Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-06-2012, n. 10184 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’8.12.2001 la soc. Edil Contract a r.l. (Edil Contract) convenne innanzi al Tribunale di Milano l’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento (ICP) per ottenere la risoluzione, per inadempimento della committente, dell’appalto 18.1.2001 e la invalidazione del recesso dalla stessa impartito in data 8.6.2001.

Espose di essere stata aggiudicataria di lavori di completamento e ristrutturazione di un edificio al rustico del presidio ospedaliero CTO di Milano per il corrispettivo di L. 5.407.613.987 ma di aver constatato che la situazione della statica dell’edificio era del tutto contrastante con quella emergente dalla relazione allegata al contratto e di avere rappresentato alla Azienda la necessità di disporre opportune correzioni ed integrazioni progettuali, ricevendo dalla stessa il provvedimento 11.6.1001 di risoluzione contrattuale per inadempimento della appaltatrice. Su tale premessa, e richiamate le conclusioni dell’ATP svolto innanzi al Tribunale adito, Edil Contract chiese la risoluzione e la condanna dell’appaltante a pagare la somma di L. 1.053.716.552 per compenso di lavori eseguiti, per mancato utile, per costi delle fidejussioni, per rimborso costi dell’ATP, per spese generali e costi di smobilitazione del cantiere.

L’Azienda Ospedaliere ICP si costituì negando la sussistenza di alcuna difformità inaspettata ed affermando che la mancata esecuzione era quindi imputabile all’Impresa, chiedendo di contro la condanna al pagamento della penale prevista e istando per la chiamata in garanzia della soc. Techint p.a. – Compagnia Tecnica Internazionale (Techint), alla quale era stata commessa la progettazione e la Direzione Lavori. Si costituì quindi la chiamata Techint eccependo la inammissibilità della domanda stante la presenza di clausola compromissoria inserita nel disciplinare di incarico dell’Azienda Ospedaliera ed osservando che la domanda di Edil Contract era infondata posto che essa aveva preso visione tanto degli elaborati progettuali quanto del cantiere ben prima di formulare offerta. Disposta istruttoria con acquisizioni documentali e CTU, il Tribunale con sentenza 24.7.2006 ha accolto parzialmente la domanda condannando l’Azienda Ospedaliera ICP a pagare a Edil Contract la somma di Euro 141.901 oltre interessi quale saldo prezzo dei lavori eseguiti. La sentenza è stata quindi appellata da Edil Contract e si sono costituite l’Azienda Ospedaliera ICP, che ha dispiegato appello incidentale, e la soc. Techint.

La Corte di Milano con sentenza 17.09.2009 ha rigettato l’appello di Edil Contract ed accolto l’appello incidentale sulla escussione della fidejussione, che ha dichiarato escutibile, e sul regime degli interessi, che ha ridisciplinato. Nella motivazione la Corte di merito ha osservato: A) Con riguardo alla questione della responsabilità per mancata esecuzione del contratto – questione decisiva con riguardo alle domande di Edi Contract e di ICP – doveva essere escluso, come statuito da primo giudice, che fosse giustificata la posizione della appaltatrice e legittima la sua diffida ad adempiere e doveva quindi essere confermata la disposta risoluzione per inadempimento di Edil Contract (in tal pronunzia restando assorbite perchè disattese le domande di Edil Contract verso ICP e la domanda di garanzia di ICP verso Techint e le connesse difese di quest’ultima). Ad avviso della Corte era stato correttamente applicato il disposto del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 71, comma 2, anche interpretato nella più riduttiva lettura dell’appellante per la quale l’attestazione dell’offerente era limitata alla constatazione della evidenza, posto che gli aspetti di difformità posti a base della diffida di Edil Contract erano di assoluta quanto immediata percepibilità e che l’attestazione di cui alla citata norma era stata accompagnata da eloquenti dichiarazioni dell’amministratore a carattere non formale; da ciò conseguiva la piena condivisibilità delle valutazioni del CTU sulla compatibilita delle incongruenze con la possibilità di realizzare l’opera appaltata.

