Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2012, n. 10203 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- D.T.T. proponeva appello avverso la sentenza n. 23.245/2003 del Tribunale di Roma con la quale erano state respinte sia la domanda, dalla medesima proposta, diretta alla risoluzione del contratto di compravendita di mobili di arredamento stipulato con la s.a.s. EMMERRE sia l’opposizione al decreto con il quale la predetta venditrice aveva chiesto che le fosse ingiunto di pagare il saldo del prezzo pattuito; a sostegno del gravame deduceva l’erroneità di ritenere non grave il pur accertato inadempimento di controparte.

Si costituiva la S.r.l. EMMERRE (già s.a.s. EMMERRE di Rossini Marcello & C), chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza dep. il 19 aprile 2007 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione impugnata, pronunciava la risoluzione del contratto per inadempimento della la S.r.l. EMMERRE. Secondo i Giudici, rivestiva non scarsa importanza l’inadempimento della società venditrice alla clausola apposta successivamente al contratto di compravendita di una camera da letto, con il quale le parti avevano stabilito la verifica preventiva dei beni acquistati, modificando il precedente accordo che demandava il controllo del mobilio al momento della consegna (e che, allo stesso tempo, imponeva il pagamento del prezzo prima ancora del recapito dei mobili), tenuto conto del precipuo interesse dell’acquirente all’accertamento delle effettive dimensioni del mobilio prima che lo stesso fosse stato trasportato presso la sua abitazione e prima che fosse pagato parte considerevole del prezzo. Ed invero, la paventata difficoltà di fare valere eventuali difetti una volta trasportato il mobilio aveva trovato ragion d’ essere nella missiva del 21 aprile 1997 del legale della D.T., non contestata da controparte, da cui era emerso che la società alla quale la emmerre aveva ordinato i mobili (la ditta Rimini) aveva fatto presente di non poter rispettare i limiti dimensionali indicati negli schizzi a corredo dell’ordine della D. T..

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la S.r.l.

EMMERRE sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l’intimata.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Procuratore Generale, atteso che nell’originale del ricorso la procura è sottoscritta dal difensore che ha autenticato la firma del rappresentante legale della società ricorrente che ha conferito il mandato, non assumendo pertanto alcun rilievo la mancata sottoscrizione da parte del difensore nella copia notificata del ricorso, quando come nella specie la copia stessa contenga elementi, quali l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale (Cass. 5932/2010).

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione gravata che aveva posto a base della risoluzione del contratto circostanze che non erano state dedotte dall’appellante e diverse da quelle con le quali era stata dalla medesima invocata la gravità dell’inadempimento.

1.2. – Il motivo va disatteso.

L’inadempimento della venditrice di fare effettuare la verifica dei mobili prima della loro consegna e del versamento del saldo del prezzo (ad eccezione dell’importo di L. 900.000) nonchè la rilevanza di tale inadempimento erano stati dedotti con il gravame laddove era stato evidenziato l’interesse dell’attrice all’osservanza della relativa clausola che era stata successivamente aggiunta in relazione a quelle che erano state le finalità perseguite con detta clausola.

2.1. – Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1455 cod. civ., deduce che: ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto per gravità dell’inadempimento il giudice di merito è tenuto ad una indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all’esatto e tempestivo adempimento; la relativa valutazione deve essere operata alla stregua di un duplice criterio, applicandosi in primo luogo un parametro oggettivo attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto dando luogo ad un squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale;

l’importanza dell’inadempimento, poi, non deve essere intesa in senso subiettivo, in relazione alla stima che la parte creditrice abbia potuto fare del proprio interesse violato, ma in senso oggettivo, in relazione, cioè, all’attitudine dell’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattuale ed a reagire sulla causa del contratto e sul comune intento negoziale. Nella specie, la Corte di Appello aveva violato i principi sopra esposti, facendo riferimento soltanto alla valutazione soggettiva della D.T. in ordine alla gravità dell’inadempimento imputato alla società EMMERRE, essendo mancato qualsiasi parametro oggettivo, non venendo chiarito come il presunto inadempimento, verificatosi quando l’acquirente aveva versato meno del 15% del prezzo, potesse avere inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto, se poi si considerava che nulla avrebbe impedito alla D.T. di controllare i mobili al momento del montaggio, di contestare la corrispondenza a quanto pattuito, di rifiutarsi di corrispondere il saldo del prezzo, di chiedere la restituzione del modesto acconto percepito.

Formula il seguente quesito di diritto: "dica la S.C. se può essere pronunciata la risoluzione di un contratto per inadempimento di una parte sulla sola base della valutazione soggettiva della gravità dello stesso ad opera della controparte".

