Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2012, n. 10200 Vendita di immobili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza resa pubblica il 15 maggio 2006, la Corte d’appello di Palermo accoglieva il gravame interposto da Se.Sa.

avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, invece, aveva accolto la domanda proposta in via principale dal promissario acquirente S.R. di risoluzione del contratto preliminare, stipulato Inter partes il 27 maggio 2000, di compravendita di una porzione di villa bifamiliare sita nel Comune di Isola delle Femmine (il quale S., in subordine, aveva instato anche per la nullità del contratto a motivo della indeterminatezza ed indeterminabilità del suo oggetto), con condanna del convenuto promittente venditore Se. al pagamento del doppio della caparra, nella misura di L. 10 milioni.

1.1. – Il giudice di primo grado riteneva, infatti, che la situazione di irregolarità amministrativa nella quale versava l’immobile oggetto di compravendita – quanto, segnatamente, all’impianto di scarico fognario – non sarebbe dovuta sussistere già al momento della sottoscrizione del preliminare, là dove, peraltro, il promittente venditore, una volta edotto della volontà del promissario acquirente di risolvere il contratto, non aveva fatto nulla per assicurare quest’ultimo su tale regolarizzazione.

1.2. – Diversamente opinando, la Corte territoriale osservava, invece, che dalle clausole contrattuali (punti 1 e 2), delle quali non poteva operarsi una "fusione" e darsene così una lettura congiunta "erronea e fuorviante", risultava che il promittente venditore aveva garantito la conformità dell’immobile alle norme urbanistico-edilizie soltanto all’atto della stipula del contratto definitivo di compravendita, sicchè il fatto (incontestato) che lo scarico fognario non fosse in regola con la vigente normativa al momento della sottoscrizione del preliminare non incideva sulla relativa validità ed efficacia. Nè, del resto, assumeva rilievo uno specifico obbligo del Se. di assicurare allo S. che avrebbe provveduto alla regolarizzazione dell’impianto fognario, posto che siffatta attività già rientrava tra le obbligazioni gravanti sul promittente venditore, da adempiere entro la data fissata per la stipula del contratto definitivo.

Di qui, pertanto, l’insussistenza dell’inadempimento del Se.

e la consequenziale reiezione delle domande proposte in primo grado dallo S., con ulteriore accoglimento della domanda, avanzata dal Se. in appello, ai sensi dell’art. 1385 cod. civ., comma 2, di ritenzione della caparra confirmatoria di L. 5 milioni, a suo tempo versata dallo S., il quale aveva opposto un rifiuto ingiustificato all’adempimento del contratto; il tutto, con il favore delle spese del doppio grado per l’appellante vittorioso, cui seguiva la reiezione dell’appello incidentale in punto di determinazione delle spese processuali da parte del primo giudice.

2. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo ha proposto ricorso S.R., affidando le sorti dell’impugnazione a due distinti motivi, depositando, in prossimità dell’udienza, memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Se.Sa., ritualmente intimato, non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. – Con il primo mezzo, internamente articolato, è denunciato il vizio di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5.

1.1. – Il ricorrente si duole, anzitutto, che la Corte territoriale – nonostante la questione posta dall’attore in primo grado riguardasse "in primo luogo la mancanza del certificato di abitabilità ed in secondo luogo il fatto che, anche se il promittente venditore avesse adempiuto agli altri adempimenti richiesti per il rilascio dell’abitabilità, come le opere di urbanizzazione primaria, tale certificato in nessun caso avrebbe potuto essere rilasciato in presenza di scarichi fognari fuori legge" – abbia omesso qualsivoglia motivazione "in merito alla denunciata mancanza del certificato di abitabilità limitando la sua motivazione solo sulla irregolarità dello scarico fognario". In definitiva, dovendo il venditore, ai sensi dell’art. 1477 cod. civ., comma 3, mettere a disposizione dell’acquirente il certificato di abitabilità, onde realizzare la funzione economico-sociale del contratto di compravendita immobiliarer sarebbe insufficiente la motivazione della decisione impugnata in ordine al fatto controverso della dedotta assenza di tale certificato "per ottenere il quale non sarebbe stato sufficiente regolarizzare il sistema fognario ma sarebbero occorsi altri adempimenti tra i quali le opere di urbanizzazione primaria".

1.1.2. – In secondo luogo, il giudice del gravame avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla prospettazione dell’appellato sulla necessità di interpretare il contratto anche alla luce del comportamento posteriore alla sua conclusione, là dove il promittente venditore, a fronte della contestazione del promissario acquirente, avrebbe ribadito, contrariamente a buona fede e correttezza, che la mancanza del certificato di abitabilità non sarebbe stato ostativo alla conclusione della compravendita. Dunque, la motivazione della Corte d’appello sarebbe carente quanto al momento in cui l’immobile promesso in vendita "avrebbe dovuto risultare conforme alle norme urbanistico-edilizie ed in regola con le leggi vigenti", avendo limitato la propria interpretazione alla clausola di cui al punto 1 del contratto (per cui l’immobile sarebbe stato "trasferito al momento del rogito notarile in conformità alle norme urbanistico-edilizie, in regola con le leggi vigenti…"), senza tener conto di quella al punto 2 (secondo la quale "l’immobile verrà trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trova"). Nè, peraltro, sarebbe stata presa in considerazione la condotta del Se., quale contraria a buona fede e correttezza, posto che egli avrebbe fatto credere allo S., in ragione della equivocità delle clausole contrattuali, "che l’immobile fosse già in regola con la legge, tenuto conto che in mancanza di contraria precisazione, l’osservanza della legge (cioè lo stato di legalità) non può non essere presupposta".

1.2. – Il motivo è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile.

1.2.1. – E’ infondato quanto al primo profilo di censura, giacchè non sussistono le dedotte carenze motivazionali della sentenza impugnata.

Difatti, da quest’ultima emerge chiaramente che il thema decidendum, sin dal primo grado di giudizio, si è incentrato effettivamente sull’assenza del certificato di abitabilità dell’immobile promesso in vendita, seppur radicandosi la ragione essenziale di siffatta carenza proprio sulla irregolarità degli impianti di scarico fognario in dotazione dell’immobile medesimo. Del resto, in tal senso si palesa lo stesso contenuto dell’atto di citazione dello S. – su cui si sofferma lo stesso ricorso per cassazione, trascrivendone talune parti – ove il collegamento tra mancato rilascio del certificato anzidetto e l’irregolarità degli scarichi fognari dell’immobile è posto in risalto sia nella parte narrativa (v. pag. 3), sia, in modo viepiù significativo, nelle stesse conclusioni (v. pag. 4), chiedendosi al Tribunale palermitano di "ritenere e dichiarare che l’immobile oggetto della proposta d’acquisto dedotto in giudizio se munito di scarichi in pozzo nero perdente non è in regola con le leggi vigenti conseguentemente dichiarare la risoluzione della proposta d’acquisto".

In siffatta prospettiva si è, dunque, coerentemente orientato il giudice del gravame nel dar conto che l’irregolarità amministrativa dedotta in giudizio, impediente il rilascio del certificato di abitabilità, avrebbe dovuto essere sanata, in ogni caso, al momento della stipula del contratto definitivo, non potendo così trovare giustificazione una repentina azione di risoluzione contrattuale – con citazione notificata il 24 giugno 2000 -rispetto alla stipula del negozio avvenuta il precedente 27 maggio; ed anzi costituendo inadempimento del promissario acquirente il rifiuto di dar corso all’adempimento del preliminare di compravendita.

Motivazione, questa, che si colloca nell’alveo dei principi enunciati da questa Corte in tema di consegna del certificato di abitabilità dell’immobile ad uso abitazione oggetto del contratto di compravendita, che non costituisce di per sè condizione di validità del negozio, ma integra un1obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 cod. civ., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto (Cass., sez. 2^, 16 giugno 2008, n. 16216). Con l’ulteriore precisazione che la mancata consegna di detto certificato implica un inadempimento il quale, tuttavia, non è, di per sè, tale da comportare necessariamente la risoluzione del contratto, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene (Cass., sez. 2^, 31 maggio 2010, n. 13231).

Sicchè, ove dalla disciplina negoziale che obbliga le parti di un contratto preliminare di compravendita di immobile ad uso abitazione non si desuma che la consegna del certificato di abitabilità dell’immobile debba avvenire, o si renda necessaria, ancor prima del momento in cui è fissata la consegna dell’immobile, cui il certificato stesso accede (ex art. 1477 cod. civ., comma 3), l’obbligazione dovrà essere adempiuta, per l’appunto, con la consegna del bene, che, di norma, si realizza al momento della stipula del contratto definitivo.

Non si discosta dal principio appena affermato la stessa giurisprudenza evocata dal ricorrente e, in particolare, Cass., sez. 2^, 22 settembre 2000, n. 12556 e Cass., sez. 2^, 28 marzo 2001, n. 4513 (che fanno puntuale riferimento al preliminare di compravendita), posto che l’obbligo di consegna del certificato di abitabilità, che nelle richiamate pronunce si fa gravare già sul promittente venditore, è tale in quanto originato dalle specifiche previsione pattizie che legano i contraenti del preliminare di vendita, che, in entrambe le fattispecie allora esaminate, stabilivano la anticipata consegna dell’appartamento con contestuale pagamento del saldo del prezzo e la stipula del definitivo in una data successiva (come si evince già dalla massima della pronuncia del 2001 e dalla motivazione di quella del 2000).

1.2.2. – Del resto, ciò è quanto, nella sostanza, racchiude il fondo della complessiva censura e che, segnatamente, si chiede di scrutinare con il secondo profilo del motivo, deducendosi un vizio di motivazione della sentenza sul momento in cui avrebbe dovuto essere consegnato il certificato di abitabilità.

