Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-11-2011) 30-11-2011, n. 44417

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza 29 aprile del 2010, in parziale riforma di quella resa il 12 marzo del 2007 dal tribunale di Pescara, riduceva ad anni uno e mesi dieci di reclusione la pena che era stata inflitta a L.G., quale responsabile, concessa l’attenuante della lieve entità del fatto, di abuso sessuale in danno delle minori D.P.P. e P.I.. Fatto commesso in (OMISSIS).

Nella sentenza impugnata il fatto è stato ricostruito nella maniera seguente.

In data (OMISSIS) P.I. (nata il (OMISSIS) e, quindi, quasi maggiorenne) si trovava sull’autobus di linea (OMISSIS) e stava rientrando a casa da scuola, così come tanti altri ragazzi che affollavano il mezzo. Mentre l’autobus era fermo, un giovane le si era avvicinato e lei, ritenendo che dovesse scendere, si era spostata per farlo passare, ma il giovane le si era posizionato dietro ed aveva iniziato a fare "movimenti strani" sbilanciandosi contro di lei e toccandole con il suo corpo il sedere.

A quel punto, si era spostata ed aveva notato che l’uomo aveva la cerniera lampo dei pantaloni aperta. Si era allontanata dal giovane, continuando però ad osservarne i movimenti. Aveva così avuto modo di notare che il giovane si era avvicinato ad un’altra ragazza, poi identificata in D.P.P., di anni 14, che era seduta su uno dei sedili posti verso il centro dell’autobus, dietro la postazione di guida. L’uomo aveva estratto il pene dai pantaloni e, coperto dalla giacca che indossava, l’aveva appoggiato contro il braccio della ragazza. A quel punto aveva avvisato l’autista perchè, arrivati a destinazione, non aprisse la porta sennonchè, una volta giunti a (OMISSIS), il giovane era riuscito a guadagnare l’uscita posteriore e ad allontanarsi. Nel frattempo la D.P. aveva avvisato dell’accaduto il padre, D.P.D., il quale aveva subito individuato il giovane mentre si allontanava e lo aveva fermato e consegnato ad un vigile urbano, sopraggiunto in suo aiuto.

Il giovane era identificato nella persona L.G. e in suo possesso era stata rinvenuta una banconota da 100,00 Euro contraffatta. Per il possesso di tale banconota il prevenuto è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 455 c.p. ma la pena inflittagli gli è stata condonata.

L’imputato non ha negato di essersi avvicinato alle due ragazze ma ha precisato di averlo fatto con l’intenzione di derubarle.

Sulla base di tale ricostruzione fattuale i giudici del merito hanno osservato che non v’erano e dubbi sulla attendibilità della P., che aveva compiutamente riferito, non solo quanto da lei direttamente subito ad opera dell’imputato, ma anche quanto da lei osservato in merito alla condotta tenuta verso la minore D. P., la quale, sentita in dibattimento, aveva confermato la dinamica dei fatti.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) mancanza ed illogicità della motivazione in merito alla ritenuta attendibilità della parte offesa P.I., la quale non era in grado di vedere nè se il prevenuto avesse la cerniera dei pantaloni aperta, perchè il predetto indossava un giubbotto lungo fino alle ginocchia, nè quanto fosse avvenuto tra il prevenuto e D. P.P.; inoltre i giudici del merito avevano omesso di apprezzare adeguatamente la consulenza di parte nella quale si era evidenziato che per la posizione dei viaggiatori era da escludere che il prevenuto avesse potuto toccare con il proprio pene la P.;

2) omessa motivazione sull’istanza contenuta nel terzo motivo d’appello con cui si era chiesto la derubricazione del reato contestato nell’ipotesi di cui all’art. 527 o 610 o 660 c.p..

All’odierna udienza il P.G. ed il difensore hanno concluso chiedendo rispettivamente la declaratoria d’inammissibilità del ricorso e l’accoglimento dello stesso con il conseguente annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile sotto vari profili.

Anzitutto perchè si ripetono censure già disattese dai giudici del merito senza la puntale indicazione dei vizi del ragionamento dei giudici censurati. In secondo luogo per la manifesta infondatezza dei motivi.

Con riferimento al primo si rileva che la Corte, dopo avere premesso che la P. al momento dei fatti era quasi maggiorenne e quindi era in grado di apprezzare il significato dell’atto, ha sottolineato che la ragazza aveva precisato di non avere avvertito il pene eretto ma aveva parlato di toccamenti e movimenti al sedere ed aveva precisato di avere notato, mentre l’imputato si spostava, che lo stesso aveva la cerniera dei pantaloni slacciata La predetta aveva seguito i movimenti dell’imputato ed aveva notato che il L. aveva appoggiato il proprio pene al braccio della P., la quale ha confermato la circostanza.

Non è vero che la Corte ha ignorato la consulenza di parte perchè l’ha valutata e respinta, in quanto i calcoli eseguiti dal consulente si fondavano su dati statistici e trascuravano il contesto dinamico nel quale si erano svolti i fatti. D’altra parte lo stesso imputato non ha negato il contatto insolito, ma si è giustificato asserendo che era sua intenzione sottrarre il portafogli alle ragazze. Inoltre l’autista ha direttamente percepito l’imbarazzo della P..

Con riferimento al secondo motivo si rileva che i giudici del merito legittimamente hanno affermato la natura sessuale degli atti posti in essere dal prevenuto, escludendo sia pure implicitamente valutazioni alternative.

Invero nella nozione di atto sessuale rientrano tutti quelli che esprimono l’impulso sessuale dell’agente e che implicano un’invasione della sfera sessuale della vittima. In tale nozione rientrano indubbiamente i toccamenti non casuali sopra o sotto i vestiti delle parti intime della persona offesa.

La molestia sessuale di cui all’art. 660 è invece cosa diversa.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte integra il reato di violenza sessuale e non quello di molestia sessuale ( art. 660 c.p.) la condotta consistente nel toccamento non casuale dei glutei, ancorchè sopra i vestiti, essendo configurabile la contravvenzione solo in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dall’abuso sessuale.

Se dalle espressioni verbali si passa ai toccamenti a sfondo sessuale, il delitto assume la forma tentata o consumata a seconda della natura del contatto e delle circostanze del caso (Cass 37395 del 2004; 45957 del 2005; 7369 del 2006; 27762 del 2008).Il delitto di atti osceni in luogo pubblico non assorbe quello di violenza sessuale ma concorre eventualmente con esso trattandosi di reati che offendono beni diversi.

Ai principi anzidetti si sono adeguati i giudici del merito, i quali legittimamente hanno ritenuto configurabile il delitto di abuso sessuale.

Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che la parte "abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità1 medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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