Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-10-2011) 30-11-2011, n. 44403 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 13.2.1996, in riforma della sentenza assolutoria 4.5.1994 del Pretore di Pompei, appellata dal P.G.:

a) affermava la responsabilità penale di D.C.C. in ordine ai reati di cui:

– alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), (per avere realizzato un gazebo, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, senza la necessaria concessione edilizia – acc. in (OMISSIS));

– alla L. n. 1986 del 1971, artt. 2, 4, 13 e 14;

– alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies. e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., la condannava alla pena complessiva di giorni 20 di arresto e L. 21.000.000 di ammenda, concedendo i doppi benefici ed ordinando la demolizione del manufatto abusivo;

b) dichiarava estinte, per intervenuta prescrizione, le contravvenzioni di cui alla L. n. 64 del 1974, artt. 1, 2 e 20 ed all’art. 734 c.p..

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputata, la quale ha eccepito: – violazione della L. n. 47 del 1985, art. 38, per la mancata sospensione del procedimento in seguito alla presentazione di domanda di condono edilizio ai sensi della L. n. 724 del 1994;

– violazione di legge, in quanto i reati si sarebbero dovuti considerare estinti per condono in seguito al pagamento dell’intera oblazione;

– violazione di legge, in quanto i lavori eseguiti – asseritamente consistiti nella mera traslazione, a breve distanza, di una struttura smontabile in ferro già anteriormente autorizzata e comunque non idonea ad incidere sull’assetto del territorio – non sarebbero assoggettati al regime della concessione edilizia;

– la intervenuta prescrizione dei reati.

Tenuto conto della domanda di "condono edilizio" presentata ex L. n. 724 del 1994, art. 39, questa Corte – all’udienza del 15.7.1996 – ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 38.

Il Comune di Pompei, con nota dal 14.4.2005, ha comunicato che:

– l’oblazione versata risulta "congrua per quanto dichiarato" nella demanda di sanatoria, mentre non ha fornito risposta alla successive richieste di questa Corte rivolte a conoscere se l’oblazione medesima sia "congrua" in relazione alle opere edilizie effettivamente realizzate ed accertate nella loro consistenza dagli organi comunali (e non alle sole prospettazioni ed ai calcoli effettuati dall’interessata in sede di richieste del condono);

– non è intervenuta la prescritta autorizzazione paesaggistica;

– "la pratica non risulta istruibile per carenza documentale".

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

1. In tema di condono edilizio, nel caso di operatività della sospensione ex L. n. 47 del 1985, art. 44 o 38, se il giudice, per errore, non sospende un procedimento sospendiate, non si produce per ciò alcuna nullità, essendo tale omissione – in relazione al principio di tassatività delle nullità – priva di sanzione processuale (vedi Cass., Sez. 3: 15.2.2005, Benzo ed altra; 3.7.1998, n. 7847, Todesco ed altri; 27.7.1995, n. 8545, D’Apice e, con riferimento alla sospensione ex L. n. 47 del 1985, art. 38, in seguito alla effettiva presentazione della domanda di condono, Cass., Sez. 3: 10.12.1997, n. 11334, Fede e 20.6.1995, n. 7021, Spettro).

L’omissione della sospensione neppure comporta una incompetenza funzionale temporanea, ma solo un vizio "in procedendo", rilevante qualora sussista un interesse concreto ed attuale a dedurlo (Cass, Sez. 3, n. 8545/95).

Deve ribadirsi, in materia, il principio che la sospensione del processo, ex L. n. 47 del 1985, artt. 44 o 38, opera indipendentemente dalla pronuncia del giudice (che ha natura meramente dichiarativa), purchè sussistano i presupposti di legge.

Proprio per la natura dichiarativa, e non costitutiva, della sospensione, non è necessario un formale provvedimento giudiziale per la operatività di essa, che può essere accertata anche in sede di giudizio finale (Cass., Sez. 3, 14.5.1999, n. 6054, P.M. in proc. Bartaloni ed altri).

Nella fattispecie in esame la ricorrente non ha alcun interesse a lamentare il vizio "in procedendo" in questione, poichè non ha subito alcun pregiudizio, in quanto, in seguito all’avvenuta presentazione dell’istanza di condono, questa Corte di legittimità ha sospeso il procedimento, ex L. n. 47 del 1985, art. 38. 2. D condono edilizio di cui alla L. n. 724 del 1994 non può essere concesso – per gli interventi realizzati in zona vincolata ma non assolutamente inedificabile – in carenza della necessaria autorizzazione paesaggistica che, nella vicenda in esame, non risulta intervenuta. Per le opere abusive in zona sottoposta a vincolo paesistico l’effetto del condono si verifica, infatti, solo quando l’autorità preposta al vincolo, mediante una valutazione di compatibilità con te esigenze sostanziali di tutela, abbia ritenuto l’opera già eseguita suscettibile di conseguire il nulla-osta sanante.

La L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 7, aveva modificato la formulazione originaria della L. n. 47 del 1985, art. 32, prevedendo che: "Per le opere eseguite su immobili soggetti alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, e al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, relative ad ampliamento o tipologie d’abuso che non comportano aumento di superficie o di volume, il parere deve essere rilasciato entro centoventi giorni; trascorso tale termine il parere stesso si intende reso in senso favorevole".

Tale disposizione, però, fu abrogata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 43, ed il successivo comma 44 di detto articolo previde che "Il rilascio della concessione edilizia o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su immobili soggetti alle L. 1 giugno 1939, n. 1089, L. 29 giugno 1939, n. 1497, ed al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, nonchè in relazione a vincoli imposti da leggi statali e regionali e dagli strumenti urbanistici, a tutela di interessi idrogeologici e delle falde idriche nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali qualora istituiti prima dell’abuso, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga reso entro centottanta giorni dalla domanda il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto dell’amministrazione".

Nella fattispecie in esame non risulta rilasciato provvedimento sanante, nè è stato dimostrato che si sia formato silenzio-assenso in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 662 del 1996 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28-12-1996, n. 303, Supplemento ordinario).

Quanto alla possibilità – prospettata in ricorso – dell’applicazione della previsione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 39 (secondo la quale "l’effettuazione dell’oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue i reati contravvenzionali"), va rilevato che – pure quando si ritenesse (vedi, in tal senso, Cass., sez. 3, 15.10.1997, Mazzola) che il giudice penale, per dichiarare la estinzione dei reati urbanistici ed edilizi, non deve previamente accertare l’inesistenza di cause ostative alla sanatoria amministrativa (dovendo comunque pur sempre escludersi l’estinzione dei reati paesaggistici e la conservazione dell’opera abusiva) – l’imputata però, nella specie, non ha fornito la prova della integralità dell’oblazione da lei corrisposta nel senso della effettiva corrispondenza di quanto versato a quanto realmente dovuto. riconducibile alla nozione di "pertinenza urbanistica" ed è assoggettato al preventivo rilascio della concessione edilizia (oggi permesso di costruire).

4. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione dei reati scaduta in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell’atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).

5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille, in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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