Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2012, n. 10189 Novazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Provvedendo su contrapposte domande, l’una di risoluzione e risarcimento dei danni, proposta dalla Lillo Perelli & Figli s.n.c., promittente venditrice, e l’altra di ritenzione della caparra, proposta da B.I., promissaria acquirente, domande specularmente basate sull’inadempimento della parte avversa ad un contratto preliminare di vendita del 21,6.2002 e successive modificazioni e integrazioni, avente ad oggetto un terreno con capannone ad uso commerciale, il Tribunale di Pavia, adito dalla predetta società, rigettava la domanda principale accoglieva la domanda riconvenzionale della B..

Gravata dalla soc. P.L., tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Milano, che, condannava la B., accertatorie l’inadempimento, al pagamento in favore della società appellante della somma di Euro 157321,17, a titolo di corrispettivo per il godimento medio tempore dell’immobile.

Riteneva la Corte territoriale, andando in contrario avviso rispetto al giudice di prime cure, che la corretta interpretazione del contratto preliminare conducesse alla conclusione che il saldo prezzo di vendita, da versare contestualmente alla stipula del definitivo, avrebbe dovuto tacitare i creditori pignoratizi e ipotecari, previa acquisizione delle necessarie dichiarazioni di rinuncia alla procedura esecutiva pendente sull’immobile. Deponevano in tal senso:

a) gli accordi scritti, in quanto nel preliminare le parti davano atto che l’immobile era assoggettato ad una procedura esecutiva promossa da un istituto di credito, in essa intervenuti altri creditori, e convenivano che il bene dovesse essere trasferito "libero da tutte le iscrizioni pregiudizievoli e/o con definitivo assenso alla cancellazione da parte dei creditori iscritti, e che il termine fissato per la stipulazione del definitivo potesse essere prorogato "solo per consentire il perfezionamento ove necessario delle procedure di cancellazione e/o assenso alla cancellazione delle iscrizioni, che il promittente venditore porterà a termine a propria cura e spese"; aa) le successive modifiche contrattuali, con cui le parti avevano una prima volta confermato tale ultima previsione, ed una seconda volta posticipato il termine (che nel frattempo era stato, invece, anticipato) di stipula del definitivo, espressamente "fatta salva l’eventualità che il creditore procedente (Medio Credito Lombardo s.p.a.) frapponga ostacoli al suddetto spostamento del termine, nel qual caso le parti si impegnano a modificare, concordemente, la data di stipula del rogito notarile"; b) il comportamento comune tenuto dalle parti, la Lilli B. essendosi attivata per conseguire le dichiarazioni di rinuncia dei creditori alla procedura esecutiva, coinvolgere il notaio rogante in vista del deposito fiduciario a sue mani del saldo prezzo da destinare all’estinzione della ridetta procedura, e verificare la disponibilità del giudice dell’esecuzione a fissare apposita udienza per la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo; e per non aver la B., perfettamente consapevole di tutto quanto sopra, contestato o eccepito alcunchè, prestandovi, anzi, acquiescenza come dimostrato dalla corrispondenza intercorsa. Di conseguenza, concludeva la Corte milanese, la B., benchè consapevole della necessità di pagare il corrispettivo contestualmente al rogito notarile al fine di consentire la liberazione dell’immobile, non acconsentì alla conclusione del contratto definitivo, così impedendo senza giustificazione (salvo quella, non contemplata dal preliminare, di dover accedere ad un mutuo bancario) il perfezionamento delle trattative fra la società promittente e i creditori. Infine, quanto alla domanda di risarcimento dei danni arrecati all’immobile durante il periodo in cui la B. ne aveva goduto, rilevava che delle due perizie di parte prodotte allo scopo, una era irrilevante perchè indicante le opere da eseguire sul bene in vista della vendita, l’altra era incompleta, perchè facente riferimento, quanto allo stato dell’immobile al momento della riconsegna, ad altra perizia disposta nella procedura esecutiva e non prodotta in causa.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre B.I., con due motivi d’impugnazione.

Resiste con controricorso la Lillo Perelli & Figli s.n.c., che propone, altresì, ricorso incidentale affidato a un motivo.

Quest’ultima parte ha altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., artt. 1230 e 1231 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene al riguardo che la Corte d’appello ha sostanzialmente escluso la natura novativa degli accordi, esattamente ritenuta, invece, dal giudice di primo grado quanto alla variazione del termine di esecuzione, alle modalità di trasferimento del bene e alla variazione del prezzo, non considerando che l’espressa volontà delle parti, contenuta negli atti integrativi successivi, di mantenere ferme le pattuizioni del contratto preliminare diverse da quelle riguardanti questi ultimi aspetti, dimostra la novazione delle obbligazioni che, invece, furono modificate.

