T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-01-2012, n. 121 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, il Tenente Colonnello L.P. ha impugnato (ritenendola illegittima sotto più profili) la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2009.

Il soggetto in questione si duole, sostanzialmente, del fatto che i titoli che ne connotano il "curriculum" professionale siano stati (in rapporto a quelli di alcuni colleghi: poi promossi) inadeguatamente valutati dalla competente Commissione ministeriale.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 30.11.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso (nel frattempo, debitamente istruito) in decisione – ne constata l’intrinseca infondatezza.

In proposito; premesso

-che, "in iure condito", i giudizi quali quello di cui trattasi non devono esser formulati in termini comparativi;

-che, "in subjecta materia", la valutazione dei singoli titoli non ha (ai fini della compiutezza delle determinazioni finali) una vera e propria autonomia: dovendo, tutti gli elementi, esser considerati nel loro insieme;

-che, più specificamente, la mancanza di uno o più requisiti – da parte di taluno dei valutandi – può esser largamente supplita (nei confronti di altri parigrado) dall’entità di titoli diversi: apprezzati come equivalenti, o plusvalenti, nell’ambito di un giudizio complessivo e indivisibile,

si rileva

-che l’impugnata valutazione, la quale non ha certo prescisso dalle risultanze documentali (e che risulta esser stata assunta secondo un metro di giudizio ragionevole: e uguale per tutti i contendenti), appare coerente coi precedenti di carriera di ciascun scrutinato;

Si fa presente, al riguardo (a confutazione delle asserzioni attoree)

-che nei Corsi (basici e di qualificazione) da lui frequentati, il P. (il quale, nelle schede valutative conclusesi con l’attribuzione della massima qualifica finale, non è sempre stato destinatario delle più elevate aggettivazioni possibili: né è stato costantemente gratificato di citazioni di apprezzamento o compiacimento) ha conseguito risultati che non possono certamente definirsi "di spicco": e che, comunque, non sono – nel loro insieme – migliori di quelli ottenuti dai suoi contendenti (nessuno dei quali è stato oggetto, a differenza dell’interessato, di sentenze di condanna: sia pure "a pena patteggiata");

-che analoghe considerazioni valgono ("mutatis mutandis") per quel che riguarda i dati (titoli di studio, conoscenza delle lingue estere, ecc…) che consentono di stabilire la valenza del profilo culturale ed intellettuale dei vari candidati;

-che, del resto, la valenza del profilo culturale ed intellettuale di un Ufficiale dipende – più che da essi – dall’effettiva profondità, ampiezza ed organicità del patrimonio di informazioni e cognizioni posseduto: e, soprattutto, dalla capacità (da verificarsi, com’è avvenuto nella circostanza, in concreto) di farne un sapiente ed appropriato utilizzo, in relazione alla fisionomia istituzionale del ruolo di appartenenza ed all’affidamento che può derivarne – in termini di efficienza – per l’Amministrazione interessata;

-che, pena la violazione del fondamentale principio organizzativo della "tripartizione dei Poteri", il giudice amministrativo non può certo "quantificare" l’importanza degli incarichi ricoperti dai vari Ufficiali: che, del resto (cfr., "ex plurimis", C.d.S., IV, n.1047/96), non è – di per sé – attributiva di speciali capacità;

-che le stesse benemerenze non assumono, qui, un peso decisivo: non foss’altro perché (cfr., sul punto C.d.S., IV, n.1640/98) trovano giustificazione nell’accidentalità sottesa al procedimento volto al loro conferimento.

E dunque; atteso

-che, alla luce degli atti di causa, si può tranquillamente affermare che i controinteressati (che hanno svolto, anch’essi, compiti istituzionali prestigiosi ed impegnativi) sono soggetti di grande caratura professionale (quanto meno pari – soprattutto sotto il fondamentale profilo dell’attitudine ad assolvere alle più elevate funzioni, connesse al grado superiore – a quella del ricorrente);

-che la resistente ha fatto, in definitiva, corretta applicazione del(l’amplissimo) potere discrezionale che – in questo particolare ambito di attività – le è tradizionalmente riconosciuto come proprio (tenuto anche conto che, in presenza di punteggi numericamente differenziati in misura minima, è impossibile seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura rispetto a quelli denunciati),

il Collegio (considerato che la doglianza concernente la precostituzione di detti punteggi non è suffragata neppure da un "principio di prova") non può – appunto – che concludere per l’infondatezza della proposta impugnativa.

Mentre – in stretta applicazione delle regole sulla soccombenza – si ritiene di dover liquidare (come da dispositivo) le spese di lite in favore dell’Amministrazione intimata, non si ravvisano i presupposti per far luogo ad un’analoga statuizione per quanto riguarda i controinteressati: che, non essendosi costituiti in giudizio, non hanno espletato – in quest’ambito – alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

-rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

-condanna il proponente al pagamento delle spese del giudizio: che liquida, in favore della resistente Amministrazione, in complessivi 3000 Euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 30 novembre 2011, con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Luttazi, Presidente FF

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere, Estensore

Domenico Landi, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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