Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 05-01-2012, n. 33 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è proposto contro la decisione del TAR per la Sicilia di Palermo n. 1285/2010, con la quale sono stati respinti il ricorso principale proposto dall’odierno appellante contro la nota prot. n. 8821 del 28.7.2005 del Dipartimento Beni Culturali Ambientali e P.I. della Regione Siciliana, Area Soprintendenza di Agrigento, Servizio per i Beni Architettonici, Paesistici, Naturali, Naturalistici ed Urbanistici (e contro la relazione tecnica prot. n. 11310 del 20.12.2004 del medesimo Dipartimento alla quale il provvedimento appare collegato), con cui è stata rigettata l’istanza dell’odierno appellante rivolta all’accertamento – ai sensi dell’art. 1 comma 37 della legge n. 308/2004 – di compatibilità paesaggistica dei lavori eseguiti, nell’ambito dei lavori di risanamento e recupero ambientale assentiti all’appellante di un’area sita in agro di Palma di Montechiaro, c.da (…). Nonché il ricorso per motivi aggiunti proposto contro la successiva ordinanza (prot. n. 3910 della Soprintendenza di Agrigento del 10 maggio 2006) di rimessione in pristino (emessa ad integrazione della precedente impugnata ordinanza negativa del richiesto accertamento di compatibilità ambientale).

Per una valutazione della decisione impugnata appare essenziale una appropriata ricostruzione degli sviluppi fattuali e processuali della vicenda dalle sue premesse sino ai suoi esiti ultimi. La questione trae origine dal decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 4520 del 29 novembre 1989, con il quale era stato intimato alla società Agratur s.r.l. (della quale era all’epoca socio l’odierno appellante) il ripristino, a proprie spese, dello stato dei luoghi "dalla stessa abusivamente trasformati e ricadenti nelle particelle n. 12, 54 e 55 di cui al foglio catastale n. 1 del Comune di Palma di Montechiaro", previa approvazione del relativo progetto da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Agrigento.

Diviso il fondo oggetto delle trasformazioni contestate tra i due soci della Agratur con il trasferimento delle particelle 55 e 56 alla società dell’appellante, questa aveva presentato un progetto di restauro ambientale e paesaggistico, che era stato approvato dalla Soprintendenza di Agrigento con il nulla osta prot. n. 10489 del 30 ottobre 1998 a condizione che i lavori riguardassero esclusivamente le aree di cui al d.a. n. 4520/1989.

A seguito tuttavia di sopralluogo richiesto dalla Procura della Repubblica, la Soprintendenza di Agrigento aveva accertato, attraverso la relazione tecnica prot. n. 11310 del 20 dicembre 2004 da essa predisposta, che i lavori eseguiti erano diversi da quelli autorizzati nel 1998 "in quanto localizzati al di fuori del perimetro delle aree previste dal d.a. 4520/1989". La relazione evidenziava, in particolare, la realizzazione di n. 12 terrazze-gradoni (di dimensione variabile) sulla particella n. 55 e su parte di quella n. 56, nonché la circostanza che le opere a suo tempo "abusivamente realizzate" ricadevano invece nelle particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte in quella n. 55.

La Soprintendenza aveva perciò adottato l’ordine di sospensione dei lavori prot. n. 11605 del 29 dicembre 2004.

A seguito di detto provvedimento, la società dell’appellante aveva chiesto la c.d. sanatoria paesaggistica alla Soprintendenza di Agrigento, che la aveva rigettata con la nota prot. n. 2811 dell’8 marzo 2005, sulla base della considerazione che le terrazze-gradoni realizzate, in quanto localizzate al di fuori delle aree previste dal d.a. n. 4520/1989, violavano le condizioni previste dal nulla osta n. 10489 del 30 ottobre 1989 ("ritenuto ed accertato che le opere realizzate costituiscono un notevole e grave danno all’ambiente ed al paesaggio per l’alterazione del suolo e delle sue caratteristiche corticali e pedologiche, nonché per la modificazione dei caratteri percettivi del paesaggio che occorre ricostruire attraverso il recupero e riqualificazione paesaggistica ed ambientale dell’area").

Contro tale nota l’appellante proponeva ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 426 del 16 dicembre 2005, il Giudice di prime cure disponeva l’acquisizione di "dettagliata relazione, dalla quale emerga la motivazione dell’incompatibilità delle opere realizzate dalla società ricorrente, anche in relazione alla misura concreta dello sconfinamento realizzato nel fondo adiacente contraddistinto catastalmente dalla particella n. 56".

Tale adempimento istruttorio esitava nel deposito – eseguito il primo febbraio 2006 – di una relazione, nella quale la Soprintendenza di Agrigento chiariva che (come già emerso dalla relazione tecnica alla base del provvedimento impugnato) l’esame comparato della relazione prot. n. 08/89 UTC del 2 settembre 1989 del Comune di Palma di Montechiaro, delle planimetrie alla stessa allegate e della relazione del dr. To. (geologo dirigente tecnico dell’UTC di Palma di Montechiaro) del 30 novembre 1996, era emerso che le opere abusivamente realizzate nel 1989, oggetto del recupero ambientale di cui al d.a. n. 4520 del 29 novembre 1989 e del n.o. n. 10489 del 30 ottobre 1998, ricadevano nelle particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte nella particella n. 55, con la conseguenza che le terrazze-gradoni realizzate dalla società dell’appellante, in quanto ricadenti nelle particelle n. 55 e n. 56, erano da ritenersi abusive. La relazione ribadiva anche che l’area oggetto del recupero ambientale era stata chiaramente indicata in giallo nella planimetria allegata al nulla osta n. 10489/1998 e che da tale planimetria poteva evincersi perciò "inequivocabilmente" che le opere abusive realizzate nel 1989, oggetto del recupero ambientale, ricadevano nelle particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte nella 55. Ne veniva la conclusione che la difformità dal nulla osta non riguardava l’entità dello sconfinamento nella particella n. 56, ma la circostanza che tutte le opere realizzate erano totalmente abusive, in quanto "localizzate al di fuori delle aree previste dal d.a. 4520/1989 e di conseguenza escluse dalle condizioni indicate con le lettere a) e b) del nulla osta n. 10489 del 30.10.1989".

La proposta istanza cautelare veniva rigettata con ordinanza n. 377 del 21 marzo 2006 (respinta poi anche in appello dal CGA con ordinanza 759/2006, che dava, in quella sede, affidamento preponderante al giudizio dell’"organo tecnico specificamente preposto alla tutela paesistica ambientale").

Successivamente, con ordinanza prot. n. 3910 del 10 maggio 2006, la Soprintendenza di Agrigento aveva ordinato "la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a proprie spese, da effettuare attraverso la presentazione, per la relativa approvazione di questa Soprintendenza, che peraltro stabilirà i tempi entro cui dovrà pervenirsi al completo recupero ambientale della zona, di un’ipotesi progettuale che secondo approfonditi studi e ricerche di carattere tecnico – scientifici faccia scaturire le scelte operative per il recupero dell’area e le operazioni necessarie per rendere meno impattante e dannose le eventuali opere da eseguire per il ripristino dei luoghi".

Anche contro tale ordinanza l’appellante proponeva ricorso per motivi aggiunti.

I provvedimenti impugnati sarebbero stati illegittimi sotto molteplici profili: per avere l’Amministrazione violato il principio di partecipazione al procedimento amministrativo e per averli adottati in difetto assoluto di istruttoria, illogicità manifesta e contraddittorietà, quali palesati anche da una loro insufficiente motivazione. Essi sarebbero stati inoltre adottati in difetto dei presupposti tecnici e di un’errata ricostruzione catastale, nonché a causa di un travismento dei fatti (avendo fatto riferimento alla realizzazione di lavori nella particella n. 56, mentre gli stessi avrebbero interessato solo la particella n. 55). I gradoni realizzati, avendo una dimensione variabile ricompresa tra m. 8,92 e m. 3,82, pur essendo difformi da quelli previsti di dimensione pari a m. 10, non potrebbero ritenersi comunque lesivi dell’ambiente e del paesaggio, stante il loro minore impatto. E la contestata recinzione realizzata sarebbe stata imposta dall’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste e non costituirebbe in ogni caso opera edilizia soggetta a provvedimento abilitativo.

Il Giudice di prime cure ha respinto i ricorsi dell’odierno appellante sulla base di una valutazione centrale, secondo la quale "dagli incombenti istruttori disposti da questo TAR è emerso che le opere abusivamente realizzate nel 1989 (oggetto del recupero ambientale di cui al d.a. n. 4520 del 29 novembre 1989 e del n. o. n. 10489 del 30 ottobre 1998) ricadevano nelle particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte nella particella n. 55, con la conseguenza che le terrazze-gradoni successivamente realizzate dalla società del ricorrente, in quanto ricadenti nelle particelle n. 55 e n. 56, erano da ritenersi totalmente abusive". E ciò per le risultanze della "planimetria allegata al nulla osta n. 10489/1998, nella quale l’area oggetto del recupero ambientale era stata chiaramente indicata in giallo e ricomprendeva le particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte la 55". Nonché dell’esame comparato della relazione prot. n. 08/89 UTC del 2 settembre 1989 del Comune di Palma di Montechiaro, delle planimetrie alla stessa allegate, della relazione del dr. To. del 30 novembre 1996, che confermava quanto già contenuto "nella relazione tecnica predisposta dalla Soprintendenza di Agrigento il 20 dicembre 2004, in seguito a sopralluogo disposto su richiesta della Procura della Repubblica".

Il Giudice non ha trascurato tuttavia di valutare nel merito le specifiche singole doglianze del ricorrente, che ha analiticamente esaminato e respinto perché tutte ritenute inaccoglibili.

Egli ha, in particolare, ritenuto irrilevanti "la mancata realizzazione di lavori sulla particella n. 56, dovendo gli stessi ritenersi abusivi anche per la parte relativa alla particella n. 55"; "l’asserito erroneo riferimento alla autorizzazione di n. 11 terrazze-gradoni, piuttosto che a n. 11 terrazze-gradoni più grandi e di n. 3 più piccole"; "la loro minore dimensione rispetto a quella prevista nel nulla osta"; "l’imposizione della recinzione da parte dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste". Mentre ha ritenute infondate le altre censure. Quella secondo cui "la valutazione della conformità dei lavori eseguiti avrebbe dovuto essere fatta con riferimento al progetto di recupero e risanamento approvato dalla Soprintendenza", per la "troncante considerazione che il progetto in questione è stato approvato con il nulla osta prot. n. 10489 del 30 ottobre 1998, che ha espressamente previsto la condizione che i lavori non investissero aree non interessate dal d.a. n. 4520/1989, le quali, come risultato dagli incombenti istruttori, ricomprendevano le particelle n. 12 e n. 54 ed in minore parte la 55". Quella per la quale il provvedimento non è stato preceduto dal preavviso di rigetto, in ragione del disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Quella di inadeguata motivazione, con riferimento alla circostanza che il provvedimento impugnato fa espresso riferimento alla avvenuta violazione del nulla osta di approvazione del progetto e al fatto (evidenziato per altro nella relazione depositata in sede di istruttoria) che i lavori erano totalmente abusivi. Ha ritenuto infondato inoltre il motivo di ricorso relativo alla pretesa violazione dell’affidamento riposto dal ricorrente sulla positiva definizione del procedimento, "stante la non configurabilità di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela alla luce, come detto, della totale abusività dei lavori".

Quanto al ricorso per motivi aggiunti, il Giudice di prime cure lo ha respinto, considerandone infondati i motivi. Quello affidato alla illegittimità derivata, per la legittimità acclarata invece del provvedimento presupposto; quello affidato al travisamento dei fatti, per l’acclarata "totale abusività dei lavori in questione, in quanto realizzati al di fuori del perimetro previsto"; quello affidato alla circostanza che avrebbe dovuto essere l’Amministrazione ad indicare le modalità del restauro ambientale, piuttosto che demandare al ricorrente la predisposizione del relativo progetto, per la considerazione che, rappresentando l’ordine di rimessione in pristino impugnato "la conseguenza della realizzazione di lavori totalmente abusivi, che devono essere rimossi mediante la predisposizione di un adeguato progetto", questo non poteva che essere a carico del responsabile dell’abuso; quello infine secondo il quale sarebbe stata impedita al ricorrente la realizzazione di un’operazione di sistemazione essenziale per il consolidamento dei suoli per la considerazione della irrilevanza della circostanza in presenza della abusività dei lavori eseguiti.

Contro la decisione in oggetto propone appello l’originario ricorrente che ne lamenta la erroneità sotto i seguenti profili:

1) insufficienza della motivazione per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, errata applicazione degli articoli 3 della legge n. 10/1991 e 149 e 150 del codice dei beni culturali e del paesaggio;

2) erroneità della decisione in ordine alla rilevanza del mancato avviso di avvio del procedimento, falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, violazione dei principi di efficienza ed economicità del procedimento amministrativo, falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;

3) erroneità ed insufficienza della motivazione per violazione dei principi del giusto procedimento, dell’affidamento, del buon andamento, efficacia ed efficienza del procedimento amministrativo.

Motivi della decisione

Le doglianze dell’appellante si incentrano, in buona sostanza, su una circostanza di fatto ed una di diritto.

Dal punto di vista di fatto, egli sostiene che la effettiva collocazione delle opere contestate non è stata correttamente determinata, non essendo affidabili le rilevazioni eseguite in occasione delle relazioni tecniche acquisite dall’Amministrazione ed utilizzate per motivare i propri provvedimenti.

La circostanza di diritto invocata è costituita dalla insufficiente e inadeguata motivazione dei provvedimenti impugnati e, soprattutto, dal non avere ricevuto avviso di avvio del procedimento e dal non avere potuto perciò partecipare alla valutazione delle complesse circostanze di fatto che hanno dato occasione a provvedimenti di alto contenuto dicrezionale (riferiti come sono alla valutazioni relative a "difformità" da indicazioni da osservare e a "danno ambientale" da eliminare o prevenire).

Orbene, mentre le addotte circostanze di fatto potrebbero assumere rilievo solo a seguito di nuove verificazioni da disporre (che l’appellante infatti espressamente richiede), le circostanze di diritto appaiono immediatamente e direttamente valutabili.

Esse sono, a giudizio di questo Collegio, fondate e meritano accoglimento.

Sul punto non può essere infatti condivisa la decisione del Giudice di prime cure che ha considerato tali doglianze prive di fondamento per la ritenuta natura vincolata dei provvedimenti adottati. Essi avrebbero trovato infatti giustificazione nella "oggettiva" abusività delle opere contestate (perché realizzate fuori dai limiti di localizzazione del progetto a suo tempo assentito). Sennonché la localizzazione contenuta nel provvedimento che assentiva l’originario progetto riguardava opere di "risanamento e recupero" ambientale, mentre i terrazzamenti contestati costituivano interventi dei quali l’appellante non chiedeva di giudicare la "conformità" o meno al progetto assentito (che non era in quel momento in discussione), ma solo un accertamento indipendente di compatibilità ambientale (dall’appellante spontaneamente sollecitato), che veniva negato dalla Soprintendenza con il provvedimento impugnato (n. 8821 del 28.7.2005) perché ritenute "incompatibili con le esigenze di tutela paesaggistica dell’area tutelata" (in quanto "difformi" da quelle assentite). Dunque con una motivazione che faceva riferimento con evidenza ad una valutazione discrezionale. La quale avrebbe dovuto perciò imporre – prima di essere assunta – un preavviso alla parte che ne sollecitasse una partecipazione al procedimento attivato e ne consentisse di evidenziare all’Amministrazione – in contraddittorio tecnico – le ragioni che avrebbe potuto giustificarne la loro eventuale "sanatoria".

Evidente difetto di motivazione presenta poi il provvedimento oggetto del ricorso per motivi aggiunti. In esso – con atteggiamento in verità singolarmente contraddittorio – viene emanato un "ordine di ripristino" (dunque un provvedimento imperativo) dichiaratamente ineseguibile (dal momento che la stessa Autorità emanante afferma che esso potrà esserlo solo con modalità e tempi definibili solo in esito ad una valutazione tecnico-scientifica ancora da effettuarsi).

La censura è assorbente e determina da sola la nullità dei provvedimenti impugnati, fatte salve ovviamente le eventuali ulteriori legittime determinazioni dell’Amministrazione.

L’appello è pertanto da ritenere in questi limiti fondato e da accogliere.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

La complessità delle questioni coinvolte giustifica comunque la compensazione delle spese di questa fase del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, fatte salve le ulteriori legittime determinazione dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 19 ottobre 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, estensore, Componenti.

Depositata in Segreteria il 5 gennaio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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