Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 20-06-2012, n. 10135 Legittimazione a ricorrere ed a resistere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Milano con sentenza del 25 ottobre 2002 respinse l’opposizione della Regione Puglia contro il decreto 29 settembre 2000 con cui il Presidente di quel Tribunale aveva ingiunto alla Gestione liquidatoria della disciolta USL LE/(OMISSIS) in persona del Commissario liquidatore, e per essa alla Regione suddetta, il pagamento della complessiva somma di L. 33.277.745 in favore della s.p.a. Farmafactoring, cessionaria dei crediti della s.p.a Roche per forniture mediche.

L’impugnazione della Regione è stata accolta dalla Corte di appello di Milano, con sentenza del 24 giugno 2005, che ha revocato il decreto impugnato e dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Puglia osservando:

a) che sussisteva la competenza per territorio del Tribunale di Milano, non avendo la Regione documentato il perfezionamento del contratto nel luogo rientrante nella competenza del Tribunale di Lecce, invocato quale "forum contractus";

b) che tuttavia la legittimazione passiva e la relativa capacità processuale spettavano esclusivamente alla Gestione stralcio della soppressa USL, soggetto strutturalmente e finalisticamente diverso dalla Regione, dotato di una propria autonomia funzionale, amministrativa e contabile, ex lege subentrante nei rapporti giuridici obbligatori delle USL, e perciò chiamato dalla legge regionale a risponderne in via esclusiva.

Per la cassazione della sentenza, la Farmafactoring ha proposto ricorso per 5 motivi; cui ha resistito con controricorso la Regione Puglia, formulando ricorso incidentate per due motivi.

La 3^ sez. civile della Corte con ordinanza interlocutoria 7842/2011 ha rimesso la controversia al Sig. Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando l’esistenza di un contrasto nelle sezioni semplici circa la legittimazione passiva concorrente della Regione nei procedimenti in cui sia evocata in giudizio la gestione liquidatoria delle disciolte USL.

Motivi della decisione

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, da esaminare con precedenza, la Regione Puglia, deducendo omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, addebita alla sentenza impugnata di avere respinto la propria eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano senza considerare:

a) che non soltanto il luogo di adempimento delle obbligazioni in oggetto di cui all’art. 20 cod. proc. civ. è per legge stabilito in Bari dove la Regione Puglia ha il proprio ufficio di tesoreria, ma anche quello di conclusione del contratto è ubicato in Maglie, sede della disciolta USL; sicchè competente doveva ritenersi il Tribunale di Bari ovvero quello di Lecce; b)che al riguardo aveva chiesto l’ordine di esibizione dei contratti,non accolta dalla Corte di appello, malgrado nessun’altra prova potesse fornire essa Regione, non in possesso della relativa documentazione che aveva interessato la USL. Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 20, 115, 116 e 210 cod. proc. civ., L.R. n. 8 del 1981, art. 64 segg. si duole che la Corte territoriale non abbia considerato che i contratti con le USL potevano concludersi soltanto con le forme dell’evidenza pubblica, ed essere preceduti da gare pubbliche cui segue l’atto di aggiudicazione; sicchè risultava conducente il chiesto ordine di esibizione di detti contratti, invece non accolto dai giudici di merito che poi hanno contraddittoriamente ritenuto l’eccezione di incompetenza sfornita di prova.

Il ricorso è infondato: avendo la Corte di appello puntualmente applicato la giurisprudenza di questa Corte assolutamente consolidata in ordine al principio che nelle controversie aventi ad oggetto il pagamento di somme di danaro da parte degli enti pubblici, per determinare la competenza territoriale, le norme di contabilità degli stessi, che fissano il luogo di adempimento delle obbligazioni in quello della sede di tesoreria dell’ente, valgono ad individuare il "forum destinatae solutionis" eventualmente in deroga all’art. 1182 cod. civ.; ma non lo rendono nè esclusivo, nè inderogabile, ed il creditore dell’amministrazione che intenda agire in giudizio per la tutela del suo credito, non perde il diritto di scelta previsto dall’art. 20 cod. proc. civ., tra il "forum solutionis", che si radica nel luogo ove si trova la Tesoreria comunale, e il "forum contractus", nel quale l’obbligazione è sorta.