La diversa opinione della Corte d’appello, prosegue parte ricorrente, si basa, al contrario, su diverse condotte della società promittente venditrice, ma su un solo comportamento omissivo della parte promissaria. Quest’ultima, non soltanto ha sempre richiesto per iscritto l’estinzione di tutti i gravami esistenti sull’immobile, il che è incompatibile con ogni sorta d’acquiescenza, ma altresì, ove anche fosse stata a conoscenza dell’intento della promittente venditrice di acquisire gli assensi alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli piuttosto che provvedere alla loro definitiva eliminazione, non per questo avrebbe avuto alcun onere di comunicare il proprio dissenso alla P.L.. Pertanto, il comportamento valutato dalla Corte d’appello non può ritenersi comune alle parti, ma esclusivo della sola società promittente venditrice, con la conseguenza che l’interpretazione della Corte territoriale viola il disposto dell’art. 1362 c.c., anche in considerazione del fatto che il comportamento comune delle parti successivo alla stipula del contratto in nessun caso può evidenziare un consenso che vada al di fuori dello scritto originario.

1.1. – Il motivo è infondato.

Esso appare includente quanto alla dedotta novazione, cui non ricollega effetti oggettivamente favorevoli alla posizione della parte promissaria acquirente, visto che la novazione estinguerebbe l’obbligazione precedente sostituendola con altra, e che proprio la dedotta volontà comune di mantenere inalterato l’originario assetto contrattuale, mutato il solo termine di adempimento e il prezzo, depone semmai in senso esattamente opposto alla novazione, in quanto ai sensi dell’art. 1231 c.c. il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione di un termine e ogni altra modificazione accessoria dell’obbligazione non producono novazione.

Il motivo è, poi, infondato nel resto, perchè al fine di ricostruire la volontà comune delle parti, anche una condotta silente e circostanziata può essere valutabile nel contesto dell’interpretazione letterale, del parametro di buona fede, della situazione storica e sociale, nonchè della qualità delle parti e delle loro relazioni di affari (cfr. Cass. nn. 6162/07, 3403/04, 5363/97, 3957/83, 5743/81 e 1326/75).

2. – Il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, costituito dalla sussistenza stessa dell’assenso di tutti i creditori alla cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli alla data del 10.12.2002, fissata per il rogito, tema che era stato, invece, esaminato dal giudice di primo grado (pag. 4 sentenza Tribunale Pavia), il quale aveva rilevato che l’assenso alla cancellazione riguardava solo talune posizioni creditorie, tra le quali non vi erano quelle di maggior rilievo, e che, per giunta, il creditore procedente dopo averlo prestato l’aveva poi revocato.

2.1. – Il motivo è fondato.

La Corte territoriale ha ricostruito – sulla base di motivazione in parte qua non censurata – il comune intento contrattuale nel senso che il saldo prezzo di vendita, da versare contestualmente alla stipula del definitivo, avrebbe dovuto tacitare i creditori pignoratizi e ipotecari, previa acquisizione delle necessarie dichiarazioni di rinuncia alla procedura esecutiva pendente sull’immobile. Si legge nella sentenza impugnata che l’accordo prevedeva una complessa operazione in base alla quale "la soc. L. P., prima del rogito, si sarebbe procurata la rinuncia ai rispettivi crediti da parte dei propri creditori, i quali avrebbero presentato al Giudice dell’Esecuzione l’istanza di estinzione della procedura esecutiva, con conseguente cancellazione di trascrizioni e iscrizioni e liberazione dell’immobile dai pesi pregiudizievoli; a tal fine la B. avrebbe dovuto versare, al momento del rogito, il prezzo della compravendita necessario per il pagamento dei creditori; sia questi ultimi sia la B. sarebbero stati garantiti in quanto la somma versata quale corrispettivo sarebbe rimasta presso il notaio rogante a titolo di deposito fiduciario per essere subito destinata alla soddisfazione dei creditori, il che avrebbe consentito anche il materiale deposito dell’istanza di estinzione della procedura esecutiva; quindi la proprietà dell’immobile sarebbe stata trasferita alla B. libera da ogni peso pregiudizievole in conformità con gli accordi contrattuali".

2.1.1. – Orbene, ricostruita (giustamente) l’obbligazione della promittente venditrice in termini di risultato (cessione della proprietà dell’immobile promesso, libero da gravami), la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare l’esistenza, alla data fissata per la conclusione del contratto definitivo, dell’effettivo assenso di tutti i creditori iscritti e trascritti a che ipoteche e pignoramenti fossero cancellati coevamente alla stipula del contratto e a condizione del contestuale pagamento dei crediti, mentre si è limitata a riscontrare in senso affermativo solo che la soc. L. P. aveva "posto in essere ogni idoneo comportamento per adempiere all’obbligo contrattuale di trasferire la proprietà dell’immobile" libero dai suddetti gravami, "ottenendo la rinuncia del creditore procedente e dei creditori iscritti, subordinata solo al pagamento dei crediti con il prezzo della compravendita depositato presso il notaio".

Non è chiaro, pertanto, se e quando tali dichiarazioni di assenso dei creditori siano state rilasciate, atteso, da un lato, che la Corte territoriale parla di "idoneo comportamento per adempiere", e dall’altro, che afferma ottenuti gli assensi alla cancellazione dei gravami senza precisare quando ciò sarebbe avvenuto. Di riflesso, nell’incertezza su questi dati di fatto, non è valutabile in termini di inadempimento il rifiuto della promissaria acquirente di stipulare il definitivo di vendita.

3. – L’accoglimento della predetta censura assorbe l’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, col quale è dedotto il vizio di motivazione in ordine alla pronuncia di rigetto della domanda accessoria di risarcimento dei danni da deterioramento dell’immobile.

4. – Per quanto sopra considerato, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

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