Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-06-2012, n. 10386 Fideiussione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con citazione del 24/1/2000 R.L. e S.G. convennero in giudizio la Cassa San Giacomo S.p.A. dinanzi al Tribunale di Catania esponendo di aver prestato fideiussione a favore della Cassa sia in relazione ai debiti verso quest’ultima contratti da Arcar S.r.l che di quelli contratti da Frenoricambi S.r.l. e che nel 1994 la banca aveva revocato gli affidamenti ai debitori principali chiedendo sia a costoro che ai fideiussori l’immediato rientro delle esposizioni. Essi, spinti dal timore di vedere aggredito il loro patrimonio, avevano pertanto dapprima concesso alla banca ipoteca volontaria allo scopo di garantire i suoi crediti ed avevano poi, il 4/9/1995, proposto un piano di rientro che, accettato dalla banca, aveva comportato il pagamento, da parte loro, di lire 140.515.118 quanto alla esposizione di Arcar e di L. 52.800.000 quanto alla esposizione di Frenoricambi (residuando ulteriori L. 50 milioni di esposizione di quest’ultima).

Poichè il debito dei debitori principali era stato malamente determinato, posto che gli importi pretesi dall’istituto di credito erano discendenti dal conteggio di interessi ultralegali non dovuti perchè non pattuiti per iscritto e dalla capitalizzazione trimestrale degli interessi, clausola parimenti nulla perchè contraria a legge, chiesero la condanna della banca a restituire le somme da essi corrisposte in relazione ad Arcar e non dovute per le ragioni predette nonchè la determinazione dell’effettivo debito di Frenoricambi con condanna della banca, anche in relazione a tale esposizione, a restituire l’importo eventualmente da essi già in eccesso corrisposto.

Si costituì la Cassa che eccepì come per le posizioni debitorie indicate dagli attori essa avesse chiesto ed ottenuto decreti ingiuntivi notificati anche a costoro i quali non erano stati opposti. Non poteva più, pertanto, essere messo in discussione l’importo del suo credito. Nel merito contestò comunque la fondatezza della domanda di cui chiese il rigetto.

Espletata consulenza tecnica d’ufficio, l’istruttore, con ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. del 10/12/2003 intimò alla convenuta banca di restituire agli attori la somma di Euro 68.765,50 oltre interessi dalla domanda ed oltre spese processuali.

Dopo avere rinunciato alla pronuncia della sentenza, la Cassa San Giacomo S.p.A. Gruppo Bancario Valtellinese propose appello contro l’ordinanza chiedendone la riforma con conseguente rigetto della domanda attorea e condanna degli attori a restituire l’importo di Euro 86.004,51 già loro versato per effetto dell’ordinanza medesima.

Con sentenza del 6.8.2010 la Corte di appello di Catania, in riforma dell’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., rigettò la domanda e condannò gli attori a restituire alla banca appellante le somme percepite.

La corte territoriale ritenne fondata l’eccezione di giudicato sollevata dalla banca in relazione ai decreti ingiuntivi non opposti.

Eccezione disattesa dal tribunale per la rilevata nullità della notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c. ma, secondo la corte di merito, erroneamente perchè la nullità (e non l’inesistenza, per la quale opera l’inefficacia di cui all’art. 644 c.p.c.) della notificazione del decreto ingiuntivo può essere fatta valere soltanto con il rimedio dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c..

Opposizione che gli attori neppure avevano dedotto di avere proposto, talchè operava il giudicato di cui all’art. 647 c.p.c. perchè l’efficacia di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto non viene meno, di per sè, neanche a seguito dell’opposizione tardivamente proposta nè, a fortiori, per la sola proponibilità di essa (19429/05 e sez. un. n. 11549/98).

Pertanto, in considerazione del giudicato non poteva più essere rimesso in discussione nè l’importo ingiunto nè la validità ed efficacia del rapporto negoziale da cui esso è stato originato e la domanda attorea, che a tale giudicato si contrapponeva doveva essere rigettata.

Contro la sentenza di appello gli attori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la banca intimata.

2.- Con i motivi di ricorso i ricorrenti denunciano 1) violazione degli artt. 112, 324 e 647 c.p.c., artt. 2967 e 2909 c.c.; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 650 c.p.c. e 3) vizio di motivazione.

Le questioni poste con le censure sono sostanzialmente due: a) se il giudicato esterno formatosi per la mancata opposizione avverso un decreto ingiuntivo possa ritenersi provato con la mera produzione di "fotocopia" del provvedimento munito di clausola di provvisoria esecuzione concessa nell’ambito di giudizio di opposizione promosso da alcuni soltanto dei debitori ingiunti ovvero occorra in ogni caso la produzione di copia del provvedimento con il relativo attestato di cancelleria; 2) se, nell’ipotesi di nullità della notificazione del decreto ingiuntivo, l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. possa essere proposta nel giudizio di cognizione già instaurato nel quale l’autorità di giudicato del decreto ingiuntivo sia invocato (come nella specie) mediante contestazione contenuta nella memoria ex art. 183 c.p.c, successiva alla notizia che abbia avuto l’ingiunto dell’esistenza del decreto, convertendosi, in tal modo, la contestazione nell’opposizione tardiva, sussistendone i requisiti temporali (dieci giorni dal primo atto esecutivo) e la competenza del giudice.

3.- Il ricorso è fondato.

Occorre premettere (anche alla luce delle conclusioni del P.G.) che la mancanza della certificazione ex art. 647 c.p.c. nei decreti ingiuntivi prodotti dalla banca è non solo pacifica tra le parti ma espressamente ammessa dalla resistente nel controricorso (pag. 6).

