Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2012, n. 10195 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- M., W. e D.L.L. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Verona R.B. e C. F. per sentirli condannare alla demolizione dell’intero edificio di loro proprietà, confinante con quello degli istanti, che era stato ricostruito con ampliamenti in violazione delle distanze legali.

Si costituiva la F., chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza n. 851/04 il Tribunale, accertato che con i lavori di ristrutturazione l’edificio dei convenuti era stato variamente modificato e che erano stati realizzati singoli manufatti in violazione delle distanze legali, ordinava la demolizione di quelle parti dell’edificio eccedenti la sagoma originaria.

Proposto appello principale da parte dei convenuti e incidentale dagli attori, con sentenza dep. il 28 dicembre 2009, la Corte di appello di Venezia respingeva quello spiegato dai primi e, in accoglimento dell’incidentale, condannava i convenuti ad arretrare l’edificio di loro proprietà fino al limite della distanza di metri cinque dal confine e di metri dieci dal fabbricato degli attori.

Secondo i Giudici di appello, il Tribunale erroneamente aveva ritenuto che l’intervento edilizio compiuto dai convenuti integrasse soltanto una ristrutturazione posto che essendovi stata demolizione di tutta la muratura perimetrale ed aumento delle componenti essenziali dell’edificio che era stato sopraelevato rispetto alla consistenza originaria, si era in presenza di una ricostruzione alla quale, secondo le locali norme urbanistiche, andavano applicate le norme in materia di distanze. Al riguardo, nel rilevare che l’edificio non era alla distanza prescritta dall’art. 70, comma 2 del regolamento edilizio del Comune di Verona, la sentenza riteneva che il Tribunale aveva applicato l’art. 15 del regolamento edilizio e tale statuizione non era stata censurata dai convenuti i quali con l’appello avevano denunciato l’applicabilità dell’ordinanza sindacale n. 89466/96 che, secondo il loro assunto, avrebbe introdotto la misurazione delle distanze secondo il calcolo radiale e non lineare, calcolo che peraltro, secondo l’interpretazione del citato l’art. 15 del regolamento edilizio data dai Giudici, era già prevista da tale disposizione.

2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione R. B. e F.C. sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso gli intimati proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a un unico motivo.

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 15 NTA del PRG del Comune di Verona, censura la decisione gravata che, nell’interpretare erroneamente tale disposizione, aveva ritenuto che le distanze dovessero essere calcolate in modo radiale e non lineare quando tale modalità era stata per la prima volta stabilita con l’ordinanza sindacale del 18 ottobre 1996, non applicabile alla specie, posto che in precedenza il Comune aveva sempre adottato il metodo di calcolo lineare secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, come si desumeva anche dalla concessione edilizia rilasciata ad essi ricorrenti.

1.2. – Il motivo va disatteso.

La sentenza ha ritenuto che la questione circa l’applicazione e l’Interpretazione del regolamento edilizio non era stata oggetto di censura con i motivi di appello, pur essendo stata oggetto di esame e di decisione da parte del Tribunale che proprio in base a tale norma e non all’ordinanza sindacale richiamata, aveva considerato violata la prescritta distanza fra fabbricati : in particolare, i Giudici hanno evidenziato che le disposizioni di cui alla predetta ordinanza erano meramente esplicative delle norme del regolamento che già prevedevano la misurazione radiale laddove facevano riferimento alla distanza tra fabbricati non prospicienti. Ne consegue che, in merito alla l’Interpretazione dell’art. 15 del regolamento edilizio e alla sua violazione – che sono state ritenute poste a base della decisione di primo grado – la sentenza impugnata aveva ritenuto la formazione della cosa giudicata preclusiva di ogni altro esame : pertanto, il ricorrente avrebbe dovuto censurare tale ratio decidendi, dimostrando di avere con i motivi di appello formulato specifiche critiche all’applicazione e all’interpretazione del regolamento edilizio compiute dal Tribunale.

2.1. – Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione del regolamento edilizio del Comune di Verona e dell’art. 70 dello stesso, censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che l’intervento realizzato dai convenuti integrasse una ricostruzione e non una semplice ristrutturazione, quando il regolamento edilizio citato identifica quest’ultima in ogni intervento rivolto a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tale intervento comprende il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi, le eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi. In particolare il regolamento prevede la ristrutturazione con aumento di volume che per l’appunto era configurabile nella specie, atteso che ancora le norme regolamentari prevedono la demolizione dell’originario edificio, se non vietata dalle norme urbanistiche, e che la ristrutturazione potrà avvenire tramite fedele ricostruzione del fabbricato preesistente, in deroga dall’osservanza di eventuali maggiori limiti posti dallo strumento urbanistico.

2.2. -Il motivo va disatteso.

Occorre premettere che la nozione di ricostruzione e di ristrutturazione di un fabbricato è desumibile esclusivamente dalla legge statale (L. 5 agosto 1978, n. 457; D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3)), che ne contengono la formulazione e non può subire deroghe da parte delle norme dei regolamenti edilizi che hanno natura di norme secondarie e che, per il richiamo di cui all’art. 873 cod. civ., sono integratrici delle norme dettate dal codice civile limitatamente alla sola facoltà di stabilire una "distanza maggiore" In particolare, anche a stregua di quanto previsto dal citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, lett. d) che, accanto alla ristrutturazione meramente conservativa prevede la ristrutturazione "ricostruttiva" attraverso la demolizione dell’edificio, gi interventi di tale secondo tipo non possono comunque dare luogo a modificazioni della volumetria e della sagoma preesistenti: nella specie, è stato accertato che l’edificio realizzato dai convenuti era stato ampliato quanto all’altezza, alla superficie coperta, al volume e alla sagoma; la sentenza, pur avendo escluso che si potesse trattare di nuova costruzione, ha peraltro correttamente applicato l’art. 70, comma 2, del locale regolamento edilizio che impone il rispetto delle distanze vigenti nel caso di ricostruzione.

Il ricorso principale va rigettato, mentre è assorbito l’incidentale condizionato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti principali, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale assorbito l’incidentale.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

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