Ha ritenuto altresì che la P.A. convenuta che intenda eccepire la incompetenza del giudice adito, diverso da quello della sede della tesoreria, ha l’onere di contestare specificamente entrambi i criteri di collegamento con l’indicazione delle ragioni giustificative dell’esclusione di ognuno di essi e, (trattandosi di eccezione in senso stretto), di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione;

con la conseguenza che, in mancanza, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlativa competenza del giudice adito (Cass. 15996/2011; 2758/2007; 24903/2005; 14441/2005).

Pertanto nel caso concreto, tanto nell’ipotesi in cui (il contratto ovvero) i contratti tra l’impresa cedente e la USL fossero stati stipulati recependo le regole dell’evidenza pubblica indicate dalla Regione, quanto in quello che fossero stati, invece, perfezionati informalmente con le modalità indicate nel R.D. n. 2440 del 1923, art. 17 spettava comunque alla Regione fornire la prova della loro conclusione a Bari o a Maglie: a nulla rilevando l’obbiettiva difficoltà di fornirla dedotta dalla ricorrente, che non poteva comunque condurre ad una diversa ripartizione del relativo onere (Cass. 6205/2010; 17702/2005). Sicchè detto onere non può ritenersi assolto con la produzione di alcune lettere di invito a licitazione privata per la fornitura di specialità medicinali, nonchè di fac- simili di lettere di aggiudicazione senza indicazione dei destinatari, e della sorte di ciascuna di esse; nonchè con la richiesta (anche in questa sede di iegittimità) dell’ordine di esibizione di imprecisati (nel tempo, nel contenuto ed in relazione ai destinatari) contratti; giustamente dichiarata inammissibile, perchè ritenuta meramente esplorativa, dalla Corte di appello con ordinanza del 26 febbraio 2004, trascritta in atti (Cass. 17602/2011;

14968/2011; 23120/2010).

3. Con il primo motivo del ricorso principale, la Farmafactoring, deducendo violazione della L. n. 724 del 1994, art. 6 della L. n. 549 del 1995, art. 2 nonchè della L.R. Puglia n. 16 del 1997, art. 20 censura la sentenza impugnata per avere escluso la legittimazione passiva della Regione nei debiti contratti dalle disciolte USL, ravvisata soltanto in capo alle Gestioni liquidatorie delle stesse; e ripercorre il quadro normativo di riferimento a partire dal D.Lgs. n. 502 del 1992, nonchè l’interpretazione dello stesso recepita dalla giurisprudenza di legittimità, ed in particolar modo dalle Sezioni Unite. Il quale, esclusa la successione delle neo istituite ASL in universum ius dei soppressi enti, aveva invece individuato nella Regione, il soggetto obbligato ai pagamento dei loro pregressi debiti; e nel contempo istituito nell’interesse di detto ente territoriale una gestione stralcio, poi facente capo ad un commissario liquidatore, incaricato dei pagamenti e nel contempo alternativamente legittimato insieme alle Regioni per la tutela dei creditori delle USL. Ha rilevato altresì che tali principi condivisi dalla Corte Costituzionale ed ormai costituenti diritto vivente non sono derogabili dalla legislazione delle singole Regioni, la cui autonomia finanziaria è vincolata;e non sono derogati dalla L.R. Puglia n. 21 del 1997, art. 20, avente la sola finalità di provvedere al finanziamento del disavanzo del sistema sanitario al 31 dicembre 1994, meramente attuativa delle norme statali.

Con il secondo motivo,deducendo omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, si duole che la Corte di appello dalla individuata legittimazione dei Commissari liquidatori anche nella Regione Puglia, sia illogicamente pervenuta alla conclusione della esclusività della stessa, nonchè della estromissione delle Regioni, pur collegate con le gestioni da un rapporto di compenetrazione organica, ed istituite per agire nel loro interesse ed in loro conto.

4. Le censure sono fondate.

Dopo gli arresti della Corte Costituzionale (sent. 89/2000; 82/1998;

430/1997; 416/1995) e le numerose decisioni di queste Sezioni Unite (sent. 23022 e 14336/2005; 4647/2002; 1437/2000; 102/1999;

12712/1998; 1989/1997) che hanno ricostruito il riordinamento legislativo operato nella materia sanitaria dal D.Lgs. n. 502 del 1992 attraverso la soppressione delle USL, e l’istituzione delle Aziende unità sanitarie locali, aventi natura di enti strumentali della Regione, il quadro normativo inerente la gestione dei rapporti di debito e di credito delle soppresse USL,può ritenersi ormai fondato senza significativi contrasti (essendo rimasta isolata Cass. 360/2005) sui seguenti principi, che qui è sufficiente riassumere:

1) Il legislatore statale è nuovamente intervenuto a disciplinare gli oneri delle regioni in ordine alla spesa per l’acquisto di beni e servizi, con la L. n. 724 del 1994, art. 6 con il quale ha disposto che in nessun caso è consentito alle stesse far gravare sulle ASL nè direttamente, ne1 indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali; e prevedendo, a tal fine, che le regioni disponessero apposite "gestioni a stralcio", con conseguente individuazione dell’ufficio responsabile delle medesime. Quindi con la L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, stabilendo che per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni dovevano attribuire ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie ricomprese nell’ambito territoriale delle rispettive aziende, e che le "gestioni a stralcio" erano trasformate in "gestioni liquidatorie", le cui risultanze, relative all’accertamento della predetta situazione debitoria, dovevano essere presentate, entro tre mesi, "ai competenti organi regionali". Ed infine con il D.L. n. 630 del 1996, convertito nella L. n. 21 del 1997 che ha continuato ad identificare nelle Regioni gli enti divenuti titolari delle passività delle soppresse USL e perciò obbligati a ripianarle (art. 1 e 2), alle stesse affidando anche le operazioni di ricognizione dei debiti e dei crediti proprio in tema di finanziamento dei disavanzi delle aziende unità sanitarie locali al 31 dicembre 1994; 2) le menzionate disposizioni normative, hanno in tal modo escluso l’ipotesi di successione delle ASL in universum ius alle preesistenti unità sanitarie,e, nel contempo, individuato nella regione il soggetto giuridico obbligato ad assumere integralmente a proprio carico i loro debiti: realizzando una successione a titolo particolare limitatamente a tali situazioni giuridiche pregresse, e così conseguendo lo scopo di affrancare la nuova gestione delle Aziende sanitarie da remore, intralci o pesi finanziari che non trovino causa nell’attività svolta da queste ultime; 3) siffatta finalità ha richiesto la creazione di strutture che operano per conto e nell’interesse degli enti successori (le Regioni) e che, (pur costituendo enti strutturalmente e finalisticamente diversi), sono rimaste in rapporto di compenetrazione organica con i medesimi anche quando sono state trasformate (dalla L. n. 549 del 1995) in "gestioni liquidatorie"; che fruiscono della soggettività dell’ente soppresso (prolungata durante la fase liquidatoria), e sono rappresentate dal direttore generale delle neo costituite AUSL, che, in veste di commissario liquidatore, agisce nell’interesse della regione. Ma per effetto di tale peculiare struttura possono assolvere alla funzione di tenere separata l’attività di accertamento delle obbligazioni delle cessate unità sanitarie da quelle delle nuove aziende sanitarie; nonchè di svolgere, su mandato dell’ente territoriale, compiti non limitati alla mera riscossione dei residui attivi ed al pagamento dei residui passivi, bensì estesi all’amministrazione e liquidazione della situazione debitoria, attraverso la fase dell’accertamento e ricognizione delle obbligazioni giuridicamente perfezionatesi nei confronti delle USL alla data del 31 dicembre 1994; 4) Il complesso sistema che ne risulta,comporta per effetto della rilevata successione ex lege delle Regioni, che la legittimazione sostanziale e processuale concernente i pregressi rapporti creditori e debitori delle soppresse USL spetta, anzitutto, alle stesse Regioni; e spetta altresì all’organo di rappresentanza della gestione stralcio, che prolunga la soggettività dell’ente soppresso durante la fase liquidatoria: a nulla rilevando il cumulo delle legittimazioni che così si verifica in capo a diversi organi dello stesso ente successore, il quale risponde soltanto a criteri amministrativo – contabili, intesi ad assicurare la distinzione, scopo della riforma, delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori.

5. Questa ricostruzione, cui si è attenuta tutta la giurisprudenza successiva, non è posta in discussione nè dalla sentenza impugnata, nè da Cass. 7802/2010, indicata come difforme dall’ordinanza di rimessione; le quali invece, dopo che Cass. 18285/2005 e 18449/2007 avevano posto sia pure indirettamente la relativa problematica, hanno escluso la legittimazione concorrente delle Regioni e delle gestioni liquidatorie, ravvisandone la ragione nella L.R. Puglia n. 16 del 1997, art. 20, comma 10 applicabile ai rapporti in oggetto,che ha disposto "Al pagamento dei debiti rientranti nell’ambito delle gestioni liquidatorie delle soppresse U.S.L. provvedono in via esclusiva i commissari liquidatori che ne hanno la rappresentanza legale e processuale, utilizzando le risorse finanziarie rivenienti dagli interventi previsti dalle disposizioni in materia di ripiano della maggiore spesa sanitaria corrente sino al 31 dicembre 1994".

Così come ha fatto Cass. 21505/2011 con riferimento alla L.R. Campania n. 15 del 2002, art. 13.

In tal modo senza contestare l’orientamento tradizionale secondo cui la legittimazione sostanziale e processuale per i rapporti creditori e debitori delle soppresse USL spetta in via concorrente ad entrambi gli enti suddetti, vi hanno introdotto una deroga, perciò considerata ammissibile, nella sola ipotesi in cui la legislazione regionale applicabile ratione loci e ratione temporis, attribuisca, con specifica disposizione, la legittimazione suddetta esclusivamente alla gestione liquidatoria.

Ad esse ha continuato a contrapporsi l’indirizzo tradizionale che, invocando un’interpretazione costituzionalmente orientata anche della normativa regionale, ha ribadito la legittimazione sostanziale e processuale concorrente sia delle Regioni, che delle gestioni liquidatorie, ove convenute nella loro qualità di organi delle prime:escludendo comunque l’attribuzione ad esse di una legittimazione processuale esclusiva (Cass. 15725/2010; 9315/2010;

1532/2010; 17913/2009; 5351/2007).

6. Le Sezioni Unite ritengono che il contrasto debba essere risolto aderendo a quest’ultimo orientamento, per cui la legittimazione sostanziale (e processuale) concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetti comunque alle Regioni; nonchè in alternativa (anche) alle gestioni stralcio – che prolungano la soggettività degli enti soppressi durante a fase liquidatoria – almeno fino a quando le stesse non siano definitivamente e formalmente chiuse con apposito provvedimento. Non senza ribadire quanto già evidenziato nella decisione 4647/2002, che tale ultima legittimazione risponde soltanto a criteri amministrativo – contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economa degli enti successori; sicchè anche sotto questo profilo non ne è predicabile il carattere esclusivo.

Al riguardo la Corte Costituzionale, nello scrutinare la normativa della menzionata L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1 in ordine alla responsabilità delle Regioni per i debiti facenti capo alle gestioni pregresse delle USL, nonchè alla fissazione di un tetto massimo per la spesa sanitaria da parte di queste ultime, ha osservato: a) che trattavasi di "intervento eccezionale e temporaneo, in un quadro finanziario di emergenza, inserito in una azione complessiva, a carattere generalizzato, volta a contenere il disavanzo pubblico onde ridurre la spesa pubblica in pluralità di settori; sicchè anche le regioni dovevano "essere coinvolte nell’opera di risanamento della finanza pubblica che "richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria delle regioni non può fungere da impropria giustificazione per una simile esenzione"; b) che la finalità "perseguita dal Governo e dal Parlamento, di contenere il perdurante disavanzo della spesa pubblica (aggravata dalla persistenza nello specifico settore sanitario) giustificava l’adozione di misure del genere attraverso una manovra complessiva di riduzione della spesa in tutti i settori, e con specifico riferimento a quella sanitaria, mediante misure che incidono su tutti gli enti di autonomia a statuto speciale e ordinario; c)che la normativa "sebbene a contenuto specifico e dettagliato, è da considerare, per la finalità perseguita, in "rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione" con le norme-principio che connotano il settore dell’organizzazione sanitaria locale (sentenza n. 355 del 1993), così da vincolare l’autonomia finanziaria regionale in ordine alla disciplina prevista per i "debiti" ed i "crediti" delle soppresse unità sanitarie locali". (Corte Costit. 89/2000; 222/1994).

Siffatta funzione dell’art. 6 anche di norma-principio in relazione alla disposta successione della regione nei rapporti obbligatori facenti capo alle pregresse gestioni delle preesistenti unità sanitarie locali,è apparsa alla Consulta ancor più palese al lume dei D.L. 30 giugno 1995, n. 261, D.L. 28 agosto 1995, n. 362, D.L. 30 ottobre 1995, n. 448, D.L. 29 dicembre 1995, n. 553, i quali stabilivano, tra l’altro, che "la contabilità economico-finanziaria e patrimoniale e la contabilità finanziaria delle unità sanitarie locali… relative agli anni precedenti al 1995 sono garantite direttamente dalle regioni, che ne assumono integralmente le relative obbigazioni": a nulla rilevando che tali decreti non siano stati convertiti in legge, posto che "la clausola di sanatoria contenuta nella L. 17 gennaio 1997, n. 4 ha provveduto a "cristallizzare" gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti proprio sulla base di questi decreti (cfr. sentenza n. 430 del 1997), sicchè ne risulta, nei caso di specie, l’assunzione delle relative obbligazioni in capo alle regioni, sia pure nei limiti del periodo di tempo riguardato dalla clausola di sanatoria". Ha trovato successiva conferma nelle competenze, nel ruolo e nelle responsabilità (programmazione, organizzative e finanziarie) devoluti dai D.Lgs. 112 del 1998 e D.Lgs. n. 229 del 1999 alle Regioni,individuate chiaramente quale nuovo soggetto titolare ed insieme gestore dei servizi sanitari. Ed ha ricevuto copertura costituzionale anche dalla previsione, tratta dalla nuova formulazione dell’art. 117 Cost., di un intervento normativo statale (di carattere generale o settoriale) rivolto a dettare i principi fondamentali della materia; e di un percorso autonomo del legislatore regionale diretto a modificare l’assetto normativo nel proprio territorio, della disciplina dell’organizzazione e della fornitura dei servizi saniatari: da esercitarsi tuttavia, nel rispetto dei principi fondamentali desunti direttamente dalla legislazione statale vigente.

Pertanto le potenziali diversificazioni organizzative e funzionati dei "modelli regionali" ben possono dar luogo a diverse regolazioni, organizzazioni, gestioni e procedimentalizzazioni dei debiti in questione; e comunque a compiti non limitati alla mera riscossione dei residui attivi ed al pagamento dei residui passivi attraverso l’istituzione delle gestioni liquidatorie ovvero di altri organi o ancora di strutture distinte; alla definizione delle loro competenze;

nonchè all’individuazione delle misure ritenute più opportune onde implementare i meccanismi, gli strumenti e gli aspetti organizzativi delle relative attività onde soddisfare le obbligazioni suddette per conto dell’ente territoriale. Ma resta ferma la successione della Regione nella titolarità dei rapporti suddetti, che vincola la legge regionale, e non può da questa essere esclusa e/o ribaltata su organismi diversi – ed in particolar modo essere riversata sulle neo costituite ASL – senza violare, da un lato, le linee della riforma poste dalla L. n. 724, art. 6 perfino nell’ipotesi in cui nella relativa normativa si ravvisassero anche disposizioni di dettaglio:

perchè queste ultime, accompagnando i menzionati precetti fondamentali concernenti l’organizzazione delle unità sanitarie locali sono tali, secondo la Consulta, da vincolare l’esercizio delle competenze regionali in quanto legate con i principi della riforma da un rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione. E dall’altro l’uniforme tutela dei creditori intesa a garantire in ogni caso dal legislatore statale con l’attribuzione alle Regioni della responsabilità in ordine all’adempimento delle obbligazioni "de quibus" (Cass. 6420/2000; Corte Cost. 82/1998).

7. In conseguenza di questa ricostruzione del quadro legislativo, le Sezioni Unite devono modificare ed integrare il principio, in qualche decisione enunciato dalle sezioni semplici, che non sarebbe pertinente un dibattito di carattere generale sulla legittimazione delle Regioni, perchè abbisognevole di volta in volta di essere confermato dalla legislazione regionale di riferimento (nonchè di un ulteriore esame circa l’applicabilità ratione temporis di detta normativa nei singoli casi concreti): nel senso che la successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori di cui si è detto non può essere messa in discussione nè trasferita ai commissari liquidatori nelle diverse realtà territoriali in conseguenza di normazione regionale. Detto precetto è stato peraltro, osservato dalla maggior parte delle disposizioni regionali,le quali come ripetutamente osservato dalla giurisprudenza di legittimità, quanto dalla Corte Costituzionale nelle fattispecie esaminate, si sono principalmente preoccupate di adeguare la propria situazione a quella delineata dalla normativa statale; e di introdurre a tal fine nei pregressi rapporti di credito e di debito delle soppresse unità sanitarie locali, meccanismi particolari di gestioni distinte e di contabilità separate, tali da consentire ad uno stesso soggetto che subentrava nella loro posizione giuridica, ossia le neoistituite aziende unità sanitarie locali, di evitare ogni confusione tra le diverse masse patrimoniali, così da tutelare i creditori, ma, nello stesso tempo, da escludere ogni responsabilità delle stesse aziende sanitarie in ordine ai predetti debiti delle preesistenti unità sanitarie locali (in tali sensi qualificando "esclusiva" la legittimazione del commissario liquidatore, in luogo di queste ultime). E nel contempo di fissare la normativa di dettaglio per l’accertamento e la riscossione dei crediti, che deve essere osservata sia dalle Gestioni liquidatorie, che dai creditori per il conseguimento delle somme dovute: perciò disciplinando anche la legittimazione processuale in capo ai direttori generali delle aziende sanitarie locali, nella qualità di commissari liquidatori, allorquando siano le ASL ad agire od essere convenute in giudizio per rapporti risalenti alle soppresse USL. Senza, per questo, modificare o eliminare (Cass. 17396/2003) la possibilità, per i creditori di dette USL, di agire nei confronti della Regione in forza del disposto della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, e della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14.

Nelle ipotesi residue in cui il tenore della legge regionale riveli poca chiarezza, o profili di ambiguità, come si verifica appunto allorchè quest’ultima qualifichi "esclusiva" una competenza o la responsabilità o altre iniziative procedimentali del commissario liquidatore o della relativa gestione nel settore in esame, il Collegio deve ribadire la necessità di risolvere il possibile contrasto con le norme-principio della legge statale preventivamente in via interpretativa, attraverso una lettura della disposizione regionale sistematica e secundum constitutionem; nonchè di stabilire se anche con tale lettura sussista effettivamente un contrasto non superabile con quelle statali ora menzionate, e se la norma regionale risulti comunque compatibile con i precetti ricavati da queste ultime: solo nell’ipotesi di persistenza ed insanabilità del contrasto potendo dubitarsi della legittimità della disposizione regionale rivolta inequivocabilmente ad eliminare responsabilità e legittimazione della Regione di riferimento. In conformità a questi principi metodologici, le Sezioni Unite, proprio con riguardo alla legislazione della Regione Puglia hanno in passato rilevato che la stessa si articola attraverso la L. 14 giugno 1994, n. 18, che ha soppresso le USL esistenti ed ha istituito in luogo di esse dodici nuove AUSL; e soprattutto sulla successiva L. 12 aprile 1995, il cui articolo unico, che ha sostituito la L.R. n. 38 del 1994, art. 46, comma 5 onde adeguarlo alla normativa statale, dispone che il fondo di cassa e i rapporti di credito e debito facenti capo alle USL poste in liquidazione confluiscono dal 1A gennaio 1995 in apposita gestioni a stralcio, la cui responsabilità è affidata al direttore generale, in qualità di commissario liquidatore, della AUSL di nuova costituzione; e che in nessun caso i crediti e i debiti risalenti alle gestioni delle USL poste in liquidazione possono gravare sulle USL di nuova costituzione.

In tale ottica la L.R. n. 16 del 1997 recante il bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1997 e il bilancio pluriennale 1997-1999, ha stabilito soltanto, come finisce per riconoscere Cass. 7802/2010 che "le domande di pagamento dei debiti pregressi debbono essere indirizzate esclusivamente alle gestioni liquidatorie, le quali provvedono ai pagamenti mediante i fondi indicati dalla norma medesima": perciò incidendo esclusivamente sulle regole del relativo procedimento amministrativo, nell’ambito delle quali ha indicato l’ufficio responsabile cui i creditori sono tenuti necessariamente a rivolgersi per ottenere l’adempimento delle obbligazioni in questione, e nel contempo stabilito quali risorse finanziarie debbano essere utilizzate dai commissari liquidatori per il ripiano "della maggiore spesa sanitaria corrente sino al 31.12.94". Senza per questo fornire nuovi criteri identificativi di diverse legittimazioni delle gestioni suddette rispetto ai debiti delle soppresse USL, o comportare, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, l’attribuzione di una (successiva) legittimazione processuale "esclusiva" alla gestione liquidatoria, in persona del commissario liquidatore nell’ipotesi di (successiva) azione giudiziaria del creditore insoddisfatto dell’esito del procedimento amministrativo concluso dal commissario suddetto: anche perchè l’attribuzione a detto organo di queste funzioni è prevista anche dalla legge regionale non certamente in rappresentanza di enti che più non esistono (le USL), bensì proprio nell’interesse e per conto dell’ente regione, su mandato e come organo della quale il commissario svolge compiti non limitati alla mera riscossione dei residui attivi ed al pagamento dei residui passivi, ma estesi all’amministrazione e liquidazione della situazione debitoria; in conformità del resto al ricordato D.L. n. 630 del 1996, art. 1 che li riconduce espressamente ed inequivocabilmente alla Regione.

8. La sentenza impugnata che non si è attenuta ai principi esposti, peraltro prospettando una erronea interpretazione della normativa della Regione Puglia, va pertanto cassata, con assorbimento dei restanti motivi del ricorso; e non essendo necessari ulteriori accertamenti il Collegio deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.: a) respingendo l’opposizione della Regione Puglia contro il decreto ingiuntivo 29 settembre 2000; b) mantenendo ferma la regolamentazione delle spese del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo; c) compensando tra le parti le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità, atteso il travaglio giurisprudenziale sulla questione esaminata che ha richiesto numerosi e continui interventi delle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte a sezioni unite, riunisce i ricorsi, rigetta l’incidentale, accoglie i primi due motivi di quello principale, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito, rigetta l’opposizione della Regione Puglia contro il decreto ingiuntivo 29 settembre 2000 del Presidente del Tribunale di Milano; mantiene ferme le spese del giudizio di opposizione liquidate dal Tribunale e dichiara interamente compensate tra le parti quelle dei giudizi di appello e di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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