Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2011) 01-12-2011, n. 44634 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 30/6/2008 il Tribunale di Civitavecchia condannava S.G. per due episodi di importazione e detenzione di ingente quantità di cocaina; in particolare, il capo C) relativo a kg. 7 di cocaina importati da (OMISSIS); il capo B) relativo a kg. 11,94 di cocaina importati il da (OMISSIS).

All’imputato veniva addebitato che, in qualità di maresciallo dei Carabiniere in servizio all’aeroporto, unitamente al collega F.M., aveva organizzato l’importazione della droga dal Venezuela, agevolata dalla circostanza che, come appartenente alle Forze dell’Ordine, aveva la possibilità di far eludere i controlli ai corrieri.

All’imputato veniva irrogata la pena di anni 20 di reclusione ed Euro 180.000= di multa, con la continuazione. Con la sentenza veniva assolto dall’imputazione associativa. Osservava il Tribunale che la responsabilità dello S. emergeva, per entrambi gli episodi, da plurime prove, costituite da deposizioni testimoniali; analisi e sviluppo peritale dei tabulati telefonici relativi alle utenze da lui utilizzate e di quelle di altri soggetti; dallo stretto legame di amicizia e frequentazione con il carabiniere F., arrestato in flagranza per l’episodio del 7 novembre; dalle dichiarazioni confessorie rese dal corriere P.E., coinvolto nel primo episodio.

In particolare, per il capo C), episodio del 31 ottobre 2005, il suo coinvolgimento era emerso:

– dalle dichiarazioni confessorie del corriere P.E. il quale riferiva che come sceso dall’aereo era stato prelevato da una persona in divisa e fatto salire su un’auto delle Forze di Polizia;

indicava poi un’auto Nissan grigia tg. (OMISSIS) quella con la quale, dopo il trasbordo dall’auto dei Carabinieri (condotta dal F.), era stato portato presso l’Hotel (OMISSIS);

– dalla riconducibilità all’imputato dell’utilizzo dell’auto Nissan tg. (OMISSIS) per il trasporto del corriere presso l’albergo Pyramid. Tale circostanza si evinceva attraverso le dichiarazioni rese dal proprietario dell’auto, G.F., dipendente Alitalia, che a lui l’aveva prestata il giorno dei fatti;

– sul punto nel corso dell’istruttoria dibattimentale era stato accertato che il G. la mattina dei fatti era localizzabile (nonostante fosse fuori servizio) nell’aerea di Fiumicino; inoltre in quella giornata e nella precedente, aveva avuto numerosi contatti telefonici con lo S.;

– benchè, ritrattando le dichiarazioni rese nelle indagini, in dibattimento avesse negato di avere prestato l’auto allo S., la circostanza del prestito emergeva dalle dichiarazioni de relato rese dal maresciallo Gu. che aveva raccolto, fuori dai suoi compiti istituzionali, le confidenze del G.;

– l’analisi dei contatti telefonici, registrati in data 30 e 31 ottobre, tra lo S. ed il G., riscontrava l’episodio del prestito dell’auto;

i – dall’analisi dei contatti telefonici, registrati in data 30 e 31 ottobre, tra lo S. ed il F., si palesava un continuo scambio di informazioni proprio nei momenti dell’illecita attività in prima battuta svolta dal F., allorchè quest’ultimo era andato a prelevare il corriere appena arrivato dal Venezuela, con l’auto di servizio ed in divisa;

– il legame del F. con il corriere era riscontrato dalla circostanza che presso l’alloggio del Carabiniere era stata rinvenuta la prenotazione del volo Caracas-Roma-Caracas intestata al P.;

– il coinvolgimento in prima persona dell’imputato era ulteriormente riscontrato dall1 analisi degli spostamenti dello S. nella giornata del 31 ottobre 2005 ed in particolare, dalla sua anomala ed inspiegabile presenza in aeroporto nella mattina, godendo in tale data di un giorno di licenza e dal percorso da lui seguito allorchè ebbe ad allontanarsi dall1 aeroporto; si dimostrava per tale via che l’imputato, con l’auto Nissan, ebbe a dirigersi dall’aeroporto verso Roma, recandosi nella zona dove è sito l’Hotel (OMISSIS) (ove aveva alloggiato il corriere), in conformità al racconto del P..

Per il capo B), episodio del 7 novembre 2005, il suo coinvolgimento era emerso:

– dalla predisposizione della operazione di importazione con il medesimo modus operandi già utilizzato in data 31 ottobre, cioè prelievo ed utilizzo della macchina di servizio da parte del F. per accogliere il corriere ed eludere i controlli;

prestito dell’auto Nissan allo S. da parte del G..

Imprevedibilmente, poi tale predisposizione dell’operazione era stata mutata, per ragioni sconosciute e F. aveva restituito l’auto e, smessa la divisa, messosi in borghese, aveva accolto il corriere nella sala di aspetto dell’aeroporto, ove, nelle more veniva fermato dalla P.G. il corriere L.C.;

– dalla presenza del F. e dello S. in aeroporto, alle prime ore della mattina, anomala, non essendo i predetti di servizio;

– dai numerosissimi contatti registrati il 6 ed il 7 novembre tra il F. e lo S. e tra questi ed il G. per la preparazione dell’operazione e per la predisposizione dei mezzi necessari alla sua realizzazione. Essi erano significativi in ragione della loro continuità, spesso a distanza di pochi minuti ed intercorrenti anche in ore notturne e di prima mattina, durante il corso della operazione;

– dal comportamento dello S. dopo il fermo per controllo del F., che dapprima si allontana da Fiumicino, per poi far ritorno in aeroporto, ove avvalora la versione dei fatti fornita dall’amico Carabiniere, il quale aveva riferito che si era avvicinato al corriere, in quanto aveva ricevuto una "soffiata" da tale G., tassista, il quale aveva contattato lo S. che gli aveva girato la notizia.

Evidenziava il Tribunale che, dopo il fermo del F. da parte della Guardia di Finanza per controlli, egli aveva mantenuto una certa autonomia d’azione, come attestato da ulteriori contatti telefonici intrattenuti con lo S., durante i quali avevano concordato la versione dei fatti da offrire;

– dalla accertata inesistenza di un tassista a nome " G." operante a Fiumicino. Osservava il Tribunale che la complessiva condotta dello S. e da ultimo la circostanza che aveva avvalorato il fantasioso alibi del F., erano indice del suo pieno coinvolgimento anche nella vicenda del 7 novembre.

Invero i dati processuali dovevano essere letti e valutati non atomisticamente, ma nel loro complesso potendo solo in tal modo esprimere appieno la loro valenza probatoria. Con sentenza del 4/3/2010 la Corte di Appello di Roma, confermava la pronuncia di condanna e, esclusa per il capo C) l’aggravante della ingente quantità, riduceva la pena ad anni 12 di reclusione ed Euro 90.000= di multa.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. La violazione di legge laddove la Corte territoriale non aveva rilevato la competenza del Tribunale di Roma in primo grado, in luogo del Tribunale di Civitavecchia, in ragione della contestazione del delitto associativo la cui consumazione si era verificata in Roma;

2.2. la violazione di legge ed in particolare dell’art. 178 c.p.p.,lett. c), per avere il Tribunale celebrato l’udienza del 17/4/2008, nonostante l’imputato fosse impedito per una faringite acuta con 38 di febbre. Vero è che, disposta la comparizione dell’imputato con ausilio dell’ambulanza, questi aveva rinunciato a comparire, ma tale rinuncia era dettata esclusivamente dalla circostanza che gli era stata imposta l’ambulanza, nonostante l’evidente impedimento;

2.3. la violazione di legge ed in particolare dell’art. 192 c.p.p. ed il difetto di motivazione, laddove la corte di merito aveva ritenuto la valenza probatoria delle dichiarazioni del P. nei confronti dello S., senza tener conto che questi non era stato riconosciuto dal propalante nella individuazione di persona dal P.M. il 9/11/2005; inoltre la attendibilità intrinseca del P. era minata dal fatto che aveva citato la presenza di una terza auto nelle fasi successive al suo prelievo in aeroporto, con presumibili complici, di cui però non era stato fatto cenno nel prosieguo delle indagini; inoltre inesistenti erano i riscontri estrinseci.

