T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-01-2012, n. 130

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sussistono i presupposti di fatto e di diritto per la definizione immediata della causa e di ciò è stato dato avviso alle parti.

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il provvedimento di non idoneità n. 324500/2-10 del 26 luglio 2011 con il quale la commissione per lo svolgimento degli accertamenti psicofisici, nell’ambito del concorso per il reclutamento di 1548 allievi carabinieri effettivi, lo ha dichiarato non idoneo per "Alterazione acquisita cronica estesa della cute (tatuaggio) gamba destra visibile con l’uniforme (art. 19, D.T. 5/12/2005 . art. 10, c. 7 del bando di concorso)".

Il ricorrente censura il giudizio di inidoneità sul presupposto che l’alterazione della cute non sarebbe visibile con l’uniforme di servizio.

L’amministrazione ha depositato relazione di servizio e documenti.

Il ricorso è infondato.

Come già chiarito nei propri precedenti, il Collegio osserva che non tutti i tatuaggi costituiscono, in astratto, motivo di esclusione dalla procedura concorsuale bensì soltanto quelli che, secondo la valutazione dell’amministrazione, assumono una rilevanza tale da incidere negativamente – alla stregua del giudizio di valore – sugli aspetti di idoneità indicati nel bando e nella direttiva tecnica nonché incidenti sui profili sanitari, anche alla luce del Regolamento di disciplina militare.

Nel caso in esame consta che:

a)il tatuaggio è effigiato sulla "superficie laterale del III medio-distale della gamba destra, raffigura un "cavalluccio marino ed ha la dimensione di cm 10,5 x 4;

b)il giudizio di non idoneità è stato reso ai sensi dell’art. 19 della direttiva tecnica 5/12/2005 (corretta fonte di riferimento in quanto normativa richiamata dall’art. 10, punto 7 del bando di concorso);

c)la documentazione fotografica e le dimensioni (cm 10,4 di lunghezza x 4 di larghezza) rendono ragione, obiettivamente, della non minuta estensione del tatuaggio;

d)la commissione ha giudicato l’alterazione cutanea "cronica" ed "estesa" nonché visibile con l’uniforme;

e)il giudizio di valore è immune dai rubricati vizi di eccesso di potere in quanto il tatuaggio riscontrato nel caso di specie – per la sua consistenza, estensione, metodica applicativa invasiva (per farlo si usa una macchinetta elettrica, cui sono fissati degli aghi in numero variabile, a seconda dell’effetto desiderato; il movimento della macchinetta pennette l’ entrata nella pelle degli aghi che depositano il pigmento nel derma) nonché per l’uso di sostanze chimiche e la sua non facile rimuovibilità se non mediante interventi manipolativo-correttivi della cute – può essere ragionevolmente ritenuto causa di "alterazione acquisita e cronica della cute", siccome obiettivamente in grado di provocare una modificazione permanente dello stato anteriore del soggetto: il giudizio reso dalla commissione, espressione di discrezionalità tecnica sul piano della relazionabilità del fatto (tatuaggio) alla norma (art. 19, D.M. 5 dicembre 2005), s’appalesa, pertanto, in parte qua, immune da vizi logici, di ragionevolezza e/o coerenza intrinseca;

f)più in generale, e per completezza, il collegio osserva che la cronicità del tatuaggio neppure può escludersi a motivo della sua (presunta) rimuovibilità mediante trattamenti sanitari; in disparte quanto appena sopra osservato, l’eventuale rimuovibiltà dell’alterazione è circostanza che non rileva poiché il giudizio della commissione è di natura storica, soggetto alla regola tempus regit actum ed al principio di par condicio che si impone alla procedura concorsuale come limite (anche temporale) agli accertamenti di idoneità dei candidati;

g)neppure rientra tra le incombenze della commissione appurare l’indelebilità o meno delle effigi dovendosi limitare il suo compito – per fatto di norma (art. 19 D.M. 5 dicembre 2005) – alla sola verifica circa la natura (estesa e/o grave) dell’acquisita alterazione: e ciò, si ripete, secondo un giudizio di valore espressione di discrezionalità tecnica;

h)ad ogni modo, l’art 19 della direttiva tecnica 5/12/2005 non considera la "cronicità" come il comune denominatore di ogni alterazione ma pone la stessa in alternativa all’altro presupposto rappresentato dalla "estensione" del tatuaggio: ne consegue, che l’alterazione acquisita, cronica della cute o estesa (come riscontrata dalla commissione nel caso di specie) è pertinente, motivata causa di non idoneità al reclutamento;

i)la sede e le dimensioni del tatuaggio neppure consentono di escluderne la visibilità (elemento rilevante sotto i profili del deturpamento, del decoro e dell’immagine dell’Istituzione; ed invero, il carabiniere è chiamato a svolgere, nell’ambito delle funzioni istituzionali, una variegata gamma di servizi tali da rendere visibile il tatuaggio in questione. E’ quello che può accadere, ad esempio, in particolari contesti ambientali in cui il carabiniere può trovarsi ad operare e che prevedono l’uso di un abbigliamento particolare: servizi di pedinamento, di osservazione come quelli svolti d’estate in lidi marini, che possono presupporre l’uso di un costume da bagno.

Non irragionevolmente, pertanto, il tatuaggio in questione può costituire un vulnus sia all’efficacia del servizio (potendo anche risultare un facile elemento identificativo del militare) che al decoro dell’amministrazione (per la sua visibilità in determinati contesti);

l)e non è dubbio che forme di eccentricità o di ricercatezza nei tatuaggi stridano con l’immagine di sobrietà dell’Arma (cfr art. 18 del Regolamento di disciplina militare);

l)il principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.) si estrinseca, infatti, nell’ambito dell’Istituzione militare, anche nel rispetto di un decoroso aspetto esteriore.

Per le esposte argomentazioni, non implausibilmente il tatuaggio è stato contemplato quale causa di non idoneità al servizio militare quando costituisce una alterazione acquisita e permanente della cute e degli annessi, estesa o grave, o che per sede determina rilevanti alterazioni fisionomiche.

In conclusione, il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento e va, perciò, respinto mentre le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Luttazi, Presidente FF

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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