Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-11-2011) 02-12-2011, n. 45004

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sui ricorsi proposti da V.G., V.P., B.N., P.M.C., EUROSPORT s.r.l. in persona del legale rappresentante V.G., AXA s.r.l. e L.S.V. s.r.l. in persone del legale rappresentante B.N. avverso il decreto del Tribunale di La Spezia in data 8.7.2010, integrato in data 16/17-7-2010 con le prescrizioni di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 5 che, previa convalida del sequestro relativa aveva disposto la confisca dei beni sequestrati con decreto 15-6-2010 ed aveva applicato al V.G. la misura di prevenzione personale dell’obbligo della sorveglianza di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di abituale residenza ((OMISSIS)) per anni due, imponendo a detto proposto il versamento di cauzione presso la cassa delle ammende, la Corte di Appello di Genova, con decreto in data 29-10-2010, rigettava tali impugnazioni, ritenendo comprovata l’attualità della pericolosità sociale del proposto e sussistenti le condizioni oggettive e soggettive legittimanti la misura di prevenzione patrimoniale ex L. n. 575 del 1965, art. 2 ter con relativa confisca dei beni posseduti direttamente o per interposta persona dal detto proposto.

Avverso tale provvedimento le persone anzidette in proprio e nella qualità hanno proposto ricorso per cassazione,deducendo a rispettivi motivi di gravame, tramite i relativi difensori:

V.G.;

Quanto alla misura di prevenzione personale,violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 6 bis e vizio logico per omissione, contraddittorietà intrinseca e travisamento probatorio della motivazione in relazione al requisito dell’attualità della pericolosità, con censura dei richiami ad elementi ritenuti nel decreto impugnato quale riscontro all’asserita attualità di detto requisito. Quanto alla misura di prevenzione patrimoniale,violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter. Vizio logico per omissione, contraddittorietà intrinseca e travisamento probatorio della motivazione in relazione al requisito della "proporzione tra l’attività economica esercitata dalle società riferite al ricorrente V. ed i beni di cui ha la disponibilità"; erronea applicazione della citata Legge, art. 2 ter con vizio logico per omissione, contraddittorietà, intrinseca e travisamento probatorio della motivazione in relazione al requisito della "riferibilità al proposto dei beni oggetto di confisca".

Con motivi nuovi la difesa del predetto ricorrente ha ribadito il vizio di erronea applicazione della legge penale in riferimento all’attualità della pericolosità personale del proposto e contestuale vizio di motivazione nonchè analogo vizio di legittimità in relazione alla legge processuale quanto all’assenza dei presupposti della misura di prevenzione patrimoniale della confisca, avendo il provvedimento impugnato affermato "inopinatamente ed in violazione di legge l’inesistenza di qualsivoglia dubbio sulla sproporzione, rispetto al reddito dichiarato o all’attività svolta, nonostante fosse stato pacificamente dimostrato che le società oggetto della misura patrimoniale avessero un volume di affari tale da giustificare ampiamente la produzione di quel tipo di reddito e che tale reddito era pienamente lecito in relazione all’attività economica effettivamente esercitata".

Si è, infine, dedotta l’illegittimità costituzionale della L. n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 6 bis come novellato dalla riforma attuata dal D.L. n. 92 del 2008 (convertito in L. n. 125 del 2008), nella parte in cui ,per la legittimità della misura ablativa, prescinde dall’esigenza di attualità della pericolosità sociale del proposto al momento della richiesta della misura, così determinando, in violazione dell’art. 25 Cost., comma 2 ed in patente contrasto con l’interpretazione degli artt. 6 e 7 della CEDU in relazione all’art. 117 Cost., nella figura ablativa della confisca "una misura sanzionatoria meramente repressiva ed afflittiva" del tutto incompatibile con le norma predette anche in punto di asserita possibilità di retroattività della cennata pericolosità sociale perchè risalente ad un periodo di tempo anteriore a quello dell’applicazione della