Ma sotto tale profilo la censura del ricorrente si palesa inammissibile, giacchè con essa si richiede in realtà di ricostruire la volontà delle parti, là dove il sindacato di legittimità deve esclusivamente limitarsi all’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare, per l’appunto, se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass., sez. 3^, 31 marzo 2006, n. 7597; v. anche Cass., sez. Ili, 15 febbraio 2007, n. 3468; Cass., sez. Ili, 15 marzo 2005, n. 5624). Sicchè, per sfuggire al sindacato di questa Corte, giudice della legittimità, l’interpretazione fornita dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; con la conseguenza che, allorquando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (così Cass., sez. 3^, 20 novembre 2009, n. 24539).

E ciò è quanto veicola la censura in esame, tramite la quale il ricorrente non fa altro che proporre, inammissibilmente, la propria lettura del contenuto contrattuale, diversa da quella plausibilmente fornita dal giudice del merito. Questi, infatti, ha soffermato la propria attenzione su entrambe le clausole contrattuali (nn. 1 e 2, sopra riportate), negando però logicità e congruenza all’interpretazione congiunta, di "fusione" delle previsioni pattizie anzidette, proposta dall’appellato, reputando invece necessario considerare disgiuntamente, collocandole su piani diversi, la condizione del trasferimento dell’immobile in conformità alle norme urbanistico-edilizie, in regola con la normativa vigente "al momento del rogito notarile", dalla condizione per cui lo stesso immobile sarebbe stato trasferito nello stato di fato e diritto "in cui attualmente si trova" riferito, però, alle pertinenze, alle servitù, alle parti comuni ed al regolamento condominiale.

2. – Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e/o del procedimento per omessa pronuncia sulla domanda subordinata di nullità del contratto per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto dello stesso.

Il ricorrente rileva di aver riproposto, nella comparsa d’appello e nelle conclusioni svolte nello stesso grado, tutte le domande avanzate dinanzi al Tribunale "e non esaminate perchè assorbite dalla decisione adottata" e, in particolare, la domanda di nullità anzidetta. Domanda che, secondo quanto si legge nella comparsa conclusionale in primo grado, atterrebbe, segnatamente, all’indeterminatezza dell’oggetto del contratto, posto che, trattandosi di compravendita di villa bifamiliare, non sarebbe stato "determinato per iscritto di quale delle due o più porzioni si tratta nè quale delle innumerevoli ville site in via Passaggio Della Lepre di Isola delle Femmine si tratti", non risultando altresì comprensibile il fatto che "l’indeterminata porzione di villa bifamiliare sarebbe stata di vani 11 D catastali 9, su un lotto di mq. 1470", nè si comprenderebbe "quanta parte del lotto di terreno di mq. 1470 sul quale insiste la villa bifamiliare veniva promesso in vendita, nè esattamente quale porzione di esso".

La Corte territoriale, osserva lo S., avrebbe "ignorato totalmente la domanda".

A conclusione del motivo, il ricorrente ha formulato quesito di diritto, ex art. 366 bis cod. proc. civ., in ordine alle conseguenze dell’omessa pronuncia, ridondanti nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..

2.1. – Il motivo va accolto.

Risulta evidente non solo dalla comparsa di costituzione in appello dello S. – atto cui questa Corte ha accesso in ragione della natura del vizio dedotto, che consente un’estensione del sindacato al fatto processuale sul quale si incentra la censura (v. di recente, tra le tante, Cass., sez. 6- 2^, 11 gennaio 2012, n. 164) – ove espressamente "si ripropongono tutte le domande proposte nel giudizio di primo grado e non esaminate perchè assorbite dalla decisione adottata, con particolare riferimento alla domanda subordinata di nullità del contratto per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto con le conseguenze che ciò comporta" (p. 9), ma dalle stesse conclusioni dell’appellato trascritte nella sentenza impugnata, nelle quali si da conto che lo stesso, dopo aver chiesto il rigetto del gravame interposto dal Se., ha instato, "in subordine", per la declaratoria di "nullità del contratto preliminare dedotto in giudizio per indeterminatezza ed indeterminabilità del suo oggetto" (oltre alla consequenziale condanna del medesimo Se. alla restituzione della caparra di L. 5 milioni).

Nessuna statuizione ha assunto la Corte d’appello su tale domanda di nullità, non rinvenendosi in sentenza alcuna argomentazione nella quale possa riconoscersi un esame della stessa. Esame che si rendeva, però, necessario, posto che la stessa Corte, una volta esclusa la fondatezza della domanda, avanzata in via principale dallo S., di risoluzione contrattuale accolta dal Tribunale, avrebbe dovuto affrontare lo scrutinio della domanda di nullità dello stesso contratto preliminare proposta in via subordinata dal medesimo S. e da questi reiterata in appello, che il primo giudice non aveva esaminato giacchè assorbita dall’accoglimento della domanda principale.

La riscontrata omessa pronuncia, integrante la denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., comporta l’annullamento, con rinvio, della sentenza in relazione al vizio veicolato dal motivo accolto, dovendo, quindi, il giudice del merito esaminare la domanda di nullità contrattuale proposta dallo S., oltre a provvedere anche al regolamento delle spese del presente grado.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che provvederà anche al regolamento delle spese del presente grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

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