Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-06-2012, n. 10071 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso del 31 marzo 2010 L.P.F. ha richiesto l’equa riparazione del danno non patrimoniale subito per la irragionevole durata dei procedimenti civili iniziati con l’emissione, nei suoi confronti, da parte del Tribunale di La Spezia, di decreto ingiuntivo del 21 ottobre 2003 in favore di C. F. e proseguiti con pignoramento presso terzi e opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. proposta davanti al Tribunale di Trieste il 4 gennaio 2005 e definita in primo grado con sentenza del 15 maggio 2007 impugnata con appello del 12 ottobre 2007.

2. La Corte di appello di Bologna ha accolto solo in parte il ricorso ritenendo arbitrario l’accorpamento di procedimenti di diverso contenuto e ragionevole la durata di cinque anni per il processo esecutivo con conseguente liquidazione dell’indennizzo in 500 Euro avuto riguardo alla durata eccessiva di soli cinque mesi.

3. Ricorre per cassazione L.P.F. affidandosi a due motivi di impugnazione: a) violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 dell’art. 6 della C.E.D.U. e dell’art. 117 Cost., b) violazione degli stessi articoli. La ricorrente contesta la valutazione separata dei diversi procedimenti e ritiene non corrispondente ai parametri della giurisprudenza C.E.D.U. la liquidazione effettuata dalla Corte di appello.

4. Si difende con controricorso il Ministero.

5. La Corte ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

6. Il ricorso è infondato.

7. Quanto alla possibilità di cumulare la durata del giudizio di cognizione a quello di esecuzione va richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. S.U. 27348 del 24 dicembre 2009) secondo cui, il termine ragionevole di durata del processo va identificato, in base all’art. 6 della CEDU, sulla base delle situazioni soggettive controverse ed azionate su cui il giudice adito deve decidere, che, per effetto della suddetta norma sovranazionale, sono "diritti e obblighi", ai quali, avuto riguardo agli artt. 24, 111 e 113 Cost., devono aggiungersi gli interessi legittimi di cui sia chiesta tutela ai giudici amministrativi. Ne consegue che, in rapporto a tale criterio distintivo, il processo di cognizione e quello di esecuzione regolati dal codice di procedura civile e quello cognitivo del giudice amministrativo e il processo di ottemperanza teso a far conformare la P.A. a quanto deciso in sede cognitoria, devono considerarsi, sul piano funzionale (oltre che strutturale), tra loro autonomi, in relazione, appunto, alle situazioni soggettive differenti azionate in ciascuno di essi. Pertanto, in dipendenza di siffatta autonomia, le durate dei predetti giudizi non possono sommarsi per rilevarne una complessiva dei due processi (di cognizione, da un canto, e di esecuzione o di ottemperanza, dall’altro) e, perciò, solo dal momento delle decisioni definitive di ciascuno degli stessi, è possibile, per ognuno di tali giudizi, domandare, nel termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 l’equa riparazione per violazione del citato art. 6 della CEDU, con conseguente inammissibilità delle relative istanze in caso di sua inosservanza.

8. La sentenza appare coerente sia sotto il profilo della determinazione della durata ragionevole del processo esecutivo che della liquidazione dell’indennizzo alla giurisprudenza Europea e a quella di legittimità secondo cui il termine triennale di durata ragionevole di un processo si riferisce a quello di cognizione di media difficoltà e non a quello di esecuzione immobiliare, quando sia possibile dimostrarne la complessità, anche con riguardo alle diverse e confliggenti posizioni del creditore istante, di quelli intervenuti e del debitore (Cass. civ. 1 sezione n. 13739 del 23 giugno 2011). E nella specie la proposizione dell’opposizione all’esecuzione da parte della debitrice, che ha anche appellato la sentenza di rigetto emessa tempestivamente in primo grado, non può non incidere sulla durata del processo esecutivo rendendo inadeguata la applicazione di un termine di soli tre anni.

9. Quanto alla determinazione dell’indennizzo per i sei mesi di durata eccessiva della procedura esecutiva il parametro utilizzato di 1.000 Euro per anno è in linea con i parametri della giurisprudenza Europea e di legittimità (Cass. civ. 1 sezione 17404 del 24 luglio 2009).

10. Il ricorso va respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in 900 Euro, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2012

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