Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-10-2011) 30-11-2011, n. 44588

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 19/10/2010 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza 27/7/2009 del GUP del Tribunale di Vogherà con la quale D.F.G.G. era stato condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione quale responsabile dei reati di incendio dell’appartamento da lui condotto, sito in (OMISSIS), di proprietà della Curia Vescovile di Tortona, nonchè di danneggiamento di suppellettili ed interni dell’appartamento in questione.

La Corte, sottolineato che l’imputato non aveva contestato la sua volontaria condotta di accensione del fuoco per ritorsione nei confronti della propria convivente, ha disatteso la tesi difensiva volta a diversamente qualificare i fatti riconducendoli alla fattispecie di cui all’art. 424 cod. pen., rilevando che le modalità della condotta ed in particolare l’utilizzo di un quantitativo rilevante di benzina e lo spargimento di essa su un numero cospicuo di oggetti siti in luoghi disparati dell’abitazione, fra essi compresa la porta del bagno che era l’unico elemento infiammabile di tale locale, erano indicative dell’inequivoco intendimento dell’imputato di incendiare l’intero appartamento. Nè rilevava, secondo la Corte di merito, il fatto che l’imputato stesso avesse provveduto a richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco, dovendo tale comportamento essere ricondotto a mera tardiva resipiscenza.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato con atto del 3/12/2010 nel quale ha lamentato, con unico motivo, erronea applicazione di legge.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso non meriti alcuna condivisione.

Il ricorrente ha reiterato il proprio assunto circa la riconducibilità dei fatti al delitto di cui all’art. 424 cod. pen. evidenziando le modalità della condotta indicative del dolo specifico richiesto da tale norma e non già del dolo generico e diverso contemplato dall’art. 423 cod. pen., tanto più se considerata la circostanza dell’utilizzo soltanto di una parte della benzina contenuta nella tanica.

Ad avviso del Collegio la Corte di Milano ha fatto corretta applicazione del principio enunciato da questa Corte per il quale si configura il delitto di incendio – e non quello del danneggiamento seguito da incendio – se l’autore agisce, oltre che con il fine di danneggiare, con la coscienza e volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni di un fuoco di non lievi proporzioni (in tal senso Cass. sentenze n. 6250 del 2009 e n. 16295 del 2010). La Corte di merito, infatti, ha enumerato adeguatamente gli indici che facevano ritenere indiscutibile la volontà di appiccare un incendio suscettibile di vasta estensione e di grave pericolo (la quantità del liquido incendiante usato – il cospargimelo di più oggetti, distanti in guisa da attivare più focolai – il cospargimelo della porta di legno del bagno) ed ha anche escluso alcun rilievo al comportamento di tardiva resipiscenza assunto dal D.F..

Su tali basi, rettamente applicate le norme e congruamente motivata la propria valutazione, non resta che respingere il ricorso con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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