2.2. -Il motivo è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 cod. proc. civ., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 1), 2), 3), 4) e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere , a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Al riguardo va ricordato che, nel caso di violazioni denunciate ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 1), 2), 3), 4) secondo il citato art. 366 bis, il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07): non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso nè che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.,secondo cui è,invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006,oltre all’effetto deflattivo del carico pendente, aveva inteso valorizzare,secondo quanto formulato in maniera esplicita nella Legge Delega 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 2, ed altrettanto esplicitamente ripreso nel titolo stesso del decreto delegato soprarichiamato. In tal modo il legislatore si era proposto l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere, giacchè la formulazione del quesito di diritto risponde all’esigenza di verificare la corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. In effetti, la ratio ispiratrice dell’art. 366 bis cod. proc. civ. era quella di assicurare pienamente la funzione, del tutto peculiare, del ricorso per cassazione, che non è solo quella di soddisfare l’interesse 1 del ricorrente ad una corretta decisione di quella controversia ma anche di enucleare il corretto principio di diritto applicabile in casi simili. Pertanto, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l’indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. Ne consegue che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile -come si è detto- di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (S.U. 3519/2008).

Nella specie, il quesito è generico, perchè non contiene alcun concreto riferimento alla fattispecie esaminata e all’accertamento compiuto dalla sentenza impugnata ed è tautologico, in quanto da per indiscusso ciò che doveva essere dimostrato ovvero che la sentenza si fosse limitata a una valutazione meramente soggettiva nella verifica della non scarsa importanza dell’inadempimento, laddove sarebbe stato necessario evidenziare, da un lato, quella che era stata la motivazione della sentenza impugnata e, dall’altro, il contenuto delle clausole pattuite in modo da dimostrare che la decisione non avrebbe tenuto conto dello obiettivo squilibrio del sinallagma contrattuale derivante dall’inadempimento dedotto.

3.1.- Il terzo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, censura la sentenza impugnata laddove non aveva preso affatto in esame i corretti rilievi evidenziati dal giudice di primo grado in ordine alle condotte mantenute dalla società EMMERRE rispetto a quelle della D.T. ed aveva disatteso arbitrariamente e del tutto i corretti rilievi formulati dall’odierna ricorrente anche nella comparsa di costituzione e nella comparsa conclusionale. La sentenza gravata, con motivazione insufficiente e contraddittoria, era pervenuta all’erroneo giudizio senza tener conto dei rilievi che invece erano stati compiti dal tribunale a proposito:

a) della ricostruzione della volontà negoziale delle parti;

b) del principio di buona fede;

c) del comportamento tenuto dalle parti;

d) della conformità dei beni compravenduti all’ordine della odierna resistente;

e) della reale e sostanziale possibilità della D.T. di recarsi a visionare la mercè o comunque la possibilità di effettuare il pagamento alla consegna ed al monitoraggio dei mobili;

f) dell’erronea attribuzione di gravità dell’inadempimento.

3.2. -Il motivo va disatteso.

Innanzitutto, la censura difetta di autosufficienza laddove non trascrive il contenuto dei rilievi formulati ai quali si fa cenno, essendo estremamente generiche le indicazioni riportate di cui alle lettere a), b), c), d), e), f) di guisa da non consentire la verifica circa la fondatezza della censura.

Ciò premesso, la doglianza, pur facendo riferimento a vizi di motivazione, da cui la sentenza è immune, si risolve nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, che è evidentemente oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito. Ed invero, il motivo non formula specifiche censure a quella che è stata la ratio decidendi della sentenza impugnata laddove la sentenza, nel fare riferimento a quelle che erano state le pattuizioni contrattuali, ha evidenziato il precipuo interesse della compratrice al rispetto della clausola con cui, a modifica del precedente accordo, era stata stabilita la preventiva verifica della dimensioni dei mobili, essendo emerso come la ditta che doveva fornire la merce alla venditrice aveva comunicato di non essere in grado di rispettare le dimensioni stabilite nel contratto intercorso fra le attuali parti: la clausola, volta ad assicurare che la merce consegnata fosse conforme alla prestazione convenuta e, quindi, l’esatta attuazione del sinallagma contrattuale, era stata apposta proprio per consentire all’acquirente di potere valutare le paventate difformità prima che la merce fosse trasportata nell’abitazione della medesima e prima del versamento dell’importo di gran parte del prezzo dovuto. E i Giudici si sono conformati ai principi in tema di risoluzione del contratto, a stregua dei quali la verifica della non scarsa importanza dell’inadempimento va compiuta, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., tenendo conto della sua effettiva incidenza sul sinallagma contrattuale, essendo compito del giudice valutare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto alla stregua dell’economia complessiva dello stesso:

peraltro, il valore della prestazione inadempiuta o non esattamente adempiuta in rapporto al sinallagma contrattatale (criterio oggettivo) deve essere considerato unitamente alla valutazione dell’interesse della controparte all’altrui adempimento(criterio soggettivo); in particolare, la sentenza ha verificato tale interesse pur sempre in base all’utilità obiettiva, cioè a quella risultante dal regolamento contrattuale, non potendo lo stesso essere rimesso alla soggettiva valutazione del creditore.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.600,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.400,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

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