed insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla pubblica udienza del giorno 2 dicembre 2011, il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

1. Viene impugnata l’Ordinanza Ordinanza n. 70 del 6.10.2010, con la quale il Comune di Catanzaro ha disposto, nei confronti della ricorrente società, la rimozione dell’impianto pubblicitario monofacciale delle dimensioni di mt 06,00 x 3,00, sostenuto da profilati in ferro con struttura metallica a cornice, su suolo pubblico, nella via Tommaso Campanella,, in quanto ritenuto abusivamente installato, per carenza di titolo edificatorio, di autorizzazione del Genio Civile nonché per contrasto con il Piano Generale degli Impianti Pubblicitari ed Affissionistici, approvato con Delibera di G.C. n. 82 del 2.3.2004.

2.1. Con il primo motivo, su cui si incentra l’impugnativa in correlazione con lo specifico interesse dedotto in giudizio, parte ricorrente rileva che l’attività di installazione di impianti pubblicitari non sarebbe soggetta alla normativa in materia edilizia e, in ogni caso, che, nella specie, non inciderebbe sull’assetto del territorio, trattandosi di impianto soggetto ad uso precario e temporaneo, benché munito di idonea struttura di sostegno

Il D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, con l’art. 3, stabilisce che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta, con il quale deve disciplinare "le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse" (II comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione …" (III comma).

L’installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata", non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della L. 7 agosto 1990, n. 241, in base alla quale l’atto di consenso, cui sia subordinato l’esercizio di un’attività privata, s’intende sostituito dalla denuncia di inizio di attività da parte dell’interessato alla pubblica amministrazione competente, sempre che il suo rilascio "dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo".

Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.

Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell’installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all’uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell’estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse (ex plurimis: T.A.R. Lombardia- Brescia, Sez. I 28 febbraio 2008 n. 174).

Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l’attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l’autorizzazione all’installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell’ambito semantico della "utilità sociale" e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell’ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.7.2002 n.355).

Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione – nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.

Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.

In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.

Ne segue che, quando – come nel caso di specie – l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 26 luglio 2005, n. 3421), in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio- assenso (conf.: Corte Cost. 27.7.1995 n. 408).

2.2. In coerenza con i principi rivenienti dall’art. 41 Cost., non può neanche prescindere dalla tutela del catalogo dei diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente garantiti, che delineano lo "status civitatis" comune all’intera Repubblica italiana.

A quest’ultimo ambito vanno certamente ricondotte le disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla collocazione formale) che, al fine di garantire la generale salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei lavoratori), impongono condizioni minime per l’abitabilità ed agibilità degli edifici e rapporti minimi di aerazione ed illuminazione dei locali, quali requisiti di sicurezza per la loro utilizzazione, che non consentono che i manufatti pubblicitari possano oscurare le facciate degli edifici munite di porte e finestre.

In tale ottica, si deve ritenere che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, giacchè trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.

Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.

Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante "permesso di costruire" e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt 2,6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod.

Analogamente, la violazione della normativa antisismica di cui alla L. 2 febbraio 1974, n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell’art 3 co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l’impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.

Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più ampia rispetto a quella di cui alla L. 5 novembre 1971, n. 1086, concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato cementizio armato.

2.3. Orbene, trattandosi, nel caso di specie, di affissione di un impianto pubblicitario direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato del suolo pubblico possa determinare la realizzazione di interessi collettivi, per cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra i contrapposti interessi.

Pertanto, la censura non merita adesione.

3.Con il secondo motivo, parte ricorrente deduce deficit motivazionale ed istruttorio.

Osserva il Collegio che, alla luce di tutti i principi esposti in sede di disamina dei vari profili sostanziali di gravame, il provvedimento di diniego impugnato, pur nella sua scarna e sintetica motivazione, non può, comunque, essere considerato privo dei suoi presupposti legittimanti: il che consente di escludere che non vi sia stata un’indagine, la cui dedotta non appropriatezza non pare supportata da alcuna contraria allegazione.

4. Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce che, nella specie, si sarebbe formato il silenzio assenso, essendo decorso, alla data del 22.9.2008, il termine dei sessanta giorni, previsto dall’art. 12 della Delibera di G.C. n. 82 del 2.3.2004. Inoltre, la P.A. avrebbe regolarmente riscosso l’imposta comunale sulla pubblicità relativamente agli anni 2009 e 2010.

Osserva il Collegio che l’ipotesi di silenzio-assenso, prevista dalla normativa regolamentare invocata, può valere soltanto in relazione agli interessi ed alla finalità ricadenti nell’alveo della disciplina prevista dal D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e presuppone sempre che ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, suddivisibili in presupposti essenziali e requisiti essenziali: ma, nella specie, viene contestata dalla P.A. proprio la astratta corrispondenza, sotto il profilo oggettivo (presupposto essenziale) , dell’impianto alle previsioni normative regolamentari, particolarmente per quanto riguarda l’ubicazione.

Ma, come già precisato, poiché l’autorizzazione all’esposizione dei mezzi pubblicitari e la concessione dell’uso del suolo pubblico presuppongono valutazioni differenti, attinenti alla tutela di interessi pubblici diversi, quando – come nel caso di specie – l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità: la complessità della quale rende inconcepibile che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 26 luglio 2005, n. 3421), tenuto conto che nessuna indicazione di segno contrario può desumersi dalla cosiddetta generalizzazione del silenzio-assenso conseguente alla riforma di cui alla L. 14 maggio 2005, n. 80, giacché quello concessorio è procedimento in cui è esercitata una potestà discrezionale, per la quale, alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale (v. la sentenza 27 luglio 1995, n. 408), deve escludersi l’applicabilità del regime del silenzio- assenso.

In definitiva, in mancanza di un espresso provvedimento di concessione di suolo pubblico (non surrogabile, né allora né oggi, "per silentium"), l’autorizzazione alla installazione dei mezzi pubblicitari non può, comunque, formarsi prescindendo dal rilievo della suddetta concessione.

Orbene, calando i precitati principi al caso di specie, si può ritenere che neanche la semplice astratta possibilità di autorizzazione non potrebbe ritenersi, stante la complessità della valutazione richiesta in relazione agli interessi coinvolti, un elemento idoneo a determinare "ex se" la caducazione del provvedimento impugnato, neanche in "parte qua".

Né, infine, il regolare pagamento dell’imposta di pubblicità può valere ad integrare un’autorizzazione inesistente.

Pertanto, anche questa censura può essere disattesa.

In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

La complessità della fattispecie consiglia di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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