B) In relazione alla questione della ultrapetizione della pronunzia del Tribunale di non escutibiltà della fideiussione rilasciata da CGF in favore di ICP – ultrapetizione che ICP ravvisava in concreto, avendo essa mai chiesto l’escussione ma solo la condanna di Edil Contract al pagamento della penale pattuita con la detta fideiussione e che riproponeva con il gravame – si doveva condividere l’assunto dell’appellante, per il quale l’unica domanda proposta e scorrettamente ritenuta infondata era quella di accertamento della esistenza di una penale e del diritto di essa committente a farla valere per effetto dell’inadempimento dell’appaltatrice Edil Contract. Era pertanto indubbia la denunziata ultrapetizione e doveva essere esaminata la domanda proposta da ICP, quella relativa al credito per la penale. Ma la domanda era infondata posto che la stipula della fidejussione non poteva far ritenere conclusa una pattuizione di una clausola penale, essendo diversi i soggetti e diversa la causa tra i due distinti schemi contrattuali. Nè da ultimo vi era prova del danno allegato alla base della domanda di ICP, tal prova (costituita dalla lettera 10.7.2001) provenendo dalla stessa creditrice e non dalla controparte ed essa essendo una nota interna dell’Ufficio tecnico diretta all’Ufficio legale di ICP ed elencante i danni patiti.

C) In relazione alla doglianza di ICP sulla estensione della condanna adottata dal primo giudice avente ad oggetto gli interessi, avendo riguardo all’accordo transattivo 29.10.2001, doveva affermarsi che gli interessi tanto legali quanto moratori sarebbero spettati ad Edil Contract (sulla somma di Euro 141.901 quale corrispettivo dei lavori eseguiti) solo dal 61 giorno successivo alla pubblicazione della sentenza di primo grado e sino al saldo.

Per la cassazione di tale sentenza Edil Contract ha proposto ricorso in data 16.3.2010 contenente sei motivi. Techint ha notificato controricorso il 23.4.2010. ICP a sua volta ha notificato controricorso il 29.4.2010 contenente ricorso incidentale affidato ad un motivo, al quale ha resistito Edil Contract con controricorso 8.6.2010. Edilcontract ed ICP hanno depositato memorie finali ed i difensori delle tre parti hanno discusso oralmente.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che tanto il ricorso di Edilcontract, nei suoi sei motivi, quanto l’incidentale di ICP debbano essere rigettati.

Il ricorso Edil Contract.

Primo motivo. Denunzia in primo luogo la violazione di legge commessa con la attribuzione alla dichiarazione di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, art. 71, comma 2, della portata di necessaria asseverazione di tutti i contenuti progettuali. Tale verifica incombe infatti sul committente, come fatto palese dalla previsione del regime di risolubilità per errore progettuale comportante varianti eccedenti il 20% (L. n. 109 del 1994, art. 25, comma 5 bis ed artt. 24 e 25 CGALLPP approvato con D.M. n. 145 del 2000). L’asseverazione di cui all’art. 71, comma 2 citato, del resto, ad avviso di Edil Contract, non poteva essere interpretata come clausola di esonero della responsabilità del committente per gravi errori progettuali ed in ogni caso non poteva essere assunta apoditticamente come fonte di un accertamento dei fatti: doveva infatti essere motivatamente valutato il complesso delle difformità denunziate ed accertate da ATP e CTU e non solo la difformità dei pilastri (essendo stata denun-ziata la difformità dei luoghi da altre specifiche previsioni progettuali, quali la presenza di rete fognaria in un locale interrato definito "inaccessibile" o la sussistenza di cedimenti del solaio relativo).

Secondo motivo: lamenta la omessa o travisata valutazione delle incongruenze ed imprecisioni progettuali, dalla quale sarebbe poi derivata la errata affermazione di rigetto delle domande risolutorie di Edil Contract: la Corte non avrebbe considerato come la CTU aveva evidenziato la difformità della relazione strutturale presentata all’atto della gara da quella allegata alla consegna dei lavori sia per la palese erroneità dei calcoli assunti a base della prima sia per la inesistenza nel progetto strutturale della indicazione della fogna nel vano montalettighe sia per la assenza dei dati afferenti il cedimento del solaio sia infine per la sottovalutazione del degrado degli intonaci o della imprecisione di molti altri dati. Terzo motivo: censura, in connessione con il secondo mezzo, la apoditticità della affermazione per la quale le incongruenze progettuali non fossero tali da determinare l’impossibilità di realizzare l’opera: la Corte non avrebbe considerato gli oneri di controllo e validazione da parte del committente imposti dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 47 ed attivati dalla nota 28.2.2001 di Edil Contract nè l’anomalia di una sostituzione progettuale officiosa (senza accordo con l’appaltante) nè ancora la mancata adozione della necessaria perizia di variante (resa indispensabile proprio dalla ineseguibilità delle opere strutturali secondo l’originario progetto). In quel quadro la sospensione da ogni lavoro da parte di Edil Contract, lungi dall’essere frutto di inadempienza, era invece preciso obbligo di legge.

I primi tre motivi vanno esaminati assieme in virtù della loro stretta connessione.

