Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-11-2011) 01-12-2011, n. 44612 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con sentenza in data 16/11/2010, la Corte di Appello per i Minorenni di Torino, pur riducendo la pena, confermava la sentenza con la quale, in data 15/05/2009, il g.u.p. del Tribunale per i Minorenni della medesima città aveva ritenuto B.F. responsabile del delitto di ricettazione di un telefono provento di una rapina ai danni di T.A.. p. 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo VIOLAZIONE dell’art. 423 c.p.p., comma 2, per avere la Corte respinto l’eccezione secondo la quale la sentenza di primo grado era affetta da nullità in quanto il g.u.p., su richiesta del P.M., aveva modificato l’imputazione contestando un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio senza il richiesto consenso dell’imputato. Costui, infatti, originariamente imputato del reato di concorso in rapina del cellulare, successivamente, all’esito dell’istruttoria, fu imputato e condannato del diverso delitto di ricettazione ossia di un fatto nuovo, estraneo ed indipendente dal reato precedentemente contestato.

Motivi della decisione

p. 1. In punto di fatto, è pacifico quanto dedotto dal ricorrente.

La Corte territoriale ha respinto l’eccezione di nullità con la seguente motivazione: "non sussiste l’eccepita nullità tenuto conto che non si è in presenza di un fatto nuovo essendo solo emerso che lo stesso risultava diverso da come era descritto nell’imputazione per cui correttamente è stata effettuata la contestazione ai sensi dell’art. 423 c.p.p., comma 1. Va altresì evidenziato che il precetto dell’art. 521 c.p.p., comma 1, che enuncia il principio della correlazione tra accusa e sentenza, va inteso non in senso "meccanicistico e formale" ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella cioè della tutela del diritto di difesa. Ne consegue che la verifica dell’osservanza di detto principio non può esaurirsi in un mero confronto letterale tra imputazione e sentenza occorrendo che ogni indagine in proposito venga condotta attraverso l’accertamento della possibilità per l’imputato di difendersi in reazione a tutte le circostanze del fatto. Tale principio deve essere applicato anche nel caso in esame e si deve quindi rilevare che non è stato violato il diritto di difesa dell’imputato che era ben consapevole che l’addebito consisteva nella disponibilità da parte sua del telefono provento della rapina". p. 2. In punto di diritto, va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, fatto diverso – che legittima la contestazione all’imputato presente anche senza il suo consenso o, se assente, la comunicazione al difensore – è quello con connotati materiali anche difformi da quelli descritti nel capo d’imputazione ma storicamente invariato nei suoi elementi costitutivi (condotta, oggetto), inclusi i riferimenti spazio-temporali. Al contrario, quando i suddetti elementi risultino alterati, si è in presenza di un fatto nuovo, ossia un accadimento del tutto difforme per le modalità essenziali dell’azione o per l’evento ovvero del tutto diverso da quello contestato.

In particolare, deve osservarsi che è fatto nuovo non solo il fatto ulteriore ed autonomo rispetto a quello contestato (ossia un episodio storico che non si sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale autonomo "thema decidendum"), ma anche il fatto che, all’esito dell’istruttoria, presenti caratteristica nuove e cioè del tutto incompatibili con quelle originariamente descritte nel capo d’imputazione sicchè l’imputato si trova a doversi difendere da un fatto totalmente diverso da quello che gli è stato contestato sia sul piano fattuale che su quello giuridico. Ora, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che non vi è alcuna immutazione del fatto ove si passi da un’imputazione di furto a quella di ricettazione in quanto il contenuto essenziale di questa seconda imputazione deve ritenersi compreso nella più ampia previsione dell’originaria contestazione di furto (ex plurimis Cass. 857/2004 riv 227804).

Di conseguenza, la suddetta giurisprudenza deve ritenersi a fortiori applicabile anche al caso di specie atteso che la rapina non è altro che un reato complesso costituito dai reati di furto e di violenza o minaccia.

Pertanto, la conclusione alla quale è pervenuta la Corte territoriale non si presta alla censura dedotta dal ricorrente, il cui ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile stante la manifesta infondatezza.

P.Q.M.

DICHIARA inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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