T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 09-01-2012, n. 4 Servizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe la Salso Servizi s.p.a. (d’ora in poi Salso Servizi), società mista di capitali con partecipazione maggioritaria, impugna il provvedimento con il quale l’ATO 2 di Parma ha affidato ad Emiliambiente s.p.a. (d’ora in poi Emiliambiente) la gestione del servizio idrico integrato nel Comune di Salsomaggiore Terme a far data dal 1.01.2011 e ha dichiarato la cessazione della gestione in capo a Salso Servizi dal 31.12.2010, gestione che perdurava dal 30.12.2004 e che è proseguita dal 31.12.2006 in forza di atto di proroga della convenzione sino a tutto il 31.12.2008 e, successivamente, in "proroga tecnica".

La ricorrente propone le seguenti censure:

I. Violazione dell’art. 10 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 – Violazione dell’art. 172, co. 5 del D.Lgs. n. 152 del 2006 – Violazione dell’art. 36 della Convenzione – Contraddittorietà. La ricorrente contesta la legittimità del criterio indicato negli atti impugnati al fine di indennizzarla del valore degli impianti giacché l’ATO 2 ha deciso di calcolare l’indennizzo secondo il criterio del "valore contabile netto residuo" mentre la ricorrente afferma che dovrebbe essere calcolato in base al "valore industriale degli impianti", invocando a suo favore l’applicazione dell’art. 13 del D.P.R. n. 902 del 1986.

II. Violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006 – Violazione dell’art. 113 D.Lgs. n. 267 del 2000 – Violazione dell’art. 36 Convenzione – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. La ricorrente contesta il criterio di quantificazione del canone di concessione dovuto da Emiliambiente, che non prevede a carico di quest’ultima la corresponsione del valore degli impianti non ammortizzati. Tale determinazione discende dall’idea che sarebbe possibile configurare una gestione delle reti separata dalla gestione del servizio idrico integrato: quest’ultima competerebbe a Emiliambiente, mentre la prima sarebbe mantenuta in capo a Salsoservizi. Tale assunto però sarebbe illegittimo in quanto vi sarebbero una serie di indici, desumibili dalla normativa e della giurisprudenza costituzionale, che condurrebbero alla conclusione opposta.

III. Violazione delle norme in materia di affidamento in house (art. 23 bis D.L. n. 112 del 2008, art. 4 D.P.R. n. 168 del 2010) – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto . Difetto di istruttoria – Sviamento di potere. L’affidamento operato a favore di Emiliambiente è illegittimo in quanto deciso dal Comune di Salso sul presupposto che ricorrano le condizioni per la gestione in house del servizio idrico integrato, mentre nel caso di specie, è stata violata la norma dell’art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008 (convertito dalla L. n. 133 del 2008), in quanto non sussistono le "condizioni eccezionali che a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato", richiamate dalla disposizione e non è stato richiesto il parere preventivo all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, come prescritto dal comma 3 dell’art. cit.

Si sono costituti in giudizio l’Autorità d’ambito ATO 2 e la controinteressata Emiliambiente, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di rappresentanza del signor Achille Capelli, amministratore delegato, che non avrebbe tra i suoi poteri quello di nominare legali e promuovere giudizi.

Vi sarebbe inoltre il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la questione principale posta dal ricorso avrebbe natura patrimoniale riconducibile al contratto d’appalto tra l’ATO e Salso servizio e come tali, rientrerebbero nella giurisdizione dell’A.G.O.

La ricorrente ha replicato a entrambe le eccezioni di inammissibilità poste dalla difesa delle controparti.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 23 novembre 2011.

Il dispositivo è stato pubblicato in data 23 novembre 2011.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva che, poiché è giunto alla convinzione della infondatezza nel merito del ricorso, non ritiene, per ragioni di economia processuale, di trattare l’eccezione di inammissibilità riguardante la mancanza del potere dell’amministratore delegato di conferire il mandato al difensore per mancanza di rappresentanza processuale.

I. Deve, invece, essere trattata la questione sollevata di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore del Giudice Ordinario.

L’eccezione è infondata.

Il criterio di riparto della giurisdizione in materia di servizi pubblici locali va individuato nelle pretese, contrattuali o meno, fatte valere dalla parte: se, infatti, lo scontro fra le parti si svolge interamente ed esclusivamente sul terreno contrattuale vi è la giurisdizione del Giudice Ordinario; se, viceversa, si discute dell’affidamento di un servizio pubblico e delle caratteristiche della società affidataria (se in house o meno) che hanno legittimato l’affidamento diretto si è nell’ambito della sfera valutativo-discrezionale dell’amministrazione riguardo alle modalità di perseguimento dell’interesse pubblico, ambito che trascende il rapporto contrattuale.

E’ pur vero che una parte della controversia attiene, nel caso specifico, al criterio per la determinazione dell’indennizzo, che potrebbe prima facie apparire come questione eminentemente di interpretazione delle clausole contrattuali e, tuttavia, poiché, si tratta di determinazione discrezionale del criterio in base al quale liquidare l’indennizzo sulla base delle differenziate discipline ritenute applicabili dalle parti, appare chiaro che vi è esercizio di una potestà autoritativa e discrezionale dell’ATO, per cui la giurisdizione, anche sotto questo profilo, è stata correttamente individuata da parte della ricorrente.

II. Venendo alle lagnanze contenute nel ricorso, si esamina in primo luogo, la censura di cui al primo motivo.

La ricorrente contesta la legittimità del criterio indicato negli atti impugnati al fine di indennizzarla (in quanto precedente soggetto gestore del servizio) del valore degli impianti, giacché l’ATO 2 ha deciso di calcolare l’indennizzo secondo il criterio del "valore contabile netto residuo", mentre la ricorrente afferma che dovrebbe essere calcolato in base al "valore industriale degli impianti", invocando a suo favore l’applicazione dell’art. 13 del D.P.R. n. 902 del 1986.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che la ricorrente è una società mista con partecipazione maggioritaria del Comune di Salsomaggiore Terme che è stata affidataria della gestione del servizio idrico integrato del solo Comune dall’anno 2004 e, dall’anno 2006, in forza di gestione "salvaguardata", ossia in attesa della creazione istituzionale e del subentro della Autorità d’Ambito, a cui il D.Lgs. n. 152 del 2006 ha affidato la scelta delle forme di gestione e di affidamento del servizio idrico integrato.

Con la deliberazione impugnato, l’ATO, ormai costituita, ha deciso di estendere l’ambito di operatività di Emiliambiente – società interamente partecipata e direttamente controllata dagli Enti locali facenti parte dell’ATO – anche al Comune di Salsomaggiore, che quindi è subentrato al regime di proroga della gestione del servizio da parte della ricorrente.

L’art. 172, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede che i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie siano trasferiti all’ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla Convenzione. L’atto convenzionale in essere con la ricorrente prevede che le installazioni e le opere facenti parte del servizio e finanziate dal gestore, e non ancora ammortizzate, siano devolute all’agenzia che sarà tenuta alla corresponsione del valore industriale residuo calcolato "secondo quanto prescritto al momento della sottoscrizione della convenzione".

La controversia riguarda il significato da dare all’espressione " legislazione vigente al momento della sottoscrizione della convenzione", giacché la ricorrente ritiene che si tratti del D.P.R. n. 902 del 1986 e in particolare che trovi applicazione il suo art. 13, mentre le controparti ritengono che debba trovarsi sicuro riferimento nel D.M. 1 agosto 1996 che disciplina la determinazione della tariffa idrica.

La tesi della ricorrente non ha pregio in quanto il regolamento citato era volto a disciplinare l’esercizio del diritto di riscatto dei beni di proprietà dei gestori privati di pubblici servizi nel caso in cui l’ente locale decidesse di assumere direttamente la gestione del servizio. Si trattava pertanto di una disposizione con cui si regolava – in generale e non con specifico riferimento al servizio idrico integrato – il fenomeno della "municipalizzazione" dei servizi pubblici locali e con la quale si intendeva corrispondere ai privati il valore di riscatto degli impianti da essi realizzati nel caso di interruzione del servizio.

La disposizione non è applicabile al caso di specie, in cui il soggetto gestore è una società partecipata pubblica, la cui gestione era fin dall’inizio a termine, anche se poi è stata prorogata più volte.

Inoltre, appare indubbiamente più congrua l’applicazione del parametro indicato dall’articolo 154 del D.M. 1 agosto 1996, in base alla quale la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto dell’entità dei costi di gestione delle opere e dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito (c.d. metodo normalizzato). La disciplina applicabile, pertanto, non può che rinvenirsi nel D.M. 1 agosto 1986 che disciplina la determinazione della tariffa idrica.

Deve, per inciso, rilevarsi che, come sottolineato nella memoria di Emiliambiente depositata il 07.11.2011 (pag. 4), la proprietà delle reti acquedottistiche non può essere stata conferita alla società ricorrente in quanto le reti vanno ricomprese, in quanto appartenenti ad enti pubblici territoriali, tra i beni demaniali, ai sensi del combinato disposto del secondo comma dell’art. 822 e del primo comma dell’art. 824 cod. civ.

Il comma 1 dell’art. 143 del D.Lgs. n. 152 del 2006 conferma la natura demaniale delle infrastrutture idriche, dettando una specifica normativa di settore. Esso dispone, infatti, che: "Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o di misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge".

