Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-11-2011) 30-11-2011, n. 44594

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della corte d’appello di Milano, in data 25.5.2011, veniva riformata la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Milano il 12.4.2010, nei confronti di B.P.G.M., per il delitto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12, per avere occupato stabilmente alle sue dipendenze quale parrucchiere tale R.T.F., lavoratore straniero, privo del permesso di soggiorno. La corte territoriale riteneva che il reato andava inquadrato nell’ipotesi contravvenzionale prevista dalla normativa previgente, atteso che il fatto era stato accertato a seguito di una verifica ispettiva del 21.12.2006, quindi in epoca antecedente la riforma del 2009. Veniva quindi rideterminata la pena inflitta in primo grado a mesi uno e giorni dieci di arresto ed Euro 2222,22 di ammenda.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’imputata, deducendo nullità della sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione: viene lamentato che il giudice di seconde cure abbia fatto rimando alle argomentazioni della sentenza di primo grado, senza entrare nella specificità dei motivi di gravame. In particolare, viene ribadito che il lavoratore Torres non era cittadino irregolare, in quanto munito di permesso di soggiorno, seppure per fini turistici, fino al 20.12.2006, con il che l’imputata non poteva avere la percezione di assumere alle proprie dipendenze una persona non legalmente presente sul territorio nazionale. Viene quindi lamentato che la motivazione sia carente ed illogica. Viene poi rilevato che il reato è ad oggi prescritto, in quanto risalente all’ottobre 2006, epoca da cui è decorso il termine prescrizionale di anni quattro e mesi sei,oggi spirato.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

In primis va detto che il reato non è ancora prescritto, in quanto il termine di estinzione per decorso del tempo spirerà il 21.12.2011, avendosi riguardo a fatto accertato il 21.12.2006, occorso quindi successivamente all’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 che ha stabilito il nuovo termine massimo per i reati contravvenzionali in anni cinque ( art. 161 c.p.p.). E’ bene ricordare che è orientamento pacifico, a cui questa Corte intende dare continuità, quello secondo cui il reato di occupazione alle proprie dipendenze di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 22, ha natura permanente, in quanto la norma incriminatrice attribuisce rilievo all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, piuttosto che al momento della costituzione del rapporto (Sez. 1, 25.2.2010, n. 11048). L’inizio della decorrenza del termine di prescrizione va quindi indiscutibilmente ricondotto al momento dell’accertamento del fatto.

Il ritenuto vizio di motivazione della sentenza impugnata non è apprezzabile, atteso che i giudici di merito hanno correttamente opinato nel senso che l’occupazione quale lavoratore dipendente, a tempo determinato o indeterminato, di cittadino extracomunitario è legittima soltanto se quest’ultimo sia titolare di permesso di soggiorno a fini lavorativi, permesso che deve essere rilasciato e deve coprire l’intera durata del rapporto, di talchè l’esistenza di permesso turistico, non legittima l’assunzione o l’occupazione, così dimostrando di correttamente interpretare il disposto normativo. Nel caso specifico veniva poi fatto rilevare dal giudice di prime cure che l’insufficienza del permesso di soggiorno a fini turistici, era direttamente conoscibile dall’imputata, atteso che su detto permesso era riportata la dicitura "Divieto di lavoro e residenza".

L’affermazione di colpevolezza dell’imputata non si espone dunque alle censure avanzate in termini di illogicità e carenza della motivazione della sentenza impugnata, poichè è stato valorizzato il dato risultante dal permesso di soggiorno del lavoratore irregolarmente assunto, dimostrativo della inidoneità di quel permesso a giustificare l’assunzione lavorativa, senza il passaggio attraverso lo sportello dell’immigrazione. La doglianza avanzata sul fatto che i giudici di merito non abbiano considerato la buona fede della ricorrente è del tutto infondata, atteso che la realtà di fatto è stata correttamente ritenuta inequivoca e tale da non ammettere dubbi sull’irregolarità della assunzione. Da tale base inferenziale non poteva che essere desunta la volontà dell’imputata di procedere ad un’assunzione irregolare.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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