2.4. la violazione di legge ed in particolare dell’art. 195, comma 4 e art. 62 c.p.p., laddove la Corte aveva ritenuto utilizzabili le dichiarazioni del m.llo Gu., che "de relato", aveva riferito quanto dettogli da G.F. circa il prestito dell’auto di questi, una Nissan, allo S., nei giorni delle due importazioni di droga. Tali dichiarazioni non potevano essere utilizzate, ai sensi dell’art. 195 c.p.p., comma 4, in quanto contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito il m.llo aveva ricevuto le dichiarazioni nello svolgimento di attività di P.G.; ai sensi dell’art. 62, in quanto il G. al momento delle dichiarazioni aveva la qualità di indagato;

2.5. la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla affermata colpevolezza dell’imputato, basata su indizi che, seppur ritenuti plurimi, all’analisi individuale si manifestavano come incerti: a titolo esemplificativo, il difetti di riconoscimento dello S. da parte del P.; la mancata certezza da parte dell’imputato dell’uso dell’auto Nissan; la possibilità di spiegare i contatti telefonici con il F., in ragione del loro legame di amicizia;

2.6. la violazione dell’art. 438 c.p.p., comma 5, per la mancata applicazione della diminuente del rito abbreviato a fronte di un ingiustificato diniego dell’abbreviato condizionato.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla questione di competenza territoriale è infondato. Invero questa Corte di legittimità, in un caso analogo a quello per cui l’odiernamente si procede, ha statuito che "La competenza territoriale per il delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non può determinare, in forza della connessione soggettiva, lo spostamento della competenza per il reato di cessione delle stesse sostanze consumato in luogo diverso nell’ambito dell’attività del sodalizio criminoso, quando quest’ultimo reato risulti essere la violazione più grave per effetto della contestazione dell’aggravante dell’ingente quantitativo" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 21036 del 06/03/2008 Ud. (dep. 27/05/2008), Labricciosa, Rv. 240214).

Nel caso oggetto di giudizio, come correttamente osservato dal giudice di merito, la competenza territoriale per il delitto associativo non poteva coinvolgere, in forza del criterio di determinazione della competenza per connessione sotto il profilo soggettivo, la contestazione relativa al singolo episodio criminoso, essendo quest’ultimo la violazione più grave, per effetto della contestazione della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990. Per cui, ai sensi dell’art. 16, commi 1 e 3, cod. proc. pen., correttamente la competenza per territorio, per la fase del giudizio, è stata individuata nel Tribunale di Civitavecchia, nel cui ambito territoriale (Fiumicino) era stato commesso il reato più grave (capo B, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73-80).

3.2. In ordine alla seconda censura di natura processuale formulata, preliminarmente va ricostruito lo svolgimento dei fatti:

– innanzi al Tribunale era fissata udienza per il 17/4/2008;

– in data 10/4/2008 lo S., ristretto agli arresti domiciliari, comunicava di voler presenziare all’udienza, pertanto l’A.G. ne disponeva la traduzione;

– con FAX del 16/4/2008 i difensori dello S. chiedevano rinvio dell’udienza del 17 per legittimo impedimento dell’imputato;

all’istanza veniva allegato un certificato medico datato 14/4/2008;

– con provvedimento del 16/4/2008 il presidente del Tribunale disponeva una visita fiscale ed il dott. G.A., incaricato dell’incombente, certificava che alla data del 16/4/2008 lo S. era affetto da faringite acuta febbrile (febbre con temperatura di 38^ c), ma ciò non gli impediva di presenziare all’udienza con l’ausilio di un’ambulanza;

– il presidente del Tribunale disponeva, pertanto, per l’udienza del 17/4/2008 la traduzione a mezzo autoambulanza ed assistenza sanitaria;

– alle ore 9,59 del 17/4/2009 il Nucleo traduzioni della Polizia Penitenziaria informava via FAX il Tribunale che lo S. aveva rinunciato a presenziare all’udienza con dichiarazione scritta ed allegata al FAX;

– in udienza il difensore di fiducia dichiarava di essere edotto della rinuncia, ma instava egualmente per un rinvio;

– il Tribunale, con ordinanza, rigettava la richiesta.

Ciò premesso, va osservato che nessuna violazione di legge si è maturata.

Invero l’art. 420 ter cod. proc. pen., richiamato dall’art. 484 per la fase dibattimentale, prevede che il legittimo impedimento dell’imputato, onde poter determinare il rinvio dell’udienza, debba determinare una "assoluta impossibilità" alla presenza.

Nel caso di specie il giudice di merito ha valutato che non sussistessero i presupposti per il rinvio, motivando il provvedimento di rigetto sulla base di una certificazione proveniente dal sanitario incaricato del controllo.

Nè può attribuirsi rilevanza ad un eventuale intento polemico dell’imputato a rinunciare alla comparizione. Sul punto va rammentato l’orientamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale "E’ legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di rinvio dell’udienza motivata adducendo l’intrasportabilità dell’imputato detenuto, se l’assenza di questi sia dipesa dal suo rifiuto di salire a bordo dell’autoveicolo predisposto per la traduzione, sul presupposto, non giustificato da alcun certificato medico, dell’incompatibilità con il suo stato patologico (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40846 del 09/10/2007 Ud. (dep. 07/11/2007), Ambrosino, Rv. 237961).

La doglianza formulata è, pertanto, infondata.

3.3. In relazione alle censure circa la attendibilità del coimputato P., va premesso che questi è il corriere che aveva trasportato la droga in data 31/10/2005 di cui alla contestazione del capo B). Dalla motivazione delle sentenze di merito si rileva che alla sua individuazione si giunge a seguito dell’arresto in flagranza del corriere L.F. in data 7/11/2005 per il fatto di cui al capo C). Nel corso delle immediate indagini, acclarato il coinvolgimento nel fatto del carabiniere F.M., si effettuava una perquisizione nel suo alloggio rinvenendo la copia di una prenotazione aerea, per il volo Roma – Caracas, in favore del P.. Poichè tale viaggio era previsto per il 9/11/2005, gli inquirenti avevano avuto la possibilità di bloccare il P. prima che questi tornasse in Venezuela, a distanza di nove giorni dalla commissione del reato di cui al capo B), dando il là alle indagini a carico dello S..

Va ancora premesso che il P., nel descrivere le modalità di importazione della droga e le fasi del suo arrivo ed accoglienza in Italia, ha chiamato in correità lo S., in quanto, come dal propalante dichiarato, non ebbe a vedere in volto la persona che con l’auto Nissan ebbe ad accompagnarlo in albergo.

Pertanto le sue dichiarazioni rivestono importanza non perchè abbia riconosciuto l’odierno imputato, ma perchè indica alcune circostanze che, sottoposte ad approfondimenti investigativi, hanno condotto all’individuazione dello S. come uno dei principali protagonisti della vicenda criminale che ci occupa. In particolare la principale circostanza è di avere ricordato il numero di targa dell’auto Nissan con cui fu accompagnato in albergo e che, secondo le indagini, era stata prestata il giorno dei fatti da tale G. F. allo S..

La circostanza che, non avendo accusato direttamente l’imputato, il P. non manifesti intenti calunniatori nei confronti dello S., non esenta però da controllare se il giudice di merito, nel valutare attendibili le dichiarazioni del propalante, abbia fatto buon governo dei parametri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. ed in particolare del terzo comma. Va ricordato, infatti, che la disposizione richiamata pretende la verifica della attendibilità intrinseca e la presenza dei riscontri estrinseci, in riferimento "alle dichiarazioni rese dal coimputato", indipendentemente dal fatto che tali dichiarazioni contengano una diretta chiamata in correità.

Fatta questa premessa, va osservato che la Corte di merito ha fatto buon governo delle richiamate disposizioni, pertanto infondate sono le doglianze di violazione di legge formulate.

Ha ricordato il giudice di merito che il suo arrivo in Italia il 31/10/2005 era incontestabile; che fosse stato accolto dal carabiniere F. era riscontrato dal rinvenimento del citato biglietto aereo di ritorno in casa del militare; il numero di targa della Nissan lo aveva ricordato perchè annotato sulla mano e su un fogliettino di carta.

Non minava l’attendibilità del P. il fatto che il fogliettino non fosse stato rinvenuto, in quanto non era certo che fosse stato sequestrato; inoltre se anche era vero che solo in dibattimento aveva citato la presenza di un’altra auto presente allo svolgimento dei fatti (oltre quella dei Carabinieri con cui era stato prelevato vicino all’aereo e la Nissan), tale circostanza non intaccava la complessiva attendibilità della dichiarazione, in quanto, come riferito dal propalante detta auto si era fermata poco tempo.

Quanto ai riscontri estrinseci, da tutta la ricostruzione del fatto (sia per il capo B, che C), emergeva il ruolo di protagonista "sul campo" dello S., presente in aeroporto nonostante fosse in ferie ed in continuo contato telefonico con il carabiniere F.. Si deve pertanto ritenere che la sentenza di merito sul punto non abbia alcun deficit di motivazione e che, quindi nessuna violazione di legge e dei canoni di valutazione della prova si sia maturata.

