Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2011) 01-12-2011, n. 44637

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16/2/2010 la Corte di Appello di Catania confermava la pronuncia di condanna di primo grado, resa in sede di giudizio abbreviato, a carico di T.C. per i delitti di tentato furto in danno della gioielleria "MA.VI" Group di Catania nelle nottate del 31 gennaio e 2 febbraio 2004.

Osservava la Corte che la responsabilità dell’imputato e del suo complice V.V., emergeva dalle seguenti circostanze :

– i due tentativi di furto erano stati commessi dalle medesime persone con analoghe modalità operative;

– gli atti delittuosi erano stati ripresi dall’impianto di videosorveglianza;

– gli agenti operanti, attraverso la visione delle immagini avevano riconosciuto senza dubbio i due autori, a loro ben noti;

– le autovetture utilizzate per giungere sul posto, una Fiat 600 la prima volta ed una Fiat 500 la seconda, risultavano essere nella disponibilità del V.;

– i due coimputati risultavano avere uno stabile rapporto di frequentazione. Osservava la Corte, conformemente al Tribunale, che le ricordate circostanze rendevano certa la identificazione dell’imputato come autore degli atti delittuosi.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando :

2.1. la violazione di legge ed il difetto di motivazione, in quanto il fotogramma versato in atti non rendeva ben visibile il volto del "palo", ruolo questo svolto dal T.; all’incertezza il giudice di merito avrebbe potuto porre riparo con un’attività di integrazione probatoria ai sensi dell’art. 441 cod. proc. pen., comma 5. 2.2. Il difetto di motivazione sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 5, in quanto la mera circostanza di avere agito di notte non provava la minorata difesa, in presenza peraltro di sofisticati sistemi di allarme e di telecamere.

2.3. La erronea applicazione della legge penale, laddove non era stata riconosciuta la causa di non punibilità della desistenza.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile in quanto in parte fondato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, per altra parte perchè manifestamente infondato.

3.1. In ordine alla identificazione del T., come osservato dalla Corte di merito, essa è stata effettuata dai verbalizzanti sulla base della visione del filmato e non sulla visione di meri fotogrammi. Inoltre gli agenti di P.G. hanno dichiarato di avere riconosciuto l’imputato in termini di certezza. Pertanto, tenuto conto di tali circostanze e del fatto che il giudizio abbreviato è a prova contratta, ne consegue la correttezza della valutazione da parte del giudice di merito della attendibilità del riconoscimento.

Le censure mosse dalla difesa alla sentenza sul punto, esprimono solo un dissenso generico rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.2. Quanto alla ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 5 (minorata difesa), essendo stato il furto commesso di notte, correttamente il giudice di merito ha ritenuto sussistente la circostanza, considerato l’orientamento di questa Corte secondo il quale "La commissione del furto in ora notturna integra di per sè l’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., comma 1, n. 5, (Sez. 5, Sentenza n. 7433 del 13/01/2011 Ud. (dep. 25/02/2011) Rv. 249603), ciò in ragione del fatto che l’assenza di persone nei locali teatro del furto e di persone di passaggio, in orario destinato al riposo, agevola l’attività delittuosa.

Nè può dirsi che la presenza di telecamere ed eventuali allarmi escluda la ricorrenza dell’aggravante, considerato che il primo dei detti presidi non ostacola la commissione del furto, ma rende possibile la identificazione degli autori, sempre che non utilizzino mezzi per evitarlo. La presenza di eventuali sistemi di allarme è idonea ad escludere la circostanza, a condizione che sia certa la loro presenza ed efficienza, il che implica un accertamento di fatto non consentito in questa sede. Pertanto non resta che prendere atto, nel caso di specie, che gli autori del delitto hanno potuto forare la serranda del negozio con un trapano elettrico, in due diverse circostanze, senza che nessun allarme scattasse.

Da quanto detto emerge la manifesta infondatezza della doglianza.

3.3. Infine la censura contenuta nell’ultima parte del ricorso, laddove il difensore lamenta la non valutazione dell’"abbandono dell’azione criminosa posta in essere in occasione di tutti e due i tentativi di commissione del reato", appare formulata in modo generico ed aspecifico, a fronte delle considerazioni dei giudici di merito che hanno ritenuto non configurabile la "desistenza", in quanto non frutto di una scelta volontaria, ma determinata dalla difficoltà di manomettere la serranda del negozio. L’assenza di desistenza era dimostrata dalla reiterazione del tentativo di compiere l’atto delittuoso. Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7- 13 giugno 2000) al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000= in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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