Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-06-2012, n. 10030 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con citazione del 20 aprile 2002, dinanzi al tribunale di Napoli, l’Enel Distribuzione spa conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli D. M.A., in relazione alla utenza di una lavanderia sita in (OMISSIS) ed alla manomissione sospetta del misuratore di energia elettrica n. 5447. Secondo i calcoli effettuati dai tecnici in relazione alla dotazione della lavanderia e sulla base delle tabelle Utif, i consumi registrati per il periodo 25 gennaio 1992 al 7 ottobre 1996 e pagati dalla utenza erano inferiori a quanto realmente consumato per Euro 12636,89. Deduceva l’ente, come ulteriore elemento di sospetto, la successiva sparizione del contatore n. 5447 affidato in custodia al D.M.. Era chiesta la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, senza una specificazione del titolo risarcitorio, se contrattuale o da illecito.

Si costituiva il D.M.A. ed eccepiva la incompetenza territoriale e nel merito la infondatezza della domanda in quanto non fondata su prove certe, negava inoltre di essere il custode del misuratore, e rilevava che l’accertamento venne effettuato nell’ottobre 1996 allorchè ottenne la voltura della utenza da D. M.A. al suo nome, modificando la attività di lavanderia in stireria. Utenza corrispondente al nuovo misuratore 0674 e quindi successiva rispetto ai consumi contestati.

2. Il Tribunale di Napoli con sentenza del 29 dicembre 2004 rigettava la eccepita incompetenza e decideva nel merito dichiarando la risoluzione del contratto nei limiti di cui alla prima utenza, condannava il D.M. al pagamento delle somme corrispondenti ai maggiori consumi rispetto al pagato, con rivalutazione ed interessi, ed alla rifusione delle spese di lite.

3. Contro la decisione proponeva appello il D.M., deducendo:

a. carenza di legittimazione passiva, risultando per tabulas che la utenza sino al 1996, al tempo della voltura, era intestata a D.M. A., come da contratto; deduceva la nullità della citazione per errore nella vocativo in ius;

b. la mancanza di prova della sottrazione del contatore manomesso di cui negava la custodia essendo parte estranea al rapporto di utenza;

c. la mancata considerazione degli esiti della istruttoria penale che lo aveva prosciolto con la formula "il fatto non sussiste";

d. la errata valutazione della documentazione e della prova in ordine alle alterazione dei consumi senza aver prima verificato la consistenza e la efficacia dei macchinari in uso. Chiedeva pertanto la riforma della sentenza con la vittoria delle spese.

Resisteva l’appellata chiedendo il rigetto dello appello e proponeva appello incidentale in punto di risoluzione del rapporto, pur intestato a diverso utente, ma proseguito con la Lavanderia Doris Di Maro Antonio e C., società in nome collettivo di cui il D.M. era anche lo amministratore. Sosteneva che la condotta del D.M. doveva considerarsi illecita per la alterazione e la sparizione del primo contatore e che la gravità dello inadempimento giustificava la risoluzione del rapporto, ancorchè il danno fosse delimitato ai maggiori consumi accertati.

4. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 1 settembre 2009 rigettava lo appello principale ed accoglieva quello incidentale dichiarando la risoluzione del contratto di somministrazione per una utenza considerata come unica, e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

5. Contro la decisione ricorre D.M.A. deducendo cinque motivi di censura; resistono congiuntamente ENEL DISTRIBUZIONE SPA ED ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA succeduto al primo ente per atto di scissione parziale del 11 dicembre 2007 chiedendo il rigetto del ricorso.

MEMORIE per ENEL.

Motivi della decisione

6. Il ricorso non merita accoglimento per le seguenti considerazioni.

Per chiarezza espositiva si offre una sintesi descrittiva dei motivi ed a seguire la confutazione in diritto.

6.1. SINTESI DEI MOTIVI. Nel PRIMO motivo si deduce error in iudicando per violazione dell’art. 345 c.p.c. ed insufficiente motivazione in relazione alla eccezione dedotta come motivo di appello, che attiene alla titolarità e alla legittimazione. La tesi è per la legittimatio ad causam la eccezione è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

SOLO in appello nelle note ex art. 183 c.p.c. e nelle memorie conclusionali lo Enel ha chiarito di avere citato il D.M. quale utilizzatore di Fatto e quale amministratore della Lavanderia Doris di Di Maro Antonio s.n.c. ma tali precisazioni non sono rilevanti a far cadere la eccezione, in quanto il D.M. non è stato mai citato nella qualità di amministratore.

Nel SECONDO motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in punto di rapporti interni tra debitori solidali o di responsabilità ai sensi dell’art. 2055 c.c. sul rilievo che, anche a volere considerare come unitario il contratto di somministrazione, non risultano citati in giudizio nè la originale titolare nè la snc di cui il D.M. ammette di essere lo amministratore.

Nel TERZO motivo si deduce come error in iudicando, ma senza specificazione della norma violata, e come vizio di insufficiente motivazione, la erronea valutazione dei verbali di accertamento Enel del 24 gennaio 2007 da cui emerge chiaramente la diversa titolarità e che la verifica della manomissione attiene alla prima titolarità non citata in giudizio. Nel corpo del motivo si richiama inoltre la valenza della sentenza assolutoria, da utilizzare come antecedente logico rispetto alla pretesa risarcitoria, che presuppone la individuazione di un soggetto agente.

