Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-09-2011) 29-11-2011, n. 44102

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 6-10-2010 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 6-2-2009 dal Tribunale di Busto Arsizio Sez. di Gallarate, nei confronti di G.V., condannato quale responsabile del delitto di cui all’art. 582 c.p., commesso in danno di Gi.Fr., che aveva subito frattura di un dito della mano destra e frattura delle ossa nasali, in data (OMISSIS).

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1-la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà o illogicità della motivazione.

A sostegno del primo motivo il ricorrente rilevava contraddittorietà nella motivazione con la quale si era considerato che correttamente il primo giudice non avesse tenuto conto delle deposizioni dei testi della difesa, considerando che costoro non avevano assistito alla parte iniziale dell’episodio, mentre nella prima fase dell’episodio la persona offesa era stata colpita da un pugno inferto dall’imputato, e solo successivamente erano sopraggiunti i soccorritori.

-In senso contrario la difesa asseriva che anche da dichiarazioni della parte lesa emergeva che il teste G.R. era stato presente al fatto, e da ciò derivava la omessa valutazione delle dichiarazioni del predetto teste,e la contraddittorietà della motivazione.

In senso analogo la difesa censurava la mancata valutazione delle deposizioni di altri testi ( M. e Ma.), che risultavano attendibili perchè disinteressati, e comunque erano intervenuti nell’immediatezza dell’evento.

Nel ricorso venivano richiamate le deposizioni dei testi anzidetti, rilevando che non erano emersi segni di violenza ai danni della parte lesa secondo il M., ed il Ma., oltre che in base alle dichiarazioni del G..

Evidenziava il ricorrente che – d’altra parte – anche la parte lesa aveva assunto un atteggiamento minaccioso verso l’imputato e per tali elementi riteneva contraddittoria la motivazione della sentenza rilevando l’assenza di lesioni al viso ai danni del Gi..

Il ricorso deve ritenersi inammissibile per manifesta infondatezza.

-I motivi addotti dalla difesa sostenendo la illogicità e contraddittorietà della motivazione, si rivelano nella loro articolazione, riferita in modo esplicito a varie deposizioni, ripetitivi e strettamente attinenti al merito, insistendo nella prospettazione difensiva senza richiamo ad alcun dato processuale idoneo di per sè a rivelare il richiamato vizio della motivazione.

La sentenza si fonda su validi elementi di prova, quali la deposizione della persona offesa ed il certificato medico attestante le lesioni.

Va rilevato che la deposizione della persona offesa resta di per sè idonea a suffragare l’accusa, costituendo valida fonte di prova sempre che sia stata valutata l’attendibilità del soggetto passivo del reato, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, per cui vale menzionare Cass. Sez. 3^ – 5 aprile 2007, n.14182, Lo Faro.

Al cospetto di congrua ed esauriente analisi delle risultanze processuali, svolta dal giudice di merito, che nel caso di specie, sia in primo grado che in appello, facendosi carico di fornire adeguata risposta alle censure avanzate dalla difesa con i motivi di gravame, dimostra di aver valutato sia l’attendibilità della versione della persona offesa, giudicata spontanea, precisa, ed efficace, sia il dato oggettivo del referto medico attestante la natura delle lesioni, oltre la dinamica del fatto, illustrata dai testi escussi, devono dunque ritenersi manifestamente infondate le ripetitive doglianze difensive, tendenti alla diversa interpretazione delle prove raccolte in dibattimento.

Del tutto ininfluenti si rivelano altresì i rilievi del ricorrente circa la presenza dei testi in fase iniziale dell’episodio oggetto di contestazione, restando decisivi gli elementi di univoca valenza probatoria, richiamati dai giudici di merito con coerenza e logicità.

La Corte deve dunque dichiarare l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado, nonchè al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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