Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-06-2012, n. 9947 Assegno circolare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Presidente del Tribunale di Bassano del Grappa emetteva decreto ingiuntivo a favore di P.L. e a carico del Banco Ambrosiano Veneto S.p.A., per l’importo di Lire 129.124.390.=, in restituzione dell’importo residuo tra la somma di L. 180.000.000 dallo stesso depositata ed un saldo passivo del c/c di appoggio per L. 49.726.097..

Proponeva opposizione la banca, sostenendo che la somma predetta era stata prelevata dal conto corrente, essendo il provento di una truffa ordita dal P. stesso e da R.R. in concorso con T.R., funzionario della banca, e in danno di S. R., che la banca stessa aveva dovuto risarcire.

Chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la condanna del P. e del R. alla corresponsione della somma di L. 400.000.000.

Costituitosi regolarmente il contraddittorio, il P. ed il R. chiedevo rigettarsi le domande della banca.

Con sentenza in data 5-3-2004, il Tribunale di Bassano del Grappa rigettava le domande proposte dal Banco Ambrosiano (successore la Banca Intesa S.p.A., a seguito di fusione per incorporazione intervenuta in corso di causa).

Proponeva appello la Banca Intesa S.p.A. Si costituivano e resistevano al gravame il P. e il R. (quest’ultimo proponeva pure appello incidentale, in punto spese di giudizio).

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza in data 25-5-/22-10-2009, rigettava gli appelli.

Ricorre per Cassazione l’Intesa Sanpaolo S.p.A. (già Intesa BCI, già Banca Intesa).

Resistono, con separati controricorsi, il P. e il R..

Motivi della decisione

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. Assegni, art. 83 (R.D. n. 1736 del 1933), in relazione all’emissione di assegno, all’ordine di soggetto inesistente o di fantasia, in collegamento con la L. Assegni, art. 86, e L. Cambiale, artt. 46 e 17 (R.D. n. 1669 del 1933).

Con il secondo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1834 c.c. nonchè vizio di motivazione, in ordine alla legittimazione della banca ad esercitare l’azione di indebito nei confronti del P..

Con il terzo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 324 e 329 c.p.c., nonchè vizio di motivazione in ordine all’azione ex delictu esercitata dalla Banca nei confronti del P. e del R..

I motivi possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente collegati e fondandosi sulle medesime circostanze. E’ infondata l’eccezione sulla mancanza dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c..

La sentenza è stata depositata e pubblicata in data 22.10.2009, dunque dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che ha abrogato la predetta norma. Si può astrattamente consentire con quanto afferma la Banca in ordine L. Assegni, art. 83: necessità dell’indicazione del prenditore e sostanziale equivalenza tra la mancanza del prenditore e l’indicazione di uno di fantasia. Ma, partendo da tale assunto, la Banca propone profili e valutazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, in contrasto con le indicazioni della sentenza impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica.

Chiarisce la Corte di merito che sulla veridicità dei fatti denunciati dallo S., vi è totale carenza probatoria; e che su tale punto, affermato dal Giudice di primo grado, non è stata sollevata censura, e dunque si è formato giudicato. Ancora un volta, tale affermazione (l’esistenza di giudicato interno) non è stata censurata specificamente dall’odierna appellante.

Al riguardo, la sentenza impugnata precisa che, all’atto dell’emissione degli assegni in contestazione, lo S. era titolare di un conto corrente acceso presso il Banco Ambrosiano Veneto, la Banca, sussistendo la relativa provvista, aveva l’obbligo di emettere assegni circolari; ovviamente chi presentava i titoli per l’incasso aveva diritto al relativo pagamento (è appena il caso di precisare, come fa del resto la Corte di merito, che la Banca alla quale gli assegni sono stati presentati per l’incasso, e lo stesso Banco Ambrosiano Veneto, non erano tenuti a verificare l’autenticità delle firme dei giratari, salvo ipotesi di dolo o colpa grave, ai sensi del R.D. n. 1969 del 1983, art. 46 richiamato dall L.D. n. 1736 del 1933, art. 86).

Da quanto osservato deriva un’ulteriore conseguenza: non vi è stata perdita patrimoniale o costo della Banca in ordine alle operazioni in questione; manca pertanto ogni legittimazione di questa a richiedere una restituzione di somma; era stata costituita una provvista e la somma corrispondente è stata negoziata ed incassata (stante l’ovvio potere di disposizione del correntista).

E’ vero che, come afferma la ricorrente, la proprietà delle somme di denaro versate in banca spetta, ai sensi dell’art. 1834 c.c. alla banca depositaria, ma è altrettanto vero che, al momento in cui la banca emette assegni su richiesta del soggetto legittimato, la provvista esce dalla sua disponibilità, facendo capo al soggetto richiedente.

La banca ha dovuto pagare una provvisionale allo S., a seguito di condanna penale, non peraltro per il comportamento illecito degli odierni resistenti, ma di quello di un suo funzionario (illecita emissione di assegni circolari, ai sensi dell’art. 2049 c.c.). Ma tale condanna è stata annullata da questa Corte, con sentenza in data 14-11-2003, e ciò ha fatto venir meno il titolo a favore dello S., nonchè l’interesse della banca stessa alla domanda nei confronti del P. e del R.. La somma non è più dovuta dalla banca allo S. e, se corrisposta, potrà essere da essa recuperata.

Per le medesime ragioni, è da escludersi una responsabilità ex delictu dei resistenti. Ancora una volta, la banca considera come pacifiche, circostanze contestate e non provate, come la falsificazione degli assegni, l’illecita appropriazione e l’illecito incasso, da parte del P. e del R.; il patteggiamento da essi effettuato in sede penale non costituisce, come è noto, assunzione di responsabilità.

Vanno pertanto rigettati i motivi proposti, in quanto infondati e, conclusivamente, va rigetto il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida, per ciascuno dei resistenti, in Euro 4000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012

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