Emerge dalla lettura contestuale delle tre censure essere stata denunziata una falsa applicazione del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2 ed una totale omessa applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 25, commi 5 e 5 bis, novellata nonchè una correlata lettura parziale od illogica dei fatti accertati.

Ad avviso della ricorrente, una volta accertata – ed è dato pacifico – l’esistenza di incongruenze od imprecisioni progettuali (affermazione della Corte di merito) non si sarebbe potuta seguire la "opinione" del CTU di una sostanziale fattibilità e accollare all’appaltatore l’onere di prosecuzione in relazione alla sua sostanziale accettazione delle difformità.

Ritiene il Collegio che la lettura della citata disposizione data dalla Corte di merito sia corretta e ragionevole e che l’apprezzamento dei fatti sia immune da vizi logici.

La disposizione presa in esame dalla Corte territoriale rappresenta il chiaro quanto ragionevole punto di equilibrio tra la disciplina degli oneri di compiutezza della progettazione, gravanti sulla stazione appaltante (L. n. 109 del 1994, artt. 16 e 17), e la regola di accettazione del progetto e della sua fattibilità a carico del concorrente alla aggiudicazione, un punto oltre il quale si apre il terreno dei gravi errori o delle gravi omissioni progettuali che pregiudichino la stessa realizzabilità od utilizzabilità dell’opera (L. n. 109 del 1994, art. 25, comma 1, lett. D) e che conducono alle ammissioni delle varianti ed ai conseguenti esiti di mantenimento o risoluzione del contratto.

L’art. 71, comma 2 del regolamento, nell’indicare la portata della dichiarazione di "conoscenza" richiesta al concorrente con riguardo al progetto pone quindi una regola preliminare di affidamento nella fattibilità del progetto, contestualmente accollando al dichiarante le conseguenze delle sue negligenze nell’accertamento preliminare che gli compete e quindi escludendo che il conoscibile, quand’anche rilevante, possa considerarsi grave errore o grave omissione progettuale. In questa prospettiva la interpretazione ragionevole della disposizione – che vede la dichiarazione de qua sintomaticamente accompagnare l’offerta (stante la libertà di rapportare alla complessità dei lavori progettati l’entità del ribasso di prezzo dedotto in offerta) – è quella di onerare il concorrente di un controllo non certo cartaceo ma accurato e "sul campo" di fattibilità del progetto e remuneratività dell’offerta.

La chiarissima previsione di accesso sul luogo di esecuzione dei lavori e di un giudizio finale di realizzabilità dei lavori, di adeguatezza degli elaborati progettuali e di remuneratività dei prezzi, anche al netto del ribasso offerto, fa escludere che la previsione sia limitata ad una mera constatazione documentale o topografica e fa invece ritenere che restino fuori dell’onere di dichiarazione solo quelle inadeguatezze progettuali che siano affatto occulte all’esame documentale ed ispettivo.

In questo ambito interpretativo si è mossa la sentenza d’appello in disamina che ha correttamente applicato la norma, in tal guisa interpretata, in modo del tutto logico e compiuto. Ha affermato la Corte di Milano che i rilievi mossi dall’Impresa dopo soli 13 giorni riguardavano aspetti di fatto e progettuali di immediata percepibilità e quindi ricompresi nell’ambito di conoscibilità concreta che la disposizione di cui sopra accolla al concorrente. La Corte ha citato "per esempio" la questione delle errate dimensioni dei pilastri come ipotesi tipica di quanto fosse agevolmente controllabile confrontando con semplice misurazione progetto a stato dei luoghi. Ma è implicito – e quindi non si scorge alcuna decisiva omissione -che analoga valutazione – rispetto a quella del dato esemplificato – sia stata effettuata con riguardo al dato, altrettanto percepibile, della presenza di un condotto fognario nel luogo previsto per collocare un vano montalettighe o della percezione di cedimenti di solai o di degrado di intonaci. E la Corte ha aggiunto che analoghe precisazioni dell’amministratore delegato dell’Impresa integravano e completavano la effettività del controllo eseguito. Siffatte valutazioni sono dunque immuni dalle denunziate illogicità e resistono alle proposte censure.

Va dunque escluso che sia errata la valutazione della Corte di merito e quindi negata la possibilità di ricondurre alla L. n. 109 del 1994, art. 25, comma 1, lett. C e comma 5 bis come modificato dalla L. n. 415 del 1998, art. 9, comma 43, l’errore di progettazione al fine di scrutinare se l’omessa adozione della iniziativa di variante, con le conseguenze di cui ai commi 4 e 5, fosse ascrivibile a fatto e colpa dell’appaltante, ai fini divisati da Cass. 11052 del 2006.

Quarto motivo: esso contesta la correttezza e logicità della decisione di correlare la decorrenza degli interessi sulle somme dovute alla previsione del 61 giorno dopo la sentenza di primo grado, decorrenza desunta da una errata interpretazione dell’accordo transattivo 29.10.2001, accordo che la Corte aveva ritenuto, invece che un semplice pactum de non petendo temporaneo, addirittura come una intesa di rinunzia agli interessi. Il motivo di ricorso è infondato. La Corte di Milano, se pur con motivazione assai sintetica, ha fatto comprendere la sua valutazione per la quale la convenzione sulla temporanea non attivazione di pretese contenesse la pattuzione di inesigibilità dei crediti e pertanto non potesse non implicare la esclusione di alcuna correlata maturazione di interessi:

la motivazione è del tutto plausibile e logica e viene sol genericamente censurata per pretesa mancata considerazione di significative diverse previsioni (in realtà di evidente inconferenza, come si evince dalla lettura di pag. 53 del ricorso).

Quinto motivo: si duole che l’affermazione sulla ultrapetizione della pronunzia sulla domanda di escussione della polizza, domanda incontestabilmente mai proposta, abbia esaminato solo la domanda di ICP ma non quella articolata da Edil Contract che aveva sin dalla citazione chiesto dichiararsi inefficace l’escussione della polizza.

La censura non appare ammissibile posto che non viene esplicitato l’interesse a tale censura, in particolare in difetto di presenza in giudizio del garante, relativamente ad una questione che dalla Corte di merito è stato escluso essere esaminabile..

Sesto motivo: ci si duole della anomala condanna di Edil Contract a rifondere a Techint le spese di lite, vieppiù dopo che vennero compensate le spese di lite tra committente ed appaltatrice. Anche tale doglianza è infondata. La Corte territoriale da atto che la Techint è stata chiamata da ICP ma afferma che, siccome la domanda di garanzia era connessa e conseguente a quella, infondata, di Edil Contract, ne derivava la soccombenza di quest’ultima anche rispetto al chiamante. La statuizione è corretta (Cass. 23552.11-7674.08- 18205.07) alla luce del principio di causalità nelle spese: la domanda infondata dell’attore cagiona infatti le spese di chiamata del terzo da parte del convenuto e ne giustifica l’accollo al primo.

Ricorso incidentale di ICP. Censura la reiezione – con apodittica e superficiale motivazione – della domanda di risarcimento danni proposta da IPC in primo grado, da quel giudice disattesa, articolatamente riproposta nella comparsa di appello ai paragrafi da T1 a T4, domanda nella quale si indicava specificamente come il danno pari ad Euro 5.939 fosse stato determinato dal differenziale di sconto praticato al successivo aggiudicatario CMB e si indicavano gli allegati dai quali detto differenziale era desumibile.

Il ricorso non può ritenersi fondato. La Corte di merito ha esaminato la lettera "interna" 10,07.2001 rettamente negando efficacia probatoria diretta ad essa ma non ha esaminato gli altri documenti richiamati da quella nota 10.07.2001, oggi indicati, prodotti in causa e che, a detta della ricorrente incidentale, comprovavano il differenziale economico (il nuovo contratto con CMB recante mi-nor sconto del 0,18% rispetto a quello con Edil Contract).

Il dato documentale è pertinente ed esaustivamente indicato ma la omessa valutazione non appare rilevante, posto che se è ben vero che Edil Contract aveva offerto ribasso del 16,12% rispetto al 15,94% del successivo aggiudicatario è anche vero che l’importo aggiudicato alla prima (L. 6.400.000.000) era ben superiore a quello della seconda aggiudicazione (L. 6.250.000.000) e quindi dato disomogeneo senza che la inferiore somma aggiudicata fosse documentato essere addebitabile ad opere già eseguite o, invece, non più aggiudicate.

Respinti i ricorsi, graveranno sulla ricorrente principale le spese della controricorrente Techint. Quanto alle spese sostenute da ICP appare conforme alla misura della reciproca soccombenza nelle due impugnazioni disporre per la integrale refusione a carico di Edil Contract delle spese sostenute dalla controricorrente e ricorrente incidentale ICP.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna la soc. Edil Contract a corrispondere le spese di giudizio determinate per A-zienda Ospedaliera ICP in Euro 8.200 (di cui Euro 200 per esborsi) e per la soc. Techint in Euro 6.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre a spese generali ed accessori di legge per entrambe le liquidazioni.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

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