Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-06-2012, n. 10384 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 12-11-2010 il Tribunale per i Minorenni di Roma aveva dichiarato lo stato di adottabilità di A. C., e confermato la sospensione della potestà genitoriale della madre M.A., vietando ogni contatto del minore con la madre ed i parenti.

Proponeva appello la nonna materna del minore D.U.;

nonchè il nonno materno M.F..

Si costituiva il curatore speciale del minore, chiedendo il rigetto degli appelli.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 17-5 – 22-7-2011, rigettava gli appelli.

Ricorre per cassazione la madre del minore.

Resiste con controricorso il curatore speciale del minore.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 10 in relazione all’art. 51 c.p.c., e vizio di motivazione, in punto conflitto e incompatibilità del giudice di primo grado. In particolare essa lamenta l’omessa astensione del giudice Rivellese, innanzi alla quale si è svolto il giudizio di primo grado, nonostante l’incompatibilità di queste, essendo stata destinataria di denuncia da parte della M..

Come chiarisce la Corte di merito, per giurisprudenza costante (tra le altre, Cass. n. 13433 del 2007; 14807 del 2008), la pretesa di incompatibilità del giudice non determina alcuna nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione che la parte ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione del giudice, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c.. Aggiunge correttamente il giudice a quo che una mera denuncia non può condurre, in termini di automaticità, ad incompatibilità del giudice del procedimento, per il rischio evidente di strumentalizzazione che tale automaticità determinerebbe.

Il motivo va pertanto rigettato, in quanto infondato.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, nonchè vizio di motivazione, in punto di assenza di stato di abbandono.

Con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione del medesimo articolo, nonchè vizio di motivazione, in punto assenza di privazione dell’assistenza morale e materiale.

I due motivi possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente collegati, e vanno rigettati, per infondatezza.

In sostanza, la ricorrente, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, finisce per proporre profili di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, in contrasto con le indicazioni della sentenza impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica.

Il giudice a quo esamina, in modo ampio e particolareggiato, le vicende relative all’odierna, ricorrente e il suo rapporto con il bambino, i ripetuti tentativi dei servizi sociali di intervento a favore della madre e del minore (in particolare l’ospitalità in casa- famiglia) non andati a buon fine, a causa della forte opposizione e della totale mancanza di consapevolezza della madre stessa, incapace di accudire direttamente il bambino e costante nel rifiuto di ogni aiuto esterno.

Aggiunge la sentenza impugnata che il rapporto dei nonni, tra l’altro in conflitto profondo tra loro e con la figlia, con C. era pressochè inesistente.

Richiama in particolare il giudice a quo le numerose relazioni dei servizi, nonchè una valutazione della capacità della ricorrente e dei nonni materni, del tutto negativa, effettuata presso il Centro Clinico (OMISSIS) da un neuropsichiatra infantile e uno psicoterapeuta.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8 e vizio di motivazione, in punto erronea valutazione circa la sussistenza della forza maggiore.

Il motivo va dichiarato inammissibile.

Il ricorso deve censurare profili della sentenza impugnatale, al contrario, non fa alcun riferimento, neppure per implicito, alla forza maggiore di cui alla L. n. 184, art. 8.

Non si comprende bene a che cosa la ricorrente si riferisca, se alla valutazione fortemente negativa del Centro Clinico, ovvero al suo rifiuto all’intervento dei servizi. Dunque, anche sotto tale profilo, il motivo appare inammissibile.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

La natura della causa e la posizione delle parti richiedono la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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