Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-10-2011) 01-12-2011, n. 44624 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di:

S.R.;

– indagato per il reato L. n. 356 del 1992, ex art. 12 quinquies, per avere attribuito fittiziamente la titolarità dei beni in sequestro alla figlia S.B. – il GIP presso il Tribunale di Bari, in data 22.10.2010, emetteva il decreto di sequestro preventivo, finalizzato anche alla confisca L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies, su un’autovettura e sulle somme di denaro depositate in due conti correnti bancari, beni formalmente intestati a S.B. – figlia convivente del predetto indagato – avverso tale provvedimento di sequestro proponeva impugnazione S.B. nella qualità di terza non indagata e il Tribunale per il riesame di Bari, con decisione del 29.11.2010, rigettava il gravame e confermava il provvedimento impugnato.

-ricorre per cassazione S.B. a mezzo del Difensore di fiducia:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

La ricorrente censura l’ordinanza per omessa ed illogica motivazione e violazione della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, osservando – quanto al sequestro dell’autovettura- che il tribunale avrebbe dovuto dimostrare la sproporzione tra il bene e la capacità economica della S.B.;

– il Tribunale avrebbe omesso di motivare specificamente sia in relazione alla provata esclusiva disponibilità del singolo bene – cioè dell’autovettura – in capo alla ricorrente e sia in relazione alla compatibilità di tale proprietà con la capacità reddituale della medesima ricorrente;

– a parere della ricorrente il Tribunale sarebbe venuto meno all’obbligo di motivare, per ogni singolo bene, sulla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per legittimare il sequestro D.L. n. 306 del 1992, ex art. 12 sexies;

CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

Occorre premettere, con specifico riferimento all’imputazione del reato presupposto, che il reato di cui all’art. 12 quinquies cit., è una fattispecie a forma libera, comprensiva di ogni condotta che comporti il concreto risultato di una volontaria attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di denaro o altre utilità al fine di eludere talune disposizioni legislative.

Si è anche precisato che l’espressione "attribuzione" ha una valenza ampia che rinvia non soltanto alle forme negoziali tradizionalmente intese, ma a qualsiasi tipologia di atti idonea a creare un apparente rapporto di signoria tra un determinato soggetto e il denaro, i beni o le altre utilità, rispetto alle quali, però, rimane intatto il potere di colui che effettua l’attribuzione o per conto o nell’interesse del quale l’attribuzione è operata (Sez. 3, 15 luglio 1993, n. 1665, Lai; Sez. 2, 9 luglio 2004, n. 38733, P.M. in proc. Casillo).

Alla luce di tali principi va subito evidenziato che la ricorrente non censura nel complesso il provvedimento cautelare, ma limita il ricorso esclusivamente al sequestro dell’autovettura osservando che, per questo specifico bene, non ricorrerebbero gli estremi per la misura.

Le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, commi 1 e 2, consistono, quanto al "fumus commissi delicti", nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino nè la sussistenza degli indizi di colpevolezza, nè la loro gravità; quanto al "periculum in mora", coincidendo quest’ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. (Cassazione penale, sez. 2^, 15/04/2010, n. 18053).

Tali principi vanno però valutati alla luce del corollario che, pur essendo la somma dei beni di valore sproporzionato al reddito, la confiscabilità non può prescindere da una peculiare valutazione in relazione ad ogni singolo bene.

Sul punto la Giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare (Cassazione penale, sez. 1^, 13/05/2010, n. 21079) che l’assetto normativo della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, individua la confisca in esame alla stregua di una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all’affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla L. 32 maggio 1965, n. 575;

– deve tuttavia tenersi presente che legislatore impiega il termine "sproporzione" e ciò rimanda ad un incongruo squilibrio tra guadagni e capitalizzazione, elementi questi da valutarsi secondo le comuni regole di esperienza;

– la sproporzione così intesa è inoltre riferita "non al patrimonio come complesso unitario, ma alla somma dei singoli beni, con la conseguenza che i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, non vanno fissati nel reddito dichiarato o nelle attività al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel reddito e nelle attività nei momenti dei singoli acquisti, rispetto al valore dei beni volta, a volta acquisiti";