Ciò premesso, va ricordato che il decreto ingiuntivo è un provvedimento idoneo ad acquistare autorità ed efficacia di giudicato, al pari di una sentenza di condanna, sia in ordine alla regolarità formale del titolo, sia in ordine alla esistenza del credito. Perchè il giudicato possa formarsi è, tuttavia, necessario che il decreto, verificandosi una delle condizioni previste dall’art. 647 cod. proc. civ. (mancata opposizione o mancata costituzione dell’opponente), sia dichiarato esecutivo, o che l’opposizione sia rigettata con sentenza passata in giudicato o, infine, che il processo relativo alla opposizione sia dichiarato estinto (Sez. 1, n. 2627 del 20/09/1971).

Da tempo, peraltro, questa Corte (Sez. 1, n. 6085/2004 e, di recente, Sez. 6-1, n. 28553/2011) ha evidenziato che il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale soltanto a seguito della dichiarazione di esecutività ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ., ancorchè l’effetto preclusivo di carattere processuale (giudicato formale) si produca anche a prescindere da essa.

La ratio di tale orientamento giurisprudenziale va vista in ciò che l’esigenza di un controllo giudiziario sulla esistenza e validità della notifica del decreto sembra ineliminabile, perchè è conseguente al principio del contraddittorio: solo nei confronti dell’ingiunto che ha avuto conoscenza della provocatio dell’ingiungente si può configurare una acquiescenza alla pretesa avversaria ed il visto ex art. 647 c.p.c. ne costituisce l’accertamento, necessario all’efficacia extraprocessuale del giudicato, come, simmetricamente, l’accertamento dell’omessa od inesistente notifica è condizione ineliminabile della declaratoria di inefficacia ex art. 188 disp. att. c.p.c.. La esecutività, in quanto può conseguire anche ai provvedimenti di cui agli artt. 641, 642, 654 c.p.c., costituisce un effetto ulteriore e distinto rispetto all’accertamento del giudicato sostanziale (Sez. 1, n. 6085/2004, cit.).

Di tale ultimo orientamento va condivisa e ribadita interamente la motivazione, secondo la quale l’efficacia di giudicato (sostanziale) del decreto ingiuntivo non opposto, senza necessità di visto, viene affermata, non univocamente, in dottrina, nel rilievo che sarebbe inutile la previsione di un termine (perentorio: Cass. 1251/66;

15959/00) per proporre opposizione se poi, all’inutile decorso, non si collegasse alcun effetto di irrevocabilità del decreto; più univoca, invece, la soluzione giurisprudenziale che, nelle massime più risalenti, è esplicita nel senso che il decreto ingiuntivo, solo se dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata (Cass. 784/64; 659/66;

1246/66; 1776/67; 1125/68; 2627/71) mentre l’ulteriore effetto del visto, di conferire l’esecutività al decreto che ne è privo, è sottolineato da altre pronunce (Cass. 181/65; 1028/70; 2412/70;

3244/73). Non sono in contrasto, sul punto, le sentenze che ammettono la possibilità di eccepire l’irrevocabilità del decreto ai sensi dell’art. 345 c.p.c. (Cass. 3107/91; 758/90; S.U., 2388/82) e di rilevarne la irrevocabilità come giudicato interno (Cass. 2707/90;

1492/89) o riconoscono, nel caso di notifica nulla (ma non inesistente) o di notifica oltre il termine fissato dall’art. 644 c.p.c., la necessità dell’opposizione – eventualmente, tardiva:

Cass. 9872/97; 10183/01 – onde evitare la sanatoria per eventuale acquiescenza (perchè anche all’opposizione a decreto ingiuntivo è applicabile il principio, dettato dall’art. 161 c.p.c., comma 1, della conversione delle nullità in motivi di impugnazione: Cass. 2724/90; 5234/91). Si tratta, infatti, del giudicato formale, interno, endoprocessuale che si esprime nella impossibilità di utilizzare, contro il decreto, i mezzi di impugnazione ordinari, mentre la necessità del visto riguarda il giudicato sostanziale, ovverosia la possibilità del decreto non opposto di produrre effetti al di fuori del processo (Sez. 1, n. 6085/2004, cit.). Giudicato sostanziale che è invocato nel presente giudizio.

D’altra parte, in una fattispecie analoga si è ritenuto che "l’opposizione a precetto può essere convertita in opposizione tardiva, qualora solo attraverso il precetto l’intimato abbia avuto conoscenza del decreto ingiuntivo" (Sez. 3, Sentenza n. 24398 del 01/12/2010; v. anche Sez. 3, Sentenza n. 18847 del 09/07/2008). Nella concreta fattispecie i ricorrenti deducono di avere introdotto tempestivamente (e come è consentito dall’art. 183 c.p.c., comma 5) una domanda sostanzialmente corrispondente all’opposizione tardiva dopo avere appreso, con la produzione in giudizio, dei decreti ingiuntivi la cui notificazione nulla è stata rilevata dal tribunale e data per ammessa dalla corte di merito. Pertanto, si impone una nuova valutazione degli atti processuali da parte del giudice del rinvio il quale terrà conto, altresì, del principio per il quale ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 cod. proc. civ.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione. Tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario. Ove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 cod. proc. civ., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla stessa ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile (Sez. Un., Sentenza n. 14572 del 22/06/2007).

L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso comporta l’assorbimento del terzo motivo.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catania,, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per le spesedel giudizio di legittimità alla Corte di appello di Catania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

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