Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-11-2011) 30-11-2011, n. 44425

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 12 novembre del 2010, confermava quella pronunciata con il rito abbreviato condizionato il 16 febbraio 2010 dal giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale della medesima città, con cui V.G. era stato ritenuto responsabile dei seguenti delitti:

a) di tentato furto aggravato del contenuto della borsa e di sequestro di persona in danno di B.T., fatto commesso in (OMISSIS);

b) di violenza privata nei confronti delle prostitute C. M. e K. che tentava di investire con la propria auto; in (OMISSIS);

c) di rapina del denaro corrisposto per la prestazione sessuale nei confronti della prostituta P.M.P.; in (OMISSIS);

d) di sequestro di persona nei confronti di D.C.R. E.; in (OMISSIS);

e) di violenza sessuale, rapina di denaro e oggetti vari; sequestro di persona nei confronti della prostituta E.N.T., in (OMISSIS);

f) di rapina, aggravata dall’uso di un coltello, di denaro nei confronti della prostituta A.J.; in (OMISSIS);

g) di tentato furto del portafoglio nei confronti della prostituta A.M.D.C.;

h) di percosse nei confronti di S.P.E.M.; in (OMISSIS).

Per tali reati, ritenuta la continuazione, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuzione per il rito abbreviato, è stato condannato alla pena di anni 4 di reclusione.

La responsabilità dell’imputato è stata fondata sulle dichiarazioni e sulle denunce delle persone offese, le quali avevano individuato nell’imputato la persona che si presentava come cliente alle donne che esercitavano la prostituzione nei rispettivi appartamenti, pattuiva la somma della prestazione, che anticipava, e poi interrompeva il rapporto sessuale, aggredendole e pretendendo con l’uso di un coltello, la restituzione di quanto pagato, impadronendosi altresì di tutto il denaro contante delle vittime e, in qualche caso, anche di oggetti di valore. L’individuazione del prevenuto è stata effettuata in base alle precise descrizioni rese dalle parti lese; all’individuazione fotografica, all’indicazione dell’uso di un’auto Suzuki rossa con relativo numero di targa effettivamente posseduta dal prevenuto; nonchè in base al numero di cellulare con il quale erano state contattate le prostitute, anch’esso nella disponibilità del V.. D’altra parte, lo stesso imputato aveva ammesso gli addebiti sia pure limitatamente ai reati di cui ai capi A), B), C) ed H).

Ricorre per cassazione il V. per mezzo del proprio difensore denunciando:

1) la violazione dei criteri di valutazione delle prove e mancanza di motivazione relativamente ai reati contestati ai capi E ed F:

sostiene che la responsabilità per tali reati si fonderebbe sul solo riconoscimento fotografico, il quale però risulta contrastato sia dal fatto che in dibattimento le vittime non avevano specificato che la persona che si trovava in aula era proprio il loro aggressore, sia dalle contraddittorie dichiarazioni rese dalle stesse in merito all’inflessione dialettale ed alla nazionalità dell’aggressore;

2) violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla configurabilità del sequestro di persona di cui al capo d) non avendo la corte indicato gli elementi in base ai quali aveva ritenuto che si fosse verificata la privazione della libertà di movimento sia pure per un breve lasso di tempo;

3) la violazione dell’art. 81 c.p. per avere i giudici del merito ritenuto più grave il reato di violenza sessuale in luogo della rapina aggravata che è punita con pena edittale nel massimo superiore a quella della violenza sessuale; in proposito si precisa che ai fini dell’individuazione del reato più grave si deve tenere conto della gravità in astratto e non in concreto;

4) violazione di legge e mancanza di motivazione con riferimento all’aumento di pena per la continuazione giacchè non si erano indicati gli aumenti di pena per i singoli reati.

Motivi della decisione

Il ricorso è solo in parte fondato e va accolto per quanto di ragione.

Il primo motivo è inammissibile perchè sotto l’apparente deduzione di vizi di legittimità in realtà si contesta l’apprezzamento delle prove da parte dei giudici del merito, i quali con motivazione adeguata hanno indicato le ragioni per le quali era palese la responsabilità del prevenuto anche per i reati contestati ai capi E) ed F). In relazione a tali reati l’imputato è stato individuato in base al riconoscimento fotografico, riscontrato dal modus operandi identico a quello utilizzato per la perpetrazione degli altri reati sostanzialmente ammessi dallo stesso prevenuto.

Secondo l’orientamento di questa Corte (cfr Cass. n. 45496 del 2008, n. 7530 del 1998).

Il giudice di merito può trarre il proprio convincimento anche da ricognizioni non formali, potendo attribuire concreto valore indiziante all’identificazione dell’autore del reato mediante riconoscimento fotografico, che costituisce accertamento di fatto utilizzabile in virtù del principio di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice.

Come esattamente rilevato dalla Corte il fatto che le due persone offese dei reati contestati ai capi E) ed F) non abbiano indicato l’imputato presente in aula, come l’autore dei reati in loro danno, non ha alcun pregio perchè non era stato loro chiesto di precisare se la persona presente in aula e già riconosciuta in fotografia fosse proprio l’autore dei fatti commessi in loro danno. Anzi, se un significato si volesse attribuire a tale silenzio, esso dovrebbe essere favorevole all’accusa poichè le parti offese, se avessero rilevato che la persona comparsa in udienza come imputato non era l’autore dei reati da loro denunciati avevano il dovere di precisarlo.

Del pari priva di rilievo è il contrasto sulla nazionalità o sull’inflessione dialettale dell’aggressore desumibile dalle dichiarazioni delle due parti lese, trattandosi di persone offese extracomunitarie che non conoscevano perfettamente i dialetti italiani e quindi non erano in grado di percepirne le differenze. Le originarie incertezze sulla nazionalità (albanese o rumena) sono state legittimamente ritenute prive di rilievo perchè le due donne hanno precisato di avere inizialmente ritenuto che l’aggressore, pur esprimendosi in italiano, potesse essere albanese o rumeno per il colore dei capelli e il fatto che, in base a notizie di stampa, i delitti in danno di prostitute erano solitamente commessi da rumeni o albanesi.

Fondato è invece il secondo motivo con cui si contesta la configurabilità nella fattispecie del delitto di sequestro di persona di cui al capo d).

Come è noto, l’elemento oggettivo di tale reato consiste nel privare la vittima della libertà di movimento nello spazio, a prescindere dal grado di privazione della libertà e dalla durata. A proposito della durata in giurisprudenza si ritiene sufficiente un lasso di tempo anche breve purchè ovviamente sia apprezzabile (Cass. n. 28509 del 20010). Valutare l’apprezzabilità non è agevole e comunque costituisce una questione di fatto rimessa al giudice del merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivata. Si può però sostenere che la durata non può essere considerata apprezzabile allorchè sia stata momentanea o fugace o si sia fondata sulla fulmineità di un solo atto. In tal caso potrebbe eventualmente essere configurabile il tentativo ma non il delitto consumato (Cfr Cass n. 5443 del 2005, rv 215253; n. 18186 del 2009, rv 244050).

Nella fattispecie secondo la stessa ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata la vittima si era recata volontariamente nell’appartamento del prevenuto per consumare con lo stesso un rapporto sessuale a pagamento. A un certo punto la donna, avendo rilevato che il rapporto sessuale si protraeva oltre il termine previsto o concordatola manifestato la volontà di andarsene, ma il prevenuto l’ha trattenuta afferrandola per il polso o meglio ha tentato di trattenerla perchè la donna si è immediatamente liberata dalla stretta ed ha guadagnato l’uscita inseguita dall’imputato lungo la scalinata. Orbene appare evidente che trattasi di un’azione così fulminea che non può configurare il delitto contestato. I giudici del merito hanno ritenuto configurabile il reato valutando l’inseguimento lungo le scale, che però non poteva essere apprezzato ai fini della limitazione della libertà di movimento nello spazio.

Anzi la fuga dimostra proprio l’insussistenza della privazione della libertà di movimento.

Infondato è il terzo motivo.

E ben vero che per la determinazione del reato più grave ai fine della continuazione deve farsi riferimento alle valutazioni astratte compiute dal legislatore, ossia alla pena edittale prevista per ciascun reato (Cass. n. 12473 del 2010), ma è altrettanto certo che tale principio deve essere correlato con quello, in forza del quale la pena determinata dal giudice in caso di continuazione di reati, una volta individuato il reato più grave, non può mai essere inferiore a quella che sarebbe irrogabile per il reato o i reati satelliti che siano sanzionati con pena edittale maggiore nel minimo(cfr per tutte Cass n. 19156 del 2007, rv 236407). A tale principio si sono attenuti i giudici del merito i quali non potevano irrogare una pena inferiore al minimo previsto per uno dei reati satelliti ossia per la violenza sessuale.

Anche il quarto motivo è infondato. L’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, anche nel caso di più reati unificati nella continuazione, non configura una nullità di ordine generale, nè una nullità specifica della sentenza di condannala, in applicazione del principio di tassatività delle nullità;

l’anzidetta omissione potrebbe configurare soltanto una mancanza di motivazione della sentenza in ordine alla determinazione della pena.

In definitiva la distinta applicazione di singoli aumenti di pena per i diversi reati, sebbene sia utile perchè rende meglio evidenti le ragioni che concorrono a formare l’aumento complessivo e rende più speditamente applicabile taluni istituti penali, quali eventuali cause estintive dei reati, tuttavia non è prevista nè richiesta dalla legge, sicchè l’indicazione in materia unitaria e complessiva dell’aumento di pena per i reati satellite non provoca nullità, ma può solo rendere lacunosa la motivazione sul trattamento sanzionatorio. A tal proposito però la prevalente giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che, anche in materia di continuazione, l’obbligo della motivazione deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui la scelta del giudice del merito venga a cadere su una pena che per la sua entità globale non appaia sul piano della logica manifestamente sproporzionata rispetto al fatto oggetto di sanzione. Si è infatti precisato che, in tema di reato continuato, ai fini della determinazione della pena complessiva, l’aumento per continuazione operato sul reato più grave (e quindi sulla pena base) può essere determinato anche in termini cumulativi, senza che sia necessario indicare specificamente l’aumento di pena correlato a ciascun reato satellite, non previsto dalla vigente normativa. (Cass. N. 7164 del 2011, n. 3100 del 2010; n. 47420 del 2004; n. 12540 del 1998).

Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata senza rinvio quanto al delitto di sequestro di persona di cui al capo d), perchè il fatto non sussiste, e con rinvio alla Corte d’appello di Firenze limitatamente alla eliminazione della relativa pena. Nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

La Corte letti gli artt. 616 e segg. c.p.p. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di sequestro di persona di cui al capo D) perchè il fatto non sussiste e con rinvio alla Corte d’appello di Firenze limitatamente alla riduzione della relativa pena Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *