T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, Sent., 09-01-2012, n. 4

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Il ricorrente, all’epoca dei fatti dipendente dell’A.S.L con la qualifica di assistente amministrativo, è stato sospeso dall’impiego a seguito di indagini per fatti di peculato che lo coinvolgevano.

L’Amministrazione ne disponeva la sospensione cautelare dall’impiego in data 4/2/1998.

Avverso la decisione dell’amministrazione presentava ricorso al T.A.R. l’interessato deducendone l’illegittimità e la violazione del contratto collettivo di lavoro

Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata che contro deduceva alle avverse doglianze e concludeva per la reiezione del ricorso.

La causa veniva trattenuta in decisione all’odierna udienza.

2. La causa pende davanti al giudice amministrativo poiché la decisione dell’Amministrazione è del 4/2/1998 e, quindi, per effetto della normativa transitoria concernete il passaggio di giurisdizione in materia di pubblico impiego, che è stato devoluto al Giudice Ordinario soltanto per le questioni sorte dopo il 30 giugno 1998.

3. Va preliminarmente respinta l’eccezione di tardività del ricorso.

In linea di diritto va, infatti, osservato che, per effetto della L. 23 ottobre 1992, n. 421, con cui è stata conferita delega al Governo per la riforma, tra l’altro, del pubblico impiego, questo è stato ricondotto "sotto la disciplina del diritto civile" (art. 2, comma 1, lett. a). Più in particolare, attraverso il D.Lgs. n. 29 del 1993, che ha dato attuazione alla detta legge di delega, le posizioni soggettive dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono state modificate, nel senso che nei rapporti di lavoro non è dato di identificare interessi legittimi di diritto pubblico, ai quali si riferisce l’art. 103 Cost., come è dimostrato dall’applicazione del codice civile, sia pure nei limiti della specialità del rapporto e del perseguimento degli interessi generali (art. 2, comma 2, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29); dal fatto che l’amministrazione opera coi "poteri del privato datore di lavoro", adottando tutte le misure inerenti al l’organizzazione ed alla gestione dei rapporti (art. 4, comma 2, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ult.cit.); nonché dall’art. 68, comma 2, D.Lgs. n. 80 del 1998, che parla espressamente di "diritti" dell’impiegato, coi connesso potere del giudice ordinario di emettere nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi e di condanna. Una volta fondato il rapporto di lavoro su base paritetica, ad esso rimane estranea ogni connotazione autoritativamente discrezionale (così Corte cost. 16 luglio 1987 n. 268). Più precisamente, quand’anche la lesione lamentata dal prestatore di lavoro derivi dall’esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione datrice di lavoro, la situazione soggettiva lesa dovrà qualificarsi, alla stregua delle più recenti classificazioni civilistiche, come interesse legittimo di diritto privato, da riportare, quanto alla tutela giudiziaria, all’ampia categoria dei "diritti" di cui all’art. 2907cod.civ.( Cassazione civile , sez. un., 24 febbraio 2000 , n. 41).

3.1.Conseguentemente eventuali atti della pubblica amministrazione, assunti con i poteri di diritto privato, non dovevano essere impugnati nei termini di decadenza di sessanta giorni, ancorchè la giurisdizione sia stata mantenuta transitoriamente al giudice amministrativo, per le questioni sorte anteriormente al 30/6/1998 purchè la causa sia proposta entro il 15 settembre 2000, come nel caso in esame in cui l’atto della P.A. è stato emanato 4/2/1998.

4. Ciò premesso il ricorso è fondato.

L’articolo 32, comma secondo, del CCNL, posto alla base del provvedimento impugnato, dispone che "Il dipendente può essere sospeso dal servizio con privazione della retibuzione anche nel caso di cui venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’articolo 30, commi 6 e 7."

4.1. E’ incontestato che nel caso in esame non era stato disposto il rinvio a giudizio ma era semplicemente pendente l’indagine preliminare ancorchè il dipendente avesse ammesso i fatto addebitatigli.

Conseguentemente l’Amministrazione non poteva a norma di contratto collettivo né a norma dall’art. 15, comma 1, della L. n. 55 del 1990, come sostituito dall’art. 1, comma 1, della L. 18 gennaio 1992, n. 16, adottare alcun provvedimento di sospensione perchè entrambe le disposizioni presuppongono il rinvio a giudizio mancante nel caso in esame..

5. In conclusione l’amministrazione avrebbe dovuto far decorrere la sospensione dalla data di rinvio a giudizio e di ciò dovrà tener conto in sede di riedizione dell’attività amministrativa.

6. Per tali ragioni il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato l’atto contestato.

7. La novità della questione ed i contrasti interpretativa sulle problematiche di diritto transitorio nel pubblico impiego all’epoca della presentazione del ricorso giustificano la compensazione tra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Emilia Romagna (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore

Sergio Fina, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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