Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-11-2011) 30-11-2011, n. 44384 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 25/5/2010, la Corte di appello di Reggio Calabria, riuniti gli appelli proposti da C.F. avverso le sentenze del Tribunale di Palmi, emesse in data 12/7/2007 e 3/6/2009, ritenuta la continuazione fra i reati di ricettazione oggetto delle sentenze impugnate, rideterminava la pena inflitta al medesimo C. in anni due, mesi sei di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, respingendo l’eccezione, sollevata in sede di discussione, di nullità della notifica del decreto di citazione in appello.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame con i quali deduce:

1) Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, eccependo che il decreto di citazione in appello non era stato notificato nè all’imputato, nè all’unico difensore di fiducia, avv. Santo Surace;

2) Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato per omessa considerazione delle doglianze difensive;

3) Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato per omessa considerazione delle doglianze difensive con riferimento all’elemento psicologico del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di cui da motivazione.

E’ fondato il primo motivo di ricorso in quanto dagli atti emerge che il decreto di citazione in appello nel procedimento n. 65/2010 non risulta notificato nè all’imputato, nè al difensore di fiducia. Di conseguenza il vizio di evocazione in giudizio dell’imputato travolge tutti gli atti successivi, ivi compresa la sentenza.

Risultano, invece, inammissibili gli altri motivi di ricorso.

Per quanto riguarda il secondo ed il terzo motivo, occorre rilevare – in punto di diritto – che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073, Baldini).

Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, semprechè tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000), Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud. 23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999 (ud.

22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta nè quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa, confutando i principali argomenti della difesa ed omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

Alla luce di quanto sopra, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla condanna dell’imputato per il reato di cui alla sentenza del Tribunale di Palmi in data 3/6/2009, dovendosi considerare, pertanto, passata in giudicato la condanna del C. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 1.000,00 per il reato di cui alla sentenza del Tribunale di Palmi in data 12/7/2007.

Non v’è dubbio, infatti, che la pena base, determinata dalla Corte d’Appello, (un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa) sulla quale è stato applicato l’aumento per la continuazione, si riferisca al primo reato, giudicato dal Tribunale di Palmi con sentenza in data 12/7/2007, trattandosi del reato più grave.

Deve essere disposta la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio in ordine al secondo reato, di cui alla sentenza del Tribunale di Palmi in data 3/6/2009. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui all’art. 648 c.p. nel procedimento riunito n. 65/2010 della Corte d’Appello di Reggio Calabria relativo alla sentenza del Tribunale di Palmi in data 3/6/2009, e dispone la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio.

Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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