Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-06-2012, n. 10392

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 9 ottobre 1991 C.U. citò davanti al Tribunale di Roma la Santa Cecilia s.r.l., chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 1.196.855.000, pari al corrispettivo maturato in suo favore per il contratto d’appalto stipulato il 3 giugno 1986 con la Cave di Santa Chiara s.r.l., poi dichiarata fallita. Con tale appalto, espose il C., la Santa Chiara s.r.l. gli aveva affidato lo sbancamento di circa un milione di metri cubi di terra da un terreno di proprietà della Santa Cecilia s.r.l., per scoprire una cava, e inoltre il ripianamento con i materiali asportati di un limitrofo terreno pure di proprietà della Santa Cecilia s.r.l.;

quest’ultima era da ritenersi contrattualmente coobbligata alla prestazione richiesta dall’attrice, quale controllante la Santa Chiara s.r.l., e quale proprietaria dei fondi e beneficiarla dei lavori, o, comunque, doveva rispondere per fatto illecito o arricchimento senza causa.

2. Il Tribunale, con sentenza parziale dell’11 aprile 1997, respinse la domanda principale, disponendo ulteriore istruttoria con riguardo alle domande subordinate. Il Tribunale applicò il principio in base al quale il vincolo di controllo, derivante dalla spettanza a una società della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea di un’altra società, non determina di per sè la responsabilità della partecipante per le obbligazioni assunte dalla partecipata.

3. Pronunciandosi poi sulle altre domande con la sentenza n. 2952 del 2004, il Tribunale di Roma respinse le domande di accertamento della responsabilità solidale, della responsabilità extracontrattuale e della responsabilità per arricchimento senza causa della Santa Cecilia s.r.l., e dichiarò che il Fallimento della Società Cave di Santa Chiara s.r.l. deve al signor C.U. la somma di Euro 6.181.241,00 per l’opera per cui è causa.

4. La Corte d’appello di Roma, con sentenza 23 luglio 2009, ha respinto l’appello degli eredi C. contro la sentenza n. 2952 del 2004 del Tribunale di Roma.

5. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorrono gli eredi C. con atto affidato a cinque motivi, illustrati anche con memoria.

Pisana s.r.l., che nelle more del giudizio ha incorporato la Santa Cecilia s.r.l., resiste con controricorso e ricorso incidentale per un motivo.

Motivi della decisione

6. E’ stata presentata un’istanza di riunione del presente giudizio con quello pendente davanti alla corte tra le stesse parti, e chiamato alla stessa udienza, n. 27631-09. Non ricorrono, tuttavia, le condizioni per la riunione, trattandosi di ricorsi proposti contro sentenze non solo diverse, ma vertenti su domande diverse (domande di accertamento di responsabilità extracontrattuale e per arricchimento senza causa nel presente giudizio; domanda di adempimento contrattuale nell’altro giudizio). L’istanza non può pertanto trovare accoglimento.

7. Il ricorso incidentale, proposto dal controricorrente a seguito del ricorso principale notificato in data 8 marzo 2010, è stato spedito per posta il 19 aprile 2011, e quindi il giorno successivo a quello in cui il termine era spirato (essendo il 17 aprile domenica).

Esso è tardivo e inammissibile, e tale vizio si estende al controricorso. Il difensore della società resistente ha tuttavia partecipato alla discussione.

8. Con il primo motivo del ricorso principale si denunciano vizi di motivazione e violazione dell’art. 2043 c.c. L’illecito civile è stato escluso dalla corte di merito in base all’interdetto possessorio, indicativo della conflittualità tra le società Cave s.r.l. e Santa Cecilia s.r.l., e all’ammissione di quest’ultima al passivo fallimentare della prima, senza tener conto degli altri elementi indicati dalla parte ricorrente.

9. La denuncia di violazione dell’art. 2043 c.c., argomentata sulla base di una diversa ricostruzione del fatto, è inammissibile, e il motivo si riduce a un vizio di motivazione, per avere il giudice di merito privilegiato, ai fini della decisione, alcuni elementi, in luogo di altri proposti dai ricorrenti. In tali termini il motivo è infondato, essendo insegnamento consolidato di questa corte che il mezzo in esame conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito – tra l’altro, e con specifico riguardo al caso in esame – di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti a esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. Sez. un. 27 dicembre 1997 n. 13045).

10. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., e l’omessa valutazione di una serie di elementi dalla parte ricorrente indicati in otto punti, e si sostiene che il giudice di merito avrebbe dovuto esaminarli tutti. Il motivo verte sull’insufficiente motivazione, per la mancata considerazione di fatti decisivi. Esso, tuttavia, non illustra il supposto carattere decisivo di tali elementi. Non v’è, pertanto, che da richiamare l’insegnamento già ricordato in relazione al motivo precedente, circa l’attinenza al merito della scelta degli elementi idonei a ricostruire il fatto.

11. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2041 e 2042 c.c.. Si richiama Cass. Sez. un. 8 ottobre 2008 n. 24772 in tema di arricchimento indiretto e si sostiene che l’arricchimento della Santa Cecilia s.r.l., generato dallo stesso fatto che aveva impoverito la ricorrente, fondava l’azione di arricchimento. In memoria si aggiunge che l’arricchimento sarebbe provato dal fatto che non è risultato dagli atti che il rapporto, in forza del quale la Santa Chiara s.r.l. "conduceva la scopertura del giacimento", fosse un rapporto contrattuale a titolo oneroso, ciò che doveva essere allegato e provato dalla Santa Cecilia s.r.l..

12. Il motivo è infondato. La corte territoriale, considerando il carattere sussidiario dell’azione, l’ha esclusa avendo accertato che la parte attrice disponeva di un’azione contrattuale nei confronti di Santa Chiara s.r.l., e che anzi era stata persino ammessa al passivo del fallimento di quella società. E’ ben noto – anche alla ricorrente, la quale cita una sentenza di questa corte, 8 ottobre 2008 n. 24772, che lo afferma esplicitamente – che l’azione d’ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 c.c. può essere proposta solo quando ricorra (anche) il presupposto indicato nell’art. 2042 c.c., vale a dire la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito. Su questo punto non è mossa una censura specifica, se non con la memoria, e quindi tardivamente, e senza fondamento, perchè si allega in sostanza l’insolvenza della Santa Chiara s.r.l., che è cosa diversa dalla mancanza di azione. Nella memoria si dice anche che l’azione nei confronti di Santa Chiara s.r.l. sarebbe di natura extra contrattuale, come sarebbe ammesso dalla società avversaria. Ora, la natura dell’azione di cui si dispone per ottenere di essere indennizzati del pregiudizio non incide sul carattere sussidiario dell’azione di arricchimento (Cass. 25 febbraio 1971 n. 481); e ciò vale anche a prescindere dalla considerazione che il riconoscimento avversario si riferisce ai rapporti tra le due società, e non all’azione del C. contro Santa Chiara s.r.l..

13. Stante l’infondatezza di questo motivo, il rigetto della domanda d’indebito arricchimento resta giustificata dall’assenza del presupposto di legittimità dell’azione costituito dalla sussidiarietà, con il conseguente assorbimento del motivo successivo, vertente sulla prova dell’arricchimento.

14. Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., non essendosi il giudice d’appello pronunciato sui motivi di gravame avverso la sentenza n. 2952 del 2004 del Tribunale di Roma, concernenti, rispettivamente: la violazione del bis in idem, per avere il tribunale nuovamente respinto la domanda di responsabilità contrattuale solidale della Cave e della Santa Cecilia s.r.l., pur già pronunciata con la sentenza non definitiva, e oggetto di giudizio di rinvio pendente davanti alla corte d’appello; e la condanna del fallimento, che non era parte costituita in causa, al pagamento dell’opera eseguita dal C..

15. Entrambe le doglianze, riscontrate negli atti, sono fondate, e comportano, con l’accoglimento del motivo, la cassazione su questi punti dell’impugnata sentenza. La causa, peraltro può essere decisa anche nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini in fatto, con la dichiarazione di nullità della sentenza n. 2952 del 2004 del Tribunale di Roma, nella parte in cui contiene le statuizioni censurate per violazione del bis in idem e del contraddittorio.

16. Le spese del giudizio di legittimità seguono la prevalente soccombenza dei ricorrenti principali, e sono liquidate come in motivazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta l’istanza di riunione del presente ricorso n. 27631- 09 e del ricorso 6313-2010. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Accoglie il quinto motivo del ricorso principale, che rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito dichiara la nullità della sentenza di primo grado, nella parte in cui rigetta la domanda di accertamento della responsabilità contrattuale della società Santa Cecilia s.r.l. e condanna il fallimento della Santa Chiara s.r.l. al pagamento della somma contrattualmente dovuta ai ricorrenti; condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 11.200,00, di cui Euro 11.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

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