– la presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale è dunque applicabile solamente quando risulti "la sproporzione tra il valore dei beni da un lato e i redditi e le attività economiche dall’altro, al momento di ogni acquisto dei beni stessi";

-ne consegue che, potendo la confisca essere disposta soltanto nei limiti in cui vale la presunzione di illecita accumulazione, neppure la misura cautelare finalizzata alla sua realizzazione può cadere su quote del patrimonio che certamente si riferiscono a beni di cui è pienamente giustificata, anche prò parte, la legittima provenienza, dovendo i due istituti considerarsi "specularmente correlati sul piano dei presupposti" (C. cost. n. 18 del 1996).

Ne consegue che la misura ablativa e correlato sequestro non potranno che essere disposti "pro parte", in guisa da non cadere su beni o porzioni di beni suscettibili d’autonoma considerazione e non significativamente incrementati nel loro valore patrimoniale con l’apporto di capitali illeciti.

Invero la confisca prevista dalla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, non comporta l’accertamento di un rapporto di pertinenzialità del bene da confiscare con uno dei reati tassativamente indicati in tale disposizione e per i quali interviene condanna. Neppure è necessario accertare un nesso di pertinenzialità con un’attività delittuosa del condannato, nè che i beni siano stati acquistati in un periodo di tempo prossimo alla commissione del delitto sorgente.

E’ però necessario che sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità dell’indagato (nel caso:

del terzo)e il reddito dichiarato o i proventi della sua attività economica, quali accertati con riferimento al momento dell’acquisto, e che non risulti una giustificazione credibile della loro lecita provenienza. (Cassazione penale, sez. un., 17/12/2003, n. 920 – Mortella -).

Ma di tale ultimo aspetto non s’è interessato il Tribunale, ritenendo erroneamente (anche in contrasto con SU. Montella -pur citata nel provvedimento) che bastava al sequestro la circostanza che l’intero patrimonio nella disponibilità della ricorrente fosse, nella sua complessiva consistenza e alla data della misura, sproporzionato per valore rispetto alle sue fonti lecite di guadagno e che non rilevasse affatto nè: -la legittimità della provenienza e – l’assenza di sproporzione, alla data dell’acquisto, dell’autovettura in questione.

Al contrario, emerge in maniera chiara dalla stessa ordinanza impugnata che la ricorrente è titolare di uno stipendio mensile di Euro 1.100 a fronte del quale ha contratto un finanziamento per l’acquisto dell’autovettura che comporta un esborso mensile di Euro 232,00, all’evidenza compatibile e proporzionato al suo reddito.

Il Tribunale è incorso in violazione di legge (il che giustifica il ricorso ex art. 325 c.p.p. in tema di misura cautelari reali) allorchè, in contrasto con i principi affermati nella sentenza "Montella" SSUU n 920 del 17.12.2003 , ha considerato l’intero patrimonio accumulato dalla ricorrente (deposito bancario, immobili ed autovettura), valutandolo alla luce del suo modesto reddito, trascurando però si distinguere tra i vari cespiti nonchè tra le modalità e l’epoca di acquisto dei medesimi.

Conclusivamente, l’ordinanza impugnata non può che essere annullata in relazione al sequestro dell’autovettura in oggetto che, per le ragioni sopra esposte, risulta legittimamente acquistata sia con riferimento alle modalità di acquisto (regolare contratto assistito da finanziamento), sia con riferimento al dato temporale (acquisto successivo all’acquisizione del reddito mensile da lavoro) e sia con riguardo al requisito della proporzionalità (rata mensile del tutto compatibile con l’importo dello stipendio mensile).

L’annullamento va disposto senza rinvio, potendo questa Corte provvedere direttamente ai provvedimenti necessari, ( art. 620 c.p.p., lett. i)).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnata ordinanza nonchè il decreto di sequestro preventivo limitatamente all’autoveicolo targato (OMISSIS).

Si provveda a norma dell’art. 626 c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *