Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2012, n. 10209 Servitù coattive di passaggio

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 1983 V.C.L.G. e C.F., proprietari di un fondo in agro (OMISSIS), convennero dinanzi al Tribunale di Matera il vicino S.A. chiedendo fosse accertata l’esistenza di una servitù di passaggio a carico del fondo del convenuto, costituita con l’atto di acquisto del 3 maggio 1965, con condanna della controparte alla rimozione degli ostacoli da questi frapposti al suo esercizio ed al risarcimento dei danni.

Lo S. si oppose alla domanda sostenendo che l’atto di acquisto, per un errore materiale, aveva indicato il tracciato della servitù tra le particelle 14 e 63, mentre essa era stata costituita tra le particelle 14 e 65. Disposta consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di primo grado accolse le domande delle attrici, dichiarando sulla scorta dei rilievi svolti dal consulente tecnico, che la servitù di passaggio doveva essere identificata con la stradina indicata nella relazione tecnica con il tracciato da A a D colorato in fucsia e condannò il convenuto al eseguire le opere necessarie all’esercizio della stessa in conseguenza delle illecite manomissioni ed al risarcimento dei danni, che quantificò in L. 18.000.000.

Interposto gravame, con sentenza n. 46 del 22 febbraio 2005 la Corte di appello di Napoli confermò la pronuncia impugnata in relazione all’accertamento della servitù ed alla condanna del convenuto alla rimozione degli ostacoli frapposti al suo esercizio, riformandola in parte solo in relazione all’ammontare del danno liquidato, che ridusse alla somma di Euro 3.000,00. A sostegno di tale conclusione, il giudice di secondo grado affermò che, sulla base degli elementi forniti dal contratto di acquisto del fondo e di costituzione della servitù, essa andava identificata nel tracciato all’epoca già esistente come indicato dal primo giudice tra le particelle 14 e 63, trovando esso sicuro indice di riscontro nella presenza del fosso menzionato nell’atto, mentre non aveva trovato alcuna conferma, nè diretta nè indiretta, l’assunto del convenuto secondo cui le indicazioni contenute nel contratto erano frutto di un errore materiale; in relazione alla statuizione di condanna al risarcimento del danno, rilevò invece che essa dovesse essere ridotta nel quantum, atteso che l’inutilizzabilità del passaggio a causa delle opere eseguite dal convenuto non avevano determinato l’impossibilità del transito, ma solo la necessità per le attrici di compiere un percorso più lungo.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 10 aprile 2006, ricorrono P.M., S.C. e S. D., quali eredi di S.A., affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso C.F..

Motivi della decisione

In via preliminare ed assorbente rispetto all’esame del merito del ricorso la Corte deve rilevare che lo stesso va dichiarato inammissibile per difetto di allegazione e di prova in ordine alla titolarità della legittimazione ad causam dei suoi proponenti.

Tale conclusione si impone in quanto gli attuali ricorrenti, che non hanno partecipato ai giudizi di merito, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base della mera allegazione di essere eredi della parte S.A., senza nemmeno precisare il titolo di tale loro qualità e senza produrre in giudizio nè il certificato di morte della parte originaria nè la documentazione, quale la denunzia di successione, idonea a dimostrare la loro qualità di successori universali.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui, poichè i soli legittimati all’impugnazione sono i soggetti che hanno partecipato al precedente grado di giudizio (in cui essi siano rimasti soccombenti), se l’impugnazione è proposta da un soggetto diverso, questi ha l’onere di dedurre il titolo della propria legittimazione ad impugnare, allegando e quindi provando, tramite le produzioni consentite dall’art. 372 cod. proc. civ., la sopravvenuta situazione giuridica idonea a fondarla (Cass. n. 15352 del 2010; Cass. n. 25344 del 2010);

si precisa, inoltre, che l’eventuale mancanza di tale allegazione, attenendo essa al requisito necessario della legittimazione ad agire in ipotesi di successione nel processo (art. 110 cod. proc. civ.), è rilevabile d’ufficio, a prescindere dalla eventuale contestazione della parte controinteressata (Cass. S.U. n. 4468 del 2009).

Nel caso di specie, la mancata allegazione e produzione di tale documentazione determina l’inammissibilità del ricorso, trovandosi il Collegio nella impossibilità di verificare l’effettiva titolarità in capo ai ricorrenti della legittimazione a ricorrere.

Le spese di giudizio, per il principio di soccombenza, vanno poste a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore della controparte delle spese di lite, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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