Nel QUARTO MOTIVO si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 654 c.p.c. e la erronea valutazione degli elementi di prova contraria; si deduce inoltre la omessa motivazione in punto di richiesta di prova diretta ed infine la errata, insufficiente e contraddittoria liquidazione del danno.

Nel QUINTO MOTIVO si deduce lo errato accoglimento dello appello incidentale e la errata pronuncia di risoluzione contrattuale, la mancata integrazione del contraddittorio, la lesione dei diritto della difesa, il tutto come una sequela di errores in iudicando e di motivazione insufficiente e contraddittoria.

La tesi è quella della extrapetizione, posto che la risoluzione riguardava soltanto il primo contratto di utenza e la manomissione del primo contatore; la risoluzione non poteva essere estesa, come domanda nuova in appello, al secondo rapporto di cui il D.M. era rappresentate della società non evocata in lite.

7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Premesso che, ratione temporis, non si applica il regime proprio dei quesiti, restano fermi i principi generali di cui all’art. 360 bis in ordine alla valenza dei dieta di giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, ed in ordine alla specificità ed autosufficienza dei motivi di gravame di cui allo art. 366.

Tale premessa vale per l’esame dei singoli motivi. Inammissibilità DEL PRIMO MOTIVO nella parte in cui lamenta, per la prima volta e tardivamente in appello, la mancanza della titolarità del diritto controverso. Corretta la statuizione della Corte di appello che rileva come la eccezione non venne eccepita nel giudizio di primo grado e cita a ff 3 giurisprudenza consolidata v. da ultimo Cass. 2007 n 1131, 2008 nn 355 e 23670.

Infondatezza del primo motivo in ordine al difetto di legittimatio ad causam, peraltro rilevabile di ufficio, atteso che il motivo non contrasta la chiara ratio decidendi a ff 3 della motivazione, che qualifica il D.M. come titolare o gestore di fatto della prima utenza, proprio considerando le risultanze del verbale di verifica del giorno 8 ottobre 1996. Pertanto lo accertamento della qualità riverbera anche sulla validità della notifica della citazione e sul fatto che nel giudizio di primo grado nulla ebbe ad obbiettare il D. M. pur contestando la esistenza di un illecito.

INAMMISSIBILITA’ del secondo motivo in quanto propone questioni nuove, vuoi rispetto alle difese del primo grado, vuoi rispetto alla tardività della legittimazione passiva, vuoi rispetto alla ricostruzione giuridica del rapporto, considerato come rapporto gestorio secondo la condotta concludente del D.M. che aveva la disponibilità della utenza ed ebbe, presumibilmente, a manometterla, anche se assolto dall’accusa di furto del misuratore.

INAMMISSIBILITA’ del terzo motivo in quanto deduce error in iudicando senza specificare la norma che si assume violata e privo di autosufficienza in relazione alla censura sulla errata valutazione dei verbali di accertamento del 24 aprile 2007, che non vengono riprodotti in esteso e comunque non sono menzionati nella motivazione, mentre la controparte, in replica sostiene che proprio tali verbali confermano che il D.M. si era qualificato come persona che di fatto fruisce della fornitura.

INAMMISSIBILITA’ E INFONDATEZZA del quarto motivo, vuoi ai sensi dell’art. 360 bis, in quanto la corte di appello applica giurisprudenza consolidata in tema di utilizzabilità del giudicato penale di assoluzione, ove i fatti del giudizio penale non siano sovrapponibili a quelli del giudizio civile – vedi in tal senso Cass. 2 marzo 1010 n. 4961 e 9 marzo 2010 n. 5676 citata in controricorso;

vuoi in relazione alle deduzioni di violazione dei diritti di difesa in tema di valutazione delle prove, per difetto di decisività e di autosufficienza a norma dello art. 366 c.p.c..

INAMMISSIBILITA’ DEL QUINTO MOTIVO, che deduce una extrapetizione, ma senza rilevare la CHIARA RATIO DECIDENDI espressa dalla Corte di appello a ff 5 della motivazione, quando ricostruisce come unitario il rapporto di somministrazione come contratto di durata, nel quale il D.M. rivendicava la utilizzabilità della energia elettrica di cui aveva chiesto la voltura, proprio per determinare una scissione delle responsabilità.

La domanda di risoluzione, originariamente proposta, è stata correttamente interpretata in relazione alla richiesta originaria, dove entrambe le parti ammettono la esistenza di un rapporto contrattuale atipico ma valido e vincolante, e dunque lo appello incidentale non introduceva una domanda nuova, ma esigeva la risoluzione del rapporto di durata essendo venuta meno la fiducia nella qualità del D.M., proprio in relazione alle circostanze note della manomissione del contatore e della mancata registrazione dei consumi.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente in favore della controparte come costituita, alla rifusione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

RIGETTA IL RICORSO e condanna D.M.A. a rifondere ad Enel Distribuzione ed Enel Servizio elettrico spa come costituiti unitariamente, le spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 2700 di cui 200 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *