Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-10-2011) 01-12-2011, n. 44626 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza dell’8 febbraio 2011, il Tribunale di Paola ha dichiarato la sospensione dei termini di custodia cautelare in atto a carico tra gli altri, di R.N.. Avverso tale provvedimento l’imputato ha proposto appello, ai sensi dell’art. 310 c.p.p.; il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 19 aprile 2011 ha accolto l’impugnazione. Ha proposto ricorso per Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Catanzaro deducendo:

a) Nullità dell’ordinanza per violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e c), con riferimento all’art. 310 c.p.p..

Il P.M. ha censurato l’esercizio da parte del Tribunale di un potere non consentito, nel senso che la ritenuta inadeguatezza della motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero giustificato la sospensione della decorrenza dei termini di custodia cautelare da parte dei giudici del dibattimento, avrebbe dovuto comportare l’integrazione della medesima dal parte del collegio; in ogni caso il mero annullamento dell’ordinanza, senza un rinvio al giudice a quo per diversa e ulteriore motivazione avrebbe determinato uno stallo procedimentale, determinante anche incertezza circa il prosieguo della procedura incidentale perchè legittima il P.M. a nuova domanda sul tema, pur in presenza di un provvedimento ricorribile e, nella specie, impugnato perchè non condivisibile; ha concluso, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto nei sensi più oltre chiariti Il Tribunale del riesame di Catanzaro, richiamando anche il contenuto dell’ordinanza del Tribunale di Paola, ha evidenziato le ragioni dalle quali desumere l’inesattezza della motivazione che sorregge la dichiarazione di sospensione dei termini di custodia cautelare per complessità (oggettiva e soggettiva) del dibattimento:

a) il numero degli imputati, b) la gravità dei reati relativi a fatti di criminalità organizzata, c) la previsione che nei termini di fase, essendo stati escussi solo in parte i 400 testi ammessi, non fosse esauribile l’istruttoria in corso.

Secondo il Tribunale del riesame erroneamente da questi elementi il Giudice di merito avrebbe ricavato la sussistenza dei motivi che legittimano – ex art. 304 c.p.p., comma 2 – la sospensione dei termini di custodia cautelare.

Secondo il Tribunale del riesame il riferimento al numero degli imputati, che implica l’esame delle correlate imputazioni, sarebbe puramente teorico in quanto manchevole di riferimenti in ordine alla natura, oggetto e quantità delle deduzioni da esaminare. A tal fine non sarebbe pertinente il riferimento alla escussione dei numerosi testi ammessi, in quanto non sarebbero state precisate le ragioni per le quali nel lungo lasso di tempo trascorso, non sia stata esaurita l’istruttoria. Questa circostanza sarebbe rilevante perchè non consentirebbe di verifìcare se il ritardo nell’istruttoria sia imputabile a esigenze organizzative generali, la cui rimozione sarebbe di competenza degli uffici giudiziari, e che quindi non potrebbero essere poste a base del provvedimento impugnato,comportando il sacrifico della libertà personale, oppure siano esigenze organizzative "speculari rispetto allo specifico procedimento penale a carico dell’imputato" destinatario del provvedimento di sospensione, quali l’esigenza ad esempio, di apprestare mezzi particolari per garantire l’incolumità dei testi.

Su queste basi, che secondo il Tribunale, "complessivamente valutate, non sembrano idonee a motivare la ragionevole prognosi di particolare complessità del dibattimento" è stata annullata l’ordinanza impugnata.

Osserva la Corte che la decisione del Tribunale del riesame non è in linea con la giurisprudenza di legittimità assolutamente prevalente con riferimento al tema della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. Al riguardo è sufficiente rilevare che la causa di sospensione rappresentata dalla complessità del dibattimento ( art. 304 c.p.p., comma 2) ha natura obbiettiva ed unitaria ed è stata quindi, ritenuta adeguatamente motivata l’ordinanza con cui il giudice nel disporre, sulla base dell’art. 304 c.p.p., comma 2, la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare per la complessità del dibattimento, faccia riferimento al numero degli imputati, dei difensori e delle imputazioni, nonchè alla qualità e natura delle questioni da esaminare. (Sez. 4, Sentenza n. 17576 del 14/01/2004 Cc. – dep. 16/04/2004 – Rv. 228174).

Nè, a tal proposito, si può sostenere che la motivazione del Tribunale, sulla particolare complessità del dibattimento, sia incoerente, generica o mancante. Si deve, infatti, osservare che un processo può essere ritenuto particolarmente complesso anche se il numero degli imputati non è elevato, anche se le imputazioni non sono numerose, ma la qualità e la natura delle questione trattate sono tali da legittimare il giudizio di complessità; a maggior ragione si può affermare la particolare complessità del processo quando il numero degli imputati è elevato – nel caso di specie 23 imputati, oltre 8 parti civili e 400 testi – quando le imputazioni sono altrettanto numerose e rilevante è il numero dei difensori, e quando a tutto ciò si aggiunge la peculiare qualità e la peculiare natura delle questioni da trattare, come avviene per i casi di reati collegati alla criminalità organizzata.

L’indicazione di questi parametri – numero degli imputati, delle imputazioni, dei difensori, qualità e natura delle questioni, numero dei testi – non ha nulla a che vedere con le formule di stile, cosicchè appare corretta la censura dedotta dal p.m. ricorrente che ha contestato, anche il mancato uso, da parte del Tribunale del riesame, dei suoi poteri per contestare quei numeri e, soprattutto, se avessero adeguatamente contrastato il giudizio del Tribunale di Paola, sulla complessità delle questioni da esaminare e, quindi, anche sul tempo che la discussione degli avvocati e l’esame dei testi avrebbe richiesto. E che i parametri invocati dal P.M. non siano formule di stile è affermazione che trova puntuale conferma, come si è già detto, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale, "in materia di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, la complessità del dibattimento, di cui all’art. 304 c.p.p., comma 2, può essere desunta dal numero dei reati, dal numero degli imputati, dalla vastità dalle imputazioni, dalle modalità e dagli intrecci della concreta fattispecie, circostanze che possono anche preludere al numero e alla complessità degli interventi nella discussione" (Cass., 26 novembre 1997, n. 4625, rv.

209044; 23 dicembre 1996, n. 4593, rv. 206501, ecc).

L’art. 304 c.p.p., comma 2 stabilisce che la sospensione può essere disposta "nel caso di dibattimenti particolarmente complessi durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado e nel giudizio di impugnazione" e questo testo è tale da far ritenere che la legge richieda, per la sospensione dei termini, sia nel giudizio di primo grado, sia nel giudizio di impugnazione, la sola condizione della particolare complessità dei dibattimenti. E nel caso in esame appare rilevante, ai fini della decisione, la circostanza, non valutata dal Tribunale del riesame, che lo stesso ricorrente, nell’atto d’impugnazione affermi che è "innegabile che il procedimento "de quo", abbia un elevato coefficiente di complessità in ragione delle imputazioni e del numero degli imputati". Di fronte a questi elementi oggettivamente evidenziabili, e che implicitamente contengono una risposta anche alla censurata mancata esplicazione della lunghezza dell’istruttoria, non appare condivisibile il giudizio perplesso sulla legittimità dell’ordinanza espresso in motivazione, con riferimento ad esigenze organizzative generali che non giustificherebbero l’adozione del provvedimento di sospensione. Sotto questo profilo, infatti, deve ricomprendersi nella nozione di complessità, oltre il riferimento alla trattazione e alla decisione del processo, in relazione all’approfondimento delle posizioni di ciascun imputato e all’assunzione di numerosi mezzi di prova, anche le oggettive difficoltà e ostacoli di natura logistica riguardanti l’organizzazione dei mezzi e delle strutture necessarie per lo svolgimento del dibattimento (Cass., sez. 6^, 26 ottobre 2004, n. 10, CED 230516; Cass., sez. 5^, 27 aprile 2010, n. 21325, CED 247308).

Nell’ambito di tale valutazione entrano anche ragioni "estrinseche" al processo, quali possono essere il mutamento dell’organo giudicante, che non possono essere automaticamente qualificate come "disfunzioni" dell’apparato giudiziario, ma costituiscono invece un fenomeno fisiologico, in quanto connaturato alla garanzia costituzionale del giudice precostituito, alla possibilità di rinnovazione degli atti e alla valutazione dell’opportunità della rinuncia dell’esercizio di tale facoltà lasciata all’interessato, in particolare se un provvedimento di sospensione dei termini era già stato adottato in precedenza (v. anche Cass. sez. 1^, 23/04/1997 n. 2962, CED, n. 207775); una riprova di tale assunto si rinviene nell’ormai consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, in tema di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, il provvedimento adottato dal giudice del dibattimento con ordinanza ex art. 304 cod. proc. pen., commi 2 e 2, non perde efficacia nel caso di rinnovazione del dibattimento conseguente a mutamento della composizione dell’organo giudicante, non solo perchè nessuna norma prevede una simile conseguenza, ma anche perchè ciò sarebbe in contrasto con il principio generale di conservazione degli atti (Cass, sez. 1^, 27 novembre 2003, n. 38433 CED, n. 229732), agevolmente desumibile, quale criterio ispiratore dell’intero ordinamento processuale, dalla disciplina dettata dall’art. 42 cod. proc. pen. in tema di astensione e ricusazione (vedi: Sez. 1^, Sent. n. 3538 del 1 ottobre 1994, Rv. 199356; Sez. 6, Sent. n. 188 del 6 febbraio 1997, Rv. 207512; Sez. 6, Sent. n. 9 del 18 febbraio 1997, Rv. 208168; Sez. 6, Sent. n. 1728 del 2 giugno 1997, Rv. 208213; Sez. 1, Sent. n. 33377 del 5 settembre 2001, Rv. 219350).

Sostanzialmente dunque il Tdl di Catanzaro aveva la possibilità di ricavare dai dati cartolari tutti gli elementi concreti per valutare positivamente, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra enunciati, la legittimità del provvedimento adottato dal Tribunale di Paola.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *