Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-09-2011) 29-11-2011, n. 44104

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione S.B. – sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora – avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 14 gennaio 2010 con la quale è stata confermata – con modifiche solo relative al trattamento sanzionatorio – la sentenza di primo grado, affermativa della sua responsabilità in ordine ai reati di ricettazione, furto aggravato in luoghi di privata dimora e resistenza a pubblico ufficiale, reati – quelli contro il patrimonio – contestati in concorso con il connazionale H.A. e con ignoti e commessi, al pari della resistenza, nel (OMISSIS).

La vicenda processuale aveva tratto origine dal fermo dello S. mentre tentava di darsi alla fuga una volta che la PG, dopo prolungati servizi di appostamento relativi alla attività di un gruppo di soggetti che perpetrava furti in appartamento e al monitoraggio dei relativi movimenti grazie ad apparecchi satellitari installati nelle vetture di cui facevano uso, era giunta alla conclusione che si trattasse degli occupanti dell’appartamento sito in (OMISSIS), in uso ad H..

Lo S., del resto, nella occasione descritta veniva trovato in possesso di tre punte da trapano ed un attrezzo sul quale innestarle, ritenuto idoneo alla effrazione degli infissi secondo le modalità già riscontrate nei furti accertati.

Inoltre nell’appartamento di V. erano rinvenuti, oltre al passaporto dello S., anche beni di provenienza furtiva.

Deduce:

1) quanto ai reati di furto (capi B, C, D ed E) il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 192 c.p.p..

La Corte territoriale non aveva motivato sul fatto che i furti erano stati commessi tra l'(OMISSIS) e le indagini si erano incentrate su H. ed altri soggetti non identificati.

Lo S. aveva fatto la propria comparsa nelle indagini soltanto la notte del 15 maggio, quando i Carabinieri avevano fatto irruzione nell’appartamento di V..

La sua compromissione nei fatti dei giorni precedenti era stata desunta, in maniera illogica e comunque apodittica, da quella che era stata una mera deduzione degli inquirenti: e cioè che il ricorrente, pur non riconosciuto negli atti investigativi precedenti, era stato ritenuto presente nel terzetto che gli stessi Carabinieri avevano visto allontanarsi, la sera del 15 maggio, dall’appartamento sopra citato e avvicinarsi ad una Audi 6, risultata rubata alcune ore prima a M.R..

Ebbene, posto che anche i componenti di tale terzetto erano riusciti a darsi alla fuga quando i militari avevano intimato l’alt, la deduzione di questi, che il difensore denuncia di incompletezza e illogicità, era stata quella del doversi ritenere che se il ricorrente si era dato alla fuga dall’appartamento all’atto dell’arrivo dei CC, doveva essere anche tra quelli che poco tempo prima si erano dati alla fuga quando gli stessi Carabinieri, appostatisi, vicino alla Audi 6, li avevano visti avvicinarsi con la Fiat Punto dell’ H.. In conclusione la difesa lamenta la inadeguatezza della motivazione che aveva escluso la credibilità della tesi difensiva del ricorrente (si trovava nell’appartamento, ospite da qualche giorno, e all’atto della irruzione della PG stava dormendo) ed aveva viceversa attribuito rilievo a circostanze del tutto equivoche quali la presenza del passaporto del ricorrente nel noto appartamento o il possesso da parte sua di un arnese con tre punte;

2) il vizio di motivazione sull’elemento psicologico del reato di ricettazione sub A);

3) il vizio di motivazione sul diniego della attenuante ex art. 114 c.p.: in particolare non erano stati nemmeno considerati tutti gli elementi favorevoli, singolarmente elencati in proposito nei motivi di appello;

4) il vizio di motivazione sul reato d resistenza a pubblico ufficiale (capo F) con particolare riferimento all’elemento psicologico: la dinamica dello spintone dato dal ricorrente al militare all’atto della irruzione della PG evidenziava che il prevenuto non aveva avuto consapevolezza alcuna che si trattasse di un pubblico ufficiale.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La parte ricorrente lamenta vizi di logicità della motivazione che invece non sono apprezzabili, essendo le doglianza, viceversa, al limite della inammissibilità posto che con esse si sollecita questa Corte a ripercorrere le risultanze di causa e ad attribuire ad esse una diversa capacità dimostrativa.

In realtà il ragionamento seguito dalla Corte territoriale risponde ai criteri della logica e della completezza, oltre che a quello della plausibilità, evenienze tutte che lo rendono immune da rilievi e censure ad opera del giudice della legittimità.

I vizi denunciati dal ricorrente consistono nella rappresentazione del ragionamento da parte del giudici del merito come ellittico di alcuni passaggi che invece debbono ritenersi indispensabili affinchè quello stesso ragionamento possa fondatamente considerarsi dimostrativo della compromissione del ricorrente nella intera vicenda relativa ai furti ed alla ricettazione.

In concreto non vi è però alcun salto logico che valga a rendere la motivazione censurata priva della necessaria concludenza.

Infatti la corresponsabilità del ricorrente nella attività dell’ H. (il quale, come precisato in sentenza, è stato giudicato separatamente) è stata dedotta da una serie di indizi assolutamente gravi e rispondenti al criterio di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p.: si tratta in particolare, ed in primo luogo, della fuga che il ricorrente ha tentato, per allontanarsi dall’appartamento nel quale è stata poi ritrovata una quantità di beni di provenienza furtiva.

Una fuga che è stata ricondotta univocamente alla partecipazione del ricorrente stesso alla azione delittuosa riguardante la Audi 6 in quanto preceduta dall’arrivo proprio nell’appartamento di soggetti sfuggiti all’appostamento della Pg, vicino all’auto, pochissimo tempo prima e rimasti nell’androne per lunghi minuti, con un comportamento cioè indicativo del fatto che il rientro in casa era guardingo e timoroso di nuove iniziative della stessa PG. Inoltre la fuga del ricorrente dall’appartamento è stata ritenuta altamente indiziante della sua partecipazione ai reati contro il patrimonio anche per due essenziali ulteriori ragioni: lo S. ha sicuramente mentito quando ha detto di essere andato a dormire la sera del 15 maggio, mentre invece la PG lo ha colto vestito di tutto punto e con una capacità reattiva propria non di un soggetto che dorme ma di chi ha assunto un comportamento difensivo. In secondo luogo il prevenuto aveva indosso un arnese compatibile con l’attività di scasso già accertata sui luoghi dei furti.

A fronte di tale quantità di indizi la conclusione cui sono giunti i giudici appare il risultato di un percorso logico motivato mentre del tutto irricevibile è la richiesta del ricorrente di scomporre il castello degli indizi per verificare se ciascuno di essi potesse avere una valenza univoca o equivoca.

Dell’indizio si deve infatti accertare con sicurezza l’accadimento dal punto di vista storico mentre l’interpretazione di esso e cioè la individuazione, tra le molteplici valenze che sono insite nella natura stessa dell’elemento indiziante, di quella da valorizzare nel caso di specie, costituisce oggetto del potere valutativo del giudice, sottoposto soltanto al dovere di motivazione e al controllo di logicità da parte del giudice della legittimità.

Infondato è il secondo motivo di ricorso.

La parte lamenta la mancanza di motivazione sull’elemento psicologico del reato di ricettazione di due auto e di una serie di beni vari.

Tuttavia tale motivazione è espressa a pag. 4 della sentenza ed è costituita dal rilievo, per nulla illogico, che trattandosi, per gran parte, di beni preziosi e materiale tecnologico in grandissima quantità, detenuto nell’appartamento che il ricorrente condivideva con altri e trattandosi oltretutto di oggetti che, in parte, erano anche detenuti in punti della casa accessibili con grandissima facilità (mensola della cucina e mobile porta televisore), non poteva che esserne condivisa anche la detenzione, del tutto cosciente da parte dei due occupanti la casa stessa, identificati dalla PG. In ordine al terzo motivo deve osservarsi che, come ricordato anche dal ricorrente, il criterio cui il giudice deve ispirarsi, in tema di circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza, è stato individuato dalla giurisprudenza non in quello condizionalistico assoluto ma in quello dell’accertamento del fatto che l’opera del concorrente, pur causalmente rilevante, rivesta obiettivamente un valore marginale rispetto a quella degli altri concorrenti; consegue da ciò che, nella prospettiva appena ricordata, il giudice, ai fini della relativa valutazione, deve comparare i contributi dei vari concorrenti, svolgendo una valutazione intersoggettiva delle condotte di ciascuno.(Rv. 242388).

Ma certamente quella indicato non è l’unico percorso argomentativo convalidabile posto che non sempre il giudice è in possesso di elementi utili per effettuare il detto giudizio comparativo fra condotte dei correi, dovendo in tal caso porre a confronto la attività del singolo compartecipe rispetto alle modalità esecutive che comunque connotano il fatto reato reso in esame.

Deve, in altri termini, rilevarsi che la Corte territoriale ha comunque assolto il proprio dovere motivazionale anche senza addivenire alla comparazione dei diversi contributi dei correi poichè essa ha escluso che le condotte delittuose prese in considerazione e consistite essenzialmente in furti in appartamento previa effrazione degli infissi, potessero essere state realizzate con contributo marginale da parte di chi proprio arnesi atti alla detta effrazione portava con sè: così dimostrando di rivestire un ruolo non marginale ma qualificato nella esecuzione della azione tipica.

L’ultimo dei motivi di ricorso rivela infine un palese profilo di inammissibilità.

Esso viene basato sulla presunzione che il ricorrente non abbia avuto contezza della qualifica del pubblico ufficiale che aveva proceduto alla irruzione nell’appartamento.

Tuttavia proprio tale presunzione affonda le proprie radici su una ricostruzione del fatto che è in contrapposizione con quella accreditata dai giudici e che, a sua volta, in ragione della già evidenziata palusibilità, non può essere censurata da questa Corte:

soprattutto, non può esserlo sulla base di circostanze di fatto diverse da quelle che i giudici hanno ritenuto effettivamente provate.

La Corte territoriale, in altri termini, ha argomentato il proprio ragionato convincimento circa la presenza del ricorrente tra i soggetti che, poco prima del fermo ad opera dei Carabinieri, erano discesi dalla vettura dell’ H. e stavano per avvicinarsi alla Opel Astra in precedenza rubata, sottraendosi poi all’appostamento della PG: una situazione, come è evidente, che era valsa a rendere il ricorrente più che consapevole circa il fatto di essere nel mirino di agenti di polizia, sia al momento della fuga appena descritta che al momento della fuga, tentata poco tempo dopo, quando la PG era riuscita a raggiungerli nella casa dell’ H..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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