È, perciò, evidente l’incompatibilità del regime demaniale stabilito dal comma 5 dell’art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008 e dal comma l dell’art. 143 del D.Lgs. n. 152 del 2006 con il conferimento effettuato alla Salso Servizi.

Rispetto alle reti acquedottistiche non può, pertanto, essere richiesto alcun indennizzo.

Il motivo é infondato e va respinto.

II. Con il secondo motivo la ricorrente contesta il criterio di quantificazione del canone di concessione dovuto da Emiliambiente a Salso Servizi per l’ipotesi in cui questa si trasformi in società interamente pubblica e le vengano conferite le reti; la delibera non prevede a carico di Emiliambiente la corresponsione del valore degli impianti non ammortizzati. Tale determinazione discende dall’idea che sarebbe possibile configurare una gestione delle reti separata dalla gestione del servizio idrico integrato: quest’ultima competerebbe a Emiliambiente, mentre la prima sarebbe mantenuta in capo a Salsoservizi. Tale assunto però sarebbe illegittimo in quanto vi sarebbero una serie di indici, desumibili dalla normativa e della giurisprudenza costituzionale, che condurrebbero alla conclusione opposta, ossia all’assunto che la gestione della rete e la gestione del servizio non possono fare capo a due organizzazioni separate e distinte.

Il motivo è destituito di fondamento in quanto dalla lettura della delibera si evince che l’unico soggetto gestore è la controinteressata Emiliambiente, nei cui confronti transita la gestione della rete; la stessa delibera si preoccupa, poi, di regolamentare l’ipotesi in cui la ricorrente si trasformi in una società interamente pubblica ai sensi dell’art. 113 comma 13 del T.U.E.L., prevedendo che, in tal caso, i rapporti con l’attuale gestore saranno regolamentati con il pagamento di un canone di concessione tenendo fermo il principio della "invarianza tariffaria tra questa ipotesi e quella, prefigurata nel Piano, di trasferimento degli assets non ancora ammortizzati al gestore subentrante."

Il motivo, infondato, va respinto.

III. Con il terzo mezzo d’impugnativa la ricorrente si duole della illegittimità dell’affidamento operato a favore di Emiliambiente, in quanto deciso dal Comune di Salsomaggiore sul presupposto che ricorrano le condizioni per la gestione in house del servizio idrico integrato, mentre nel caso di specie non ricorrono dette condizioni, in quanto non sussistono le "condizioni eccezionali che a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato", richiamate dalla disposizione dell’art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008 (convertito dalla L. n. 133 del 2008), e non è stato richiesto il parere preventivo all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, come prescritto dal comma 3 dell’art. citato.

Il motivo è destituito di fondamento.

Dalla lettura della deliberazione impugnata emerge come l’operazione effettuata dall’A.T.O. di Parma non costituisca un affidamento in house, ma sia un ampliamento del bacino di utenza del servizio idrico integrato con un’estensione anche al Comune di Salsomaggiore della gestione svolta, per altri numerosi Comuni e in un ambito territoriale molto esteso, dalla società Emiliambiente, secondo la finalità di garantire bacini di utenza ottimale in modo tale da gestire in modo concorrenziale e economicamente efficiente i servizi, in base ai criteri fissati dall’art. 147, comma 2 lett. b) D.Lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 23 bis, comma 7, D.L. n. 112 del 2008 e, in ambito regionale, dall’art. 10, comma 1, L.R. le E.R. n. 25 del 1999.

Infatti, la creazione di bacini d’utenza adeguati costituisce un passaggio necessario al fine di raggiungere una condizione di effettiva concorrenza per il mercato.

Inoltre, ai sensi del citato art. 147 comma 2, lettera b) D.Lgs. n. 152 del 2006, l’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato deve tendere al progressivo "superamento della frammentazione delle gestioni esistenti" (principio già affermato dalla L. Galli n. 36 del 1994); tale norma è, del resto, conforme con quanto disposto dall’art. 23 bis, comma 7, D.L. n. 112 del 2008 in materia di servizi pubblici locali.

La deliberazione impugnata ha, pertanto, esteso il bacino di utenza gestito dalla società controinteressata, a cui, pertanto, si applica – contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente – anche la possibilità di cui al comma 8 dell’art. 23 bis di proseguire l’affidamento fino alla scadenza naturale a condizione della cessione di parte del capitale.

IV. Conclusivamente, alla luce delle suindicate motivazioni, il ricorso deve essere respinto con compensazione della spese di giudizio in considerazione della complessità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso, in Parma, nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Mario Arosio, Presidente

Italo Caso, Consigliere

Emanuela Loria, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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