Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-09-2011) 29-11-2011, n. 44108

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione P.S. avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 16 marzo 2010 con la quale è stata confermata (tranne che per il trattamento sanzionatorio) quella di primo grado (del 2007) di condanna in ordine al reato di bancarotta documentale semplice e bancarotta fraudolenta per distrazione, reati addebitati in riferimento alla qualità di socio accomandatario della sas Complesso alle stelle di P.S. (fallimento della società e fallimento personale della imprenditrice quale socio personalmente e illimitatamente responsabile dichiarati il (OMISSIS)).

La bancarotta patrimoniale è stata ritenuta in relazione all’accertato prelievo di somme imputate alla voce crediti verso soci, per un importo complessivo, nel (OMISSIS), di L. 54 milioni.

I reati erano stati contestati ed addebitati in primo grado anche al marito della P., N.O., successivamente deceduto.

1) il vizio di motivazione quanto al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Le deposizioni testimoniali acquisite (il curatore B., il rag. Bo., amministratore provvisorio) avevano reso dichiarazioni favorevoli alla imputata, non adeguatamente apprezzate dalla Corte di merito. Il primo aveva infatti precisato che non era stato possibile accertare se i prelievi incriminati, dal conto della società, fossero imputabili alla ricorrente o al marito coimputato, deceduto.

Inoltre era emerso che i contanti erano stati prelevati anche per pagare dipendenti "in nero".

L’imputata, d’altro canto, aveva sostenuto la tesi che i denari erano prelevati per le esigenze di vita della famiglia (ridotta, dopo la separazione, a due nuclei familiari, con minori) e per pagare i dipendenti, circostanze idonee, anche in base alla giurisprudenza di legittimità (vedi Cass. sent. n. 22866 del 2003), a scagionare l’imprenditore poi fallito.

D’altra parte, come anticipato, la Corte aveva basato la condanna sulla affermazione della eccessività dei prelevi (pari a 6000 Euro mensili) rispetto alle dichiarate esigenze senza considerare che non tutte le somme erano state acquisite da essa quanto piuttosto anche dal coniuge cogestore di fatto della attività;

2) il vizio di motivazione con riferimento alla ipotesi di bancarotta semplice. Il reato era stato configurato con riferimento alla mancata annotazione di operazioni eseguite su un conto corrente riconducibile alla società, mentre si era trattato di un conto sul quale veniva accreditata la pensione del N., con la conseguenza che non vi è prova certa che i prelievi, effettuati con carte di credito, costituissero operazioni per conto della società, la cui mancata annotazione portava alla consumazione del reato di bancarotta documentale.

Il ricorso è inammissibile perchè fondato su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte alla Cassazione o manifestamente infondate. Con il primo motivo si evidenziano circostanze in punto di fatto che questa Corte non può apprezzare in via diretta, avendo a ciò provveduto in maniera razionale e completa la Corte di merito.

In particolare si legge nella articolata motivazione che le giustificazioni addotte dalla prevenuta per sostenere la legittimità dei prelievi non sono risultate riscontrate dalle emergenze probatorie: e ciò in quanto la giustificazione costituita dalla necessità di utilizzare il danaro per pagare i dipendenti in nero non aveva trovato conferma nelle deposizioni di costoro, essendo risultato che tali dipendenti avevano percepito pagamenti assolutamente inferiori a quelli rappresentati dalla imputata. Quanto ai prelievi destinati alle esigenze essenziali di vita la Corte aveva parimenti motivato basandosi sulla osservazione che si trattava di esigenze comunque non capaci di giustificare tutti gli ammanchi.

A tale congruente motivazione la parte si oppone in parte riproponendo lo stesso motivo di doglianza (necessità di pagare i dipendenti in nero) senza minimamente censurare le argomentazioni del giudice dell’appello: il motivo risulta così inammissibile per genericità.

Quanto al rilievo contenuto nel ricorso secondo cui non si era tenuto conto dei prelievi effettuati anche dal computo non può non evidenziarsi che una simile censura, da un lato è connotata da inammissibilità perchè versata in fatto e dall’altro presenta l’altro profilo di inammissibilità integrato dalla genericità: non si evidenzia infatti ad opera della difesa la indicazione degli eventuali prelievi o anche soltanto di quella parte di essi che potesse costituire principio di prova liberatoria da sottoporre comunque previamente al giudice del merito.

Il secondo motivo di ricorso è pure inammissibile perchè versato in fatto.

Il reato di bancarotta semplice documentale è stato ritenuto integrato dal giudice del merito in ragione della omessa contabilizzazione del conto corrente bancario intesto alla sas sul quale erano stati effettuati prelievi da entrambi i soci. Il fatto poi che il N. vi avesse fatto confluire l’accredito della propria pensione è circostanza non rappresentabile come tale al giudice della legittimità, che non può apprezzarla, ed inoltre incapace comunque di incidere sulla trama argomentativa. La iscrizione nella contabilità della società del conto corrente ad essa intestato era doverosa a prescindere dal fatto che su quel conto potessero essere state compiute anche operazioni nell’interesse dei singoli soci della società in accomandita semplice, tenuto anche conto che costoro, nella specie, sono stati dichiarati falliti in proprio nella qualità di soci illimitatamente responsabili.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 1000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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