3.4. La difesa dell’imputato ha lamentato, inoltre, la violazione di legge ed in particolare dell’art. 195, comma 4 e art. 62 c.p.p. laddove la Corte aveva ritenuto utilizzabili le dichiarazioni del m.llo Gu., che "de relato", aveva riferito quanto dettogli da G.F. circa il prestito dell’auto di questi, una Nissan, allo S., nei giorni delle due importazioni di droga.

Tali dichiarazioni non potevano essere utilizzate, ai sensi dell’art. 195 c.p.p., comma 4, in quanto contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito il m.llo aveva ricevuto le dichiarazioni nello svolgimento di attività di P.G. ; nonchè ai sensi dell’art. 62, in quanto il G. al momento delle dichiarazioni aveva la qualità di indagato.

Le doglianze formulate sono infondate.

Come osservato dal giudice di merito, il m.llo Gu. ebbe a ricevere le confidenze del G., al di fuori di un rapporto qualificato (in quanto le indagini sulla vicenda erano svolte dalla Guardia di Finanza) e da persona che al momento delle confidenze non era indagata (il G.).

Va ricordato in proposito, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che "In tema di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, che l’art. 195 cod. proc. pen., comma 4, preclude con riguardo al contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli artt. 351 e 357 c.p.p., comma 2, lett. a) e b), gli "altri casi" cui si riferisce l’ultima parte della disposizione, per i quali la prova è ammessa secondo le regole generali sulla testimonianza indiretta, si identificano con le ipotesi in cui le dichiarazioni siano state rese da terzi e percepite al di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione, in una situazione operativa eccezionale o di straordinaria urgenza e, quindi, al di fuori di un dialogo tra teste e ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ciascuno nella propria qualità" (Cass. Sez. Un. Sez. U, Sentenza n. 36747 del 28/05/2003 Ud. (dep. 24/09/2003), Torcasio, Rv. 225469).

Pertanto essendo intercorso il colloquio tra il Gu. ed il G. al di fuori dello svolgimento di attività di indagine ed essendo stato del tutto occasionale, tra soggetti che lavoravano preso l’Aeroporto, in considerazione della natura informale di esso, la deposizione del Gu. è utilizzabile.

Quanto alla operatività del divieto di cui all’art. 62 cod. prc. pen., la corte di merito ha ricordato che il G. al momento del colloquio non era indagato e che tale veste ebbe ad assumerla solo dopo gli accertamenti peritali svolti dal Tribunale. In ogni caso, anche sul punto va ricordata la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "Il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni rese dall’imputato o dalla persona sottoposta alle indagini, ha riguardo soltanto alle dichiarazioni rese, nel corso del procedimento, all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e al difensore nell’ambito dell’attività investigativa (Nella fattispecie, relativa a dichiarazioni autoindizianti rese dall’imputato ai Carabinieri, la Corte ha ritenuto utilizzabile la testimonianza dell’ufficiale di PG che tali dichiarazioni aveva ascoltato in quanto le stesse erano state fatte in un contesto del tutto estraneo e diverso rispetto al procedimento ….: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4439 del 02/12/2008 Ud. (dep. 02/02/2009), Landini, Rv.

243274; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 6085 del 09/12/2003 Ud. (dep. 16/02/2004), Meda, Rv. 227599).

Pertanto, considerato che il colloquio, come detto, furono del tutto informale e svolto al di fuori di un contesto investigativo, non opera il divieto di cui all’art. 62 cit.

3.5. La difesa dell’imputato ha lamentato la erronea applicazione della legge (art. 192 cod. proc. pen.) ed il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta colpevolezza dello S., a fronte delle incertezze ricostruttive del fatto, quali a titolo esemplificativo, il mancato riconoscimento dello S. da parte del P.; la mancanza di certezza dell’uso da parte dell’imputato dell’auto Nissan; la possibilità di spiegare i contatti telefonici con il F., in ragione del loro legame di amicizia.

Orbene la Corte di merito, nel confermare la pronuncia di primo grado e nel richiamarne nei tratti essenziali la motivazione, ha precisato che l’affermazione della responsabilità dello S. trovava supporto nelle seguenti circostanze:

– la perizia " Ge.", sull’analisi dei movimenti dei soggetti coinvolti nelle indagini, era attendibile, così come già valutato analiticamente dal Tribunale, avendo peraltro specificato il perito, contrariamente all’assunto difensivo, che la situazione delle "celle" prese in considerazione era quella dell’anno 2005; inoltre i dati elaborati erano ufficiali e forniti dai gestori telefonici;

– quanto all’episodio del 31 ottobre 2005 (capo C). l’istruttoria dibattimentale aveva attestato i continui contatti tra il F. e lo S., sia il giorno prima del fatto che il 31 durante la fase di preparazione dell’accoglienza del corriere ed i momenti successivi; tali contatti erano coevi a quelli dell’imputato con il G., da cui doveva ricevere in prestito l’auto; l’analisi dei tabulati aveva certificato la presenza di questi in aeroporto, nonchè dello S., nonostante fosse in licenza; irrilevante era che il corriere P. non avesse riconosciuto l’imputato come il conducente della Nissan, in quanto aveva riferito di non averlo visto in viso; l’attestata presenza del G. all’aeroporto rimarcava il mendacio circa le sue dichiarazioni di non essersi allontanato da Fregene ed avvalorava quindi, la ricostruzione della vicenda che lo aveva visto come fornitore allo S. dell’auto utilizzata per accompagnare il corriere in albergo.

– quanto all’episodio del 7 novembre 2005 (capo B). l’istruttoria dibattimentale aveva accertato i continui contatti tra il F. e lo S. nel giorno antecedente al fatto ed il 7 novembre, con modalità del tutto simili a quelle relativa al fatto contestato sub C); i colloqui telefonici tra i due si interrompono alle 8,17 del 7 novembre, dopo il fermo del F. da parte della G. di F.;

contemporaneamente lo S. si allontanava dall’aeroporto per andare in zona Magliana, evidentemente perchè si era accorto della operazione della Finanza; i colloqui tra i due riprendono per iniziativa del F. alle 8,35 e proseguono serratissimi, in tale frangente hanno occasione di concordare la versione della soffiata da parte del tassista " G." della importazione di una partita di droga; per tale motivo il F. fornisce tale versione dei fatti ai Finanzieri ed il m.llo Gu. incarica lo S. di cercare il tassista, ma senza ricevere alcuna esito positivo, in quanto l’imputato si allontanava dall’ufficio, riferendo un malore; evidentemente lo S. sapeva della inutilità dell’espletamento dell’incarico essendo il " G." persona frutto dell’invenzione dei due carabinieri infedeli.

Sulla base di tali emergenze istruttorie e valutata l’analogia del modus operandi in entrambi gli episodi dei due carabinieri (sebbene nell’ultimo era stato cambiato imprevedibilmente i programma di prelevare il corriere prima che passasse i controlli doganali), la Corte di merito ha confermato il giudizio di colpevolezza dell’imputato. Ciò detto, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.6. Con l’ultimo motivo di ricorso la difesa ha lamentato la violazione dell’art. 438 cod. proc. pen., comma 5, per la mancata applicazione della diminuente del rito abbreviato a fronte di un ingiustificato diniego dell’abbreviato condizionato.

Va premesso che l’ammissione del rito abbreviato condizionato presuppone che l’integrazione della prova richiesta sia necessaria e compatibile con le finalità proprie del rito speciale.

Nel caso di specie il giudice di merito non ha ammesso l’abbreviato condizionato richiesto, ritenendo non necessaria la integrazione probatoria, costituita da una perizia per acclarare le capacità visive del P., considerato che la distanza ravvicinata da cui ebbe a vedere la targa dell’auto Nissan, gli aveva consentito di identificare correttamente i numeri e le lettere, anche perchè dalla certificazione prodotta emergeva che il suo deficit visivo si era aggravato solo dopo l’arresto. Quanto alla richiesta di escussione dei testi Ga. e L., circa l’affidabilità della localizzazione sul territorio degli imputati, mediante l’analisi delle celle dei telefonini detenuti, tale analisi poteva essere oggetto di perizia, ma non di testimonianza, trattandosi di pareri.

In ogni caso la relazione del Ge. era stata oggetto di valutazione di attendibilità.

Alla luce di quanto esposto, il diniego della richiesta di abbreviato condizionato è stata adeguatamente motivata a fronte del fatto che le prove condizionanti non erano necessarie a supplire ad un’incompletezza di informazioni probatorie.

La coerenza e logicità della motivazione del diniego rende incensurabile il provvedimento in questa sede e, pertanto, non compromette la legalità della pena irrogata.

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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