Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-07-2011) 01-12-2011, n. 44666

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 17/12/2010 il G.I.P. del Tribunale di Benevento rigettava l’istanza avanzata da F.N., per la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare degli arresti domiciliari, ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3. Con provvedimento del 9/3/2011 il Tribunale del Riesame di Napoli, in sede di appello cautelare, confermava l’ordinanza di rigetto.

Osservava il Tribunale che la seconda ordinanza cautelare (nr.

1692/O9 del 9/12/2010) era stata emessa per fatti commessi successivamente (fino al 20/5/2009) alla emissione della prima ordinanza (nr. 2049/08 del 16/5/2009). Inoltre le misure erano state emesse in diversi procedimenti, in relazione a fatti non legati dal vincolo della continuazione e, quindi, da una connessione "qualificata". Infine, in relazione al secondo fatto, al momento della emissione della prima misura, non erano ancora desumibile il quadro indiziario a sostegno della seconda misura.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla mancata retrodatazione della seconda ordinanza al dì di esecuzione della prima (20/5/2009; dal 25/11/2009 agli arresti domiciliari) con conseguente declaratoria di decorrenza dei termini.

Invero l’ultimo reato era stato commesso dal F. il (OMISSIS) e quindi antecedentemente alla adozione della prima ordinanza del 16 maggio; inoltre i diversi fatti erano avvinti da una connessione qualificata e, pertanto la retrodatazione operava automaticamente, indipendentemente dalla desumibilità degli elementi indiziari.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Prima di affrontare il caso oggetto di giudizio è opportuno fare una premessa di natura terminologica. Infatti per risolvere la questione della retrodatazione dei termini di custodia, ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, la giurisprudenza distingue a seconda che tra i reati per cui si procede sussista o meno una "connessione qualificata".

Orbene con tale termine, richiamato dall’art. 297, comma 3 si intende il legame codificato nell’art. 12 c.p.p., lett. b) e c), ovvero delitti legati dal vincolo del concorso formale, della continuazione o del nesso teleologia) (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 18340 del 11/02/2011 Cc. (dep. 10/05/2011), Scarda, Rv. 250305; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 44381 del 25/11/2010 Cc. (dep. 16/12/2010), Noci, Rv.

248895; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8839 del 08/01/2010 Cc. (dep. 05/03/2010), Fontana, Rv. 246380).

3.2. Ciò premesso, va ricordato che questa Corte di legittimità è giunta in tema di retrodatazione ad approdi interpretativi definitivi, con decisione adottata delle Sezioni Unite con sentenza n. 21957 del 2005. Con tale pronuncia sono state distinte tre ipotesi a cui ricollegare una differente disciplina applicabile.

La prima ipotesi ricorre quando nei confronti di un imputato, nel medesimo procedimento, sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologia (cd. connessione qualificata): in tal caso la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le Ordinanze successive (art. 297 c.p.p., comma 3). Opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell’emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. (dep. 10/06/2005), Rahulia, Rv. 231057).

Nell’affermare tale principio le Sezioni Unite hanno precisato che non si tratta di una presunzione di conoscenza dell’esistenza di tali condizioni, ma si tratta, più semplicemente, di una regola diretta a far decorrere gli effetti della custodia in carcere dal momento della cattura anche per i fatti connessi a norma dell’art. 297 c.p.p., comma 3, conosciuti o meno che questi fossero da parte del pubblico ministero, esistenti o meno che fossero all’epoca le condizioni per l’emissione anche rispetto ad essi della misura cautelare; e la ratio della disposizione è verosimilmente quella (individuata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 89 del 1996) di mantenere la durata della custodia cautelare nei limiti stabiliti dalla legge, anche quando nel corso delle indagini emergono fatti diversi legati da connessione qualificata.

La seconda ipotesi ricorre quando nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi, in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, in procedimenti diversi :

in tal caso opera la retrodatazione (anche, quindi, rispetto ai fatti oggetto di un "diverso" procedimento), se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza (nell’affermare tale principio, questa Corte di legittimità ha precisato che quello previsto dall’art. 297 è l’unico caso in cui opera la regola della retrodatazione per fatti oggetto di procedimenti diversi) (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. (dep. 10/06/2005), Rahulia, Rv. 231058).

La terza ipotesi ricorre nel caso di emissione nei confronti di un imputato, nello stesso procedimento, di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297, comma 3 (cd. connessione qualificata): in tal caso i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento dell’emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive Le Sezioni Unite, hanno poi precisato che tale regola di retrodatazione, non si applica con riferimento a misure cautelari disposte in procedimenti diversi (cfr.

Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. (dep. 10/06/2005), Rahulia, Rv. 231059).

3.3. Orbene, ricostruiti così i principi in materia, va osservato che nel caso oggetto dell’odierno giudizio, le diverse misure cautelari non sono state emesse in relazione agli stessi reati e pertanto non è applicabile l’art. 297, comma 1.

Inoltre sono state emesse in diversi procedimenti in relazione a reati per i quali non sussiste connessione qualificata, in quanto allo stato, come osservato dal Tribunale di Napoli, non può evincersi tra i fatti il vincolo della continuazione, in quanto non sono rintracciabile elementi da cui desumere il medesimo disegno criminoso, non potendosi tale vincolo rintracciare nella tendenza di un imputato a commettere la stessa tipologia di delitti.

Sul punto va ricordato che questa Corte ha statuito che l’esistenza della connessione qualificata costituisce apprezzamento riservato, quanto alla valutazione del materiale probatorio o indiziario, al giudice di merito che deve adeguatamente e logicamente motivare il proprio convincimento (Cass. sez. 4, Sentenza n. 9990 del 18/01/2010 Cc. (dep. 11/03/2010), Napolitano, Rv. 246798). Nel caso di specie, la coerenza del ragionamento del Tribunale, rende insindacabile la esclusione della connessione qualificata.

Peraltro, quanto alla possibilità di desumere i reati oggetto della seconda misura, fin dal dì di adozione della prima, convincentemente il giudice di merito ha escluso tale possibilità, considerato che al momento di emissione della ordinanza del 16/5/2009, erano ancora in corso le intercettazioni, per fatti commessi fino al (OMISSIS), che sono state la base per l’emissione della successiva ordinanza del 9/12/2010.

Pertanto, riassumendo, considerato che le due ordinanza sono state emesse per fatti diversi ed in procedimenti diversi; che tra detti fatti non emerge la sussistenza di una connessione qualificata; che gli elementi di prova dei delitti di cui alla seconda ordinanza non emergevano dagli atti dal dì di emissione della prima, ne consegue la infondatezza della invocata retrodatazione dei termini di custodia.

Ciò senza contare che, secondo la contestazione, i fatti della seconda misura si sono consumati "fino al 20 maggio 2009", quindi in epoca successiva alla emissione della prima.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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