Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 20-06-2012, n. 10136 Rimessione al primo giudice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato a M.M. ed all’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) della Provincia di Roma, l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) del Comune di Roma, in forza di un solo motivo, chiedeva di cassare la sentenza n. 4359/07 (pronunciata il 31 maggio 2007 e depositata il 3 marzo 2008; notificata il 28 ed il 29 aprile 2008) con cui la Corte di Appello di Roma (sezione lavoro) aveva dichiarato la giurisdizione dell’AGO e rimesso gli atti al Tribunale (sezione lavoro) della stessa città.

Il M. instava per il rigetto del gravame.

2. Con controricorso notificato al M. ed all’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) del Comune di Roma, l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) della Provincia di Roma impugnava la medesima decisione per due motivi.

Il M. instava per il rigetto anche di questo gravame.

3. L’ATER provinciale ed il M. depositavano memorie ex art. 378 c.p.c. in vista dell’udienza (5 ottobre 2011) innanzi alla sezione lavoro: questa, con ordinanza n. 26140 depositata il 6 dicembre 2011, "rilevato che trattasi di ricorso sulla giurisdizione", rimetteva gli atti "al Primo Presidente per l’…

assegnazione" degli stessi a queste sezioni unite.

Il M. depositava ulteriore memoria per l’odierna udienza.

Motivi della decisione

p. 1. Riunione dei ricorsi.

Il ricorso dall’Azienda provinciale (iscritto a ruolo separatamente), ai sensi dell’art. 335 c.p.c., va riunito all’anteriore dell’Azienda comunale perchè ha ad oggetto la medesima decisione.

2. La sentenza impugnata.

Il giudice a quo ha accolto il gravame (dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario e rinviando la causa al Tribunale) per le testuali ragioni che seguono:

– "l’eccezione … dell’ATER della Provincia" ("violazione del termine dilatorio di cui all’art. 435 c.p.c., comma 3") "è infondata, discendendo da tale violazione non la nullità dell’impugnazione ma una mera irregolarità sanabile con la concessione di termine per lo svolgimento delle difese, ove non compiutamente svolte in ragione della tardiva notificazione (cfr Cass. 9331-96; 5585-99)"; "l’ATER della Provincia, costituendosi, ha svolto ampie ed esaustive difese … (e la causa è sta più volte rifissata per la mancanza del fascicolo di primo grado)";

– "è pacifico, e documentalmente risultante, che tra le parti è intercorso un rapporto di lavoro subordinato dirigenziale privato, di origine e regolamentazione contrattuale privata individuale e collettiva, per la tutela del quale il ricorrente, ritenendo lesi il suo diritto alla prosecuzione del medesimo e di essere stato danneggiato per la sua anticipata risoluzione, ha formulato le domande in epigrafe riportate";

– "non sembra dubbio alla corte che esse rientrino nella regolamentazione posta in via generale dall’art. 63, con conseguente devoluzione della controversia alla cognizione dell’AGO, erroneamente declinata dal primo giudice, in quanto le riportate previsioni normative delineano un’area esaustiva di giurisdizione esclusiva, con conseguente irrilevanza della posizione giuridica, diritto soggettivo interesse legittimo, fatto valere (nel caso di specie, peraltro, le situazioni giuridiche soggettive fatte valere, in quanto nascenti dal contratto privato stipulate inter partes, ed attinenti sostanzialmente alla prosecuzione del rapporto già in essere e al risarcimento dei danni che si affermano cagionati dalla anticipata risoluzione del rapporto medesimo, assunta illegittima, hanno consistenza di diritto, mentre non inerisce alla giurisdizione, ma al tipo di pronuncia adottabile, eventualmente in termini di mera disapplicazione – penultimo periodo del comma 1 e comma 2 -, la problematica relativa alle domande aventi diretto riferimento ad atti amministrativi, quali formulate nei termini di cui alle riportate conclusione del ricorrente; la previsione dell’ultimo periodo dello stesso comma 1 rende evidente poi irrilevante la dedotta impugnazione da parte del M. innanzi al giudice amministrativo della delibera di revoca dell’incarico, di cui alla produzione dell’Ater del comune effettuata il 26 aprile 2007), con le sole eccezioni previste, tra cui non rientrano rapporti degli organi delle pubbliche amministrazioni, ove svolto in regime di lavoro subordinato privato, essendo prevista la residuale giurisdizione del giudice amministrativo esclusivamente (comma 4) per le controversie inerenti alle procedura concorsuale per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e per quelle concernenti i rapporti di cui all’art. 3, ovvero per l’area residua del pubblico impiego non privatizzato";

– "i riferimenti dell’art. 63 alla "revoca degli incarichi dirigenziali… ancorchè vengono in questione atti amministrativi presupposti" si attaglia poi esattamente alla fattispecie in esame, nella stessa configurazione della medesima data dal tribunale e sostenuta dalle parti resistenti, fugando ogni possibile dubbio in punto giurisdizione".

p. 3. Il ricorso principale e quello incidentale.

p. 3.1. Il ricorso principale.

L’ATER comunale denunzia "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63 in relazione all’art. 112 c.p.c." nonchè "omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione" riassunte nel "quesito" ex art. 366 bis c.p.c. "se l’atto di nomina e revoca del Direttore Generale dell’IACP della Provincia di Roma sia annoverabile tra gli atti di alta amministrazione in relazione alla figura organica del Direttore Generale come individuato dallo statuto dell’IACP e se la cognizione circa il provvedimento di revoca …, alla stregua delle conclusioni prese … nel ricorso ex art. 414 c.p.c., sia dell’AGO o del GA e se, di conseguenza, alla fattispecie sia … applicabile o meno la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 e quindi se la Corte di Appello … abbia fatto corretto governo di tali principi giuridici anche in relazione all’art. 112 c.p.c. non essendovi nella sentenza 4359/2007 qui impugnata concordanza tra quanto chiesto e pronunciato".

p. 3.2. Il ricorso incidentale dell’ATER della Provincia di Roma.

Questo ente denunzia:

(1) "omessa, insufficiente motivazione" sulla sua eccezione di "improcedibilità dell’appello avversario" "risulta violata la prescrizione processuale che garantisce alla parte appellata un termine minimo a comparire di giorni (liberi) venticinque anteriori all’udienza" essendo "la notifica del ricorso … avvenuta … in data 24 marzo 2006 … per la data del 13 aprile 2006" chiedendo ("quesito di diritto") di:

"acclarare … se il combinato disposto degli artt. 24 e 111 Cost., artt. 99, 101 c.p.c., art. 164 c.p.c., comma 3, art. 358 c.p.c. e art. 435 c.p.c., comma 3, consenta di pronunciare sulla domanda proposta dall’appellante in una controversia in materia di lavoro mediante ricorso notificato in violazione del termine dilatorio previsto dal citato art. 435 c.p.c., comma 3, senza dichiarare improcedibile l’appello medesimo";

2) "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia" nonchè "travisamento delle risultanze di causa" e "violazione delle norme sulla giurisdizione" chiedendo di:

"acclarare se l’atto di revoca del Direttore Generale dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Roma costituisca atto di alta amministrazione in relazione alla natura di organo del Direttore Generale medesimo quale stabilita nello statuto del detto Istituto e se il rapporto giuridico intercorrente fra l’Istituto medesimo ed il proprio Direttore Generale quale organo statutario sia qualificabile come rapporto di lavoro dirigenziale privato, e se alla revoca dalla carica di Direttore Generale dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Roma sia applicabile la previsione del D.Lgs. … n. 165 del 2001, art. 63 anche in relazione all’art. 112 c.p.c.".

p. 4. Le ragioni della decisione.

Entrambi i ricorsi, come rilevato nella pubblica udienza dal pubblico ministero, sono inammissibili.

Agli stessi, invero, siccome aventi ad oggetto una decisione (resa da sezione lavoro) pronunciata il 31 maggio 2007 (depositata il 3 marzo 2008), si applica il disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 3 modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 in esecuzione della delega contenuta, in particolare, nella L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 3, lett. a) di conversione, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, il quale ha demandato al legislatore delegato ("principi e criteri direttivi") di"disciplinare il processo di cassazione in funzione nomofilattica", prevedendo, in ispecie, "la non ricorribilità immediata delle sentenze che decidono di questioni insorte senza definire il giudizio e la ricorribilità immediata delle sentenze che decidono parzialmente il merito, con conseguente esclusione della riserva di ricorso avverso le prime e la previsione della riserva di ricorso avverso le seconde" – (disposto) costituente (Cass., un., 25 novembre 2010 n. 23891) "elemento di razionalizzazione e semplificazione del sistema che si iscrive nella finalità di evitare il proliferare di sub procedimenti" -, per il quale "non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio": "il ricorso per cassazione avverso tali sentenze", infatti, prosegue la norma, "può essere proposto, senza necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio".

In base a tale norma processuale, invero, si è affermato Cass., un.:

6 marzo 2009 n. 5456 ("la corte di appello …, adita dall’attore, affermava la giurisdizione del giudice italiano e rigettava l’appello": "a sostegno dell’operatività del condizionamento del ricorso incidentale sulla questione di giurisdizione, proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel merito, milita anche la modifica apportata all’art. 360 c.p.c., dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40"), 25 novembre 2010 n. 23891 ("con sentenza non definitiva …la Corte dei Conti, sezione … giurisdizionale centrale d’appello, rigettava i motivi di appello relativi al difetto di giurisdizione" ) e 22 febbraio 2012 n. 2575 ("la Corte dei Conti, sezione…

giurisdizionale centrale, … rigettava le eccezioni di difetto di giurisdizione del giudice contabile, di difetto di legittimazione passiva dell’intimato, di prescrizione dell’azione e … disponeva il prosieguo del giudizio ai fini dell’espletamento della necessaria attività istruttoria") che (excerpta dalla prima) "la sentenza che statuisca solo sulla giurisdizione, affermandola, non è immediatamente ricorribile per cassazione dalla parte soccombente sul punto" ma "lo diventa solo a seguito di altra sentenza che definisca, almeno parzialmente, il giudizio e che sia oggetto di impugnazione dalla parte soccombente", con la conseguenza ("ciò comporta") che "nel caso in cui la parte soccombente sulla giurisdizione sia diversa da quella soccombente sul merito, la statuizione affermativa della giurisdizione è veicolata davanti alla Corte dalla presenza di due ricorsi: il primo è quello della parte soccombente nel merito che permette alla parte vittoriosa nel merito, ma soccombente sulla giurisdizione, di proporre con proprio ricorso incidentale la predetta questione pregiudiziale".

Il principio deve essere applicato anche alla specie perchè la definitività formale, per il giudice (del lavoro) di appello che la ha pronunciata non avendo lo stesso alcun potere di "definire, neppure parzialmente, il giudizio": cfr., Cass., 1^, 2 marzo 2009 n. 5020 (che richiama la "sentenza n. 6547 del 3 luglio 1998") , secondo cui "il giudice d’appello che affermi la giurisdizione del giudice ordinario negata dal giudice di primo grado non può decidere nel merito la causa ma deve rimetterla al primo giudice, dando luogo in caso contrario ad una sentenza nulla per violazione del principio del doppio grado di giurisdizione", nonchè, con riferimento ad una questione di competenza e non di giurisdizione, Cass., 3^, 12 novembre 2010 n. 22958, secondo cui "se il giudice dell’appello ravvisa l’incompetenza del giudice di primo grado, deve dichiarare l’incompetenza di quest’ultimo indicando il giudice competente in primo grado, davanti al quale il processo continuerà, se riassunto ai sensi dell’art. 50 cod. proc. civ., e non già trattenere la causa e deciderla nel merito (non rilevando, al riguardo, il divieto di remissione al primo giudice previsto dagli artt. 353 e 354 cod. proc. Civ. Sez. n. 10566 del 04/07/2003; Cass. 1997/9867; Cass. n. 814/1992)", non esclude che la decisione qui impugnata, tenuto conto delle finalità della norma procedurale, debba considerarsi sostanzialmente non definitiva perchè nel relativo "giudizio" non è stata (ancora) emessa nessuna pronuncia che abbia definito (nel senso considerato dalla norma) sia pure "parzialmente", il "giudizio", ovverosia l’unica pronuncia idonea a legittimare la proposizione di un ricorso (anche sulla sola "questione") per cassazione.

La necessità di non frustrare la (evidenziata) "razionalizzazione e semplificazione del sistema", invero, non consente di limitare (peraltro con una interpretazione meramente letterale, obiettivamente ostativa al perseguimento della "finalità di evitare il proliferare di sub procedimenti" voluta dal legislatore delegante e recepita da quello delegato) l’inciso normativo "senza definire, neppure parzialmente, il giudizio" all’ipotesi (generalmente normale), della competenza alla definizione (almeno parziale) del "giudizio" da parte dello stesso giudice che ha emesso la sentenza (al momento) solo delibativa delle "questioni" pregiudiziali di rito (quindi a sentenza propriamente non definitiva di quel giudice, dovendo lo stesso provvedere ulteriormente) ma, atteso anche il riferimento al "giudizio", impone di comprendere nella previsione normativa in esame pure l’ipotesi (che caratterizza la specie) dell’impossibilità giuridica (nel caso determinata dalla necessità di osservare, come fatto dalla corte territoriale, l’obbligo ex art. 353 c.p.c.) di rimettere la causa al primo giudice sol perchè lo stesso aveva erroneamente (a giudizio del giudice di secondo grado) declinato la giurisdizione.

Ai fini della impugnabilità innanzi a questa Corte della sentenza di appello, infatti, la situazione che caratterizza la fattispecie concreta, in diritto, è, per quanto riguarda la "questione" pregiudiziale di rito (giurisdizione) affrontata e decisa del tutto identica a quella del giudice di appello che, come nelle richiamate decisioni di queste sezioni unite, confermi (con sentenza non definitiva per esso giudice) la giurisdizione affermata anche da quello di primo grado e rinvii la causa, per il prosieguo innanzi a sè, onde decidere le ulteriori questioni sottoposte al suo esame (e già decise anche da quello di primo grado): l’affermazione della giurisdizione da parte del giudice di appello (quand’anche, come qui, in diverso avviso rispetto al giudice di primo grado), infatti, in entrambi i casi non risolve (neppure parzialmente) il "giudizio" – essendo questo ancora bisognevole di pronuncia sul merito – e, quindi, non realizza la condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione voluta dal legislatore con il novellato art. 360 c.p.c..

Lo scrimine, quindi, va individuato con riguardo unicamente alla idoneità della sentenza sulla "questione" a definire la controversia, prescindendo quindi dal meccanismo processuale di individuazione del giudice che ha il potere di definire, "anche parzialmente", la controversia atteso che, ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 3 il provvedimento con cui (art. 353 c.p.c., comma 1) "Il giudice di appello … rimanda le parti innanzi al primo giudice" (per avere esso "giudice di appello" rilevato e dichiarato che "il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice"), nella sostanza attua anch’esso solo la prosecuzione del "giudizio" per l’adozione di una definizione ("definire") dello stesso almeno "parzialmente".

p. 5. Delle spese processuali.

La novità della questione rivelatasi decisiva impone di compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibile; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *