Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 19-06-2012, n. 10059 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

che:

1. M.A. ha subito un processo penale davanti al Tribunale di Roma iniziato con provvedimento in data 16 gennaio 2001 e concluso con sentenza in data 17 giugno 2008 di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato contestato al M..

2. M.A. ha quindi proposto alla Corte di appello di Roma domanda di equa riparazione per la durata irragionevole del processo.

3. La Corte di appello di Perugia ha respinto il ricorso rilevando che l’eccessiva durata del processo non ha arrecato danni al M. ma piuttosto gli ha consentito di fruire della prescrizione del reato.

4. Contro il decreto della Corte di appello di Perugia propone ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, art. 2, n. 89. Il ricorrente censura la decisione della Corte di appello rilevando che nel sistema della L. n. 89 del 2001 la produzione del danno non patrimoniale per la durata irragionevole del processo è indipendente dall’esito del giudizio;

b) omessa e comunque illogica e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio. Secondo il ricorrente la Corte non ha valutato le sue deduzioni circa la sofferenza morale e psicologica derivante dalla protratta durata del processo penale che lo ha indotto ad accettare la pronuncia di non luogo a procedere per intervenuta a procedere;

c) violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2. Il ricorrente lamenta che il decreto impugnato è ulteriormente viziato nella parte in cui ha identificato il termine finale del processo nella data del 17 giugno 2009 (pronuncia della sentenza) anzichè in quella successiva di tre mesi corrispondente al suo passaggio in giudicato.

2. Si difende con controricorso il Ministero.

3. Il ricorrente deposita memoria difensiva.

RITENUTO CHE:

4. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e devono considerarsi fondati.

5. La giurisprudenza consolidata di legittimità ritiene che in caso di violazione del termine ragionevole del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, l’ansia e la sofferenza – e quindi il danno non patrimoniale – per l’eccessivo prolungarsi del giudizio costituiscono i riflessi psicologici che la persona normalmente subisce per il perdurare dell’incertezza sull’assetto delle posizioni coinvolte dal dibattito processuale e, pertanto, prescindono dall’esito del giudizio(Cass. civ., 1^ sezione, n. 25595 del 22 ottobre 2008, n. 2385 del 1 febbraio 2011).

6. In applicazione di tale giurisprudenza questa Corte ha altresi affermato ripetutamente che ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, il diritto all’equa riparazione compete anche quando la durata eccessiva abbia determinato l’estinzione del reato per prescrizione (dovendosi escludere che quest’ultima valga di per sè ad elidere gli effetti negativi del protrarsi eccessivo del processo, in via di compensatio lucri cum damno), salvo che l’effetto estintivo del reato derivi dall’utilizzo, da parte dell’imputato sottoposto a procedimento penale, di tecniche dilatorie o di strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa ben potendo un effetto del genere prodursi, in tutto o almeno in parte (ed, in questa seconda ipotesi, con valenza preponderante), indipendentemente da simili tecniche e da tali strategie, ovvero dalla reale volontà dell’imputato ed a causa, piuttosto, del comportamento delle autorità procedenti, senza che, in quest’ultimo caso, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo possa ritenersi di per sè in grado di elidere il danno, patrimoniale o non patrimoniale, conseguente alla durata irragionevole. (cfr. Cass. civ. sez. 1^ n. 23339 del 18 novembre 2010, e n. 24376 del 18 novembre 2011).

7. Nella specie alcuna deduzione e, tanto meno, alcuna prova è stata fornita circa un comportamento ostruzionistico o dilatorio del M. diretto a prolungare strumentalmente la durata del processo cosicchè deve considerarsi il decreto impugnato per cassazione in contrasto con la citata giurisprudenza.

8. Il giudizio può essere deciso nel merito sussistendo tutti i presupposti per la liquidazione dell’equa riparazione in base ai parametri della giurisprudenza della Corte E.D.U. come recepita da questa Corte. La durata ragionevole del procedimento penale va pertanto ritenuta quella normalmente stimata dalla giurisprudenza in tre anni. Ciò porta, nella specie, a rilevare una durata eccedente quella ragionevole pari a 4 anni e 8 mesi. Si deve infatti ritenere che, ai fini della valutazione in ordine alla ragionevole durata del processo penale, il dies a quo coincide con la notifica della richiesta di rinvio a giudizio, momento in cui l’imputato viene a conoscenza dell’esercizio della azione penale nei suoi confronti, mentre il termine finale dello stesso non coincide con la data della pronuncia della decisione in udienza, ma con la irrevocabilità della sentenza penale, cioè con il momento a partire dal quale la stessa non è più soggetta ad impugnazione (Cass. civ. n. 20451 del 24 settembre 2009). Per tale periodo l’indennizzo per il danno non patrimoniale subito deve stimarsi, in conformità ai criteri generalmente adottati da questa Corte, in 750 Euro annui, per i primi tre anni del periodo di durata irragionevole del processo, e in 1.000 Euro annui, per il periodo successivo pari a un anno e 8 mesi. Il risultato della somma delle due liquidazioni è di complessivi Euro 3.900 al cui pagamento va condannato il Ministero con interessi dalla domanda.

9. Le spese dei due gradi del giudizio vanno poste a carico del Ministero della Giustizia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero al pagamento della somma di 3.900 Euro con interessi legali dalla domanda e al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito liquidate in Euro 873, di cui Euro 50 per spese, 378 per diritti di procuratore e 445 per onorari, e del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.175, di cui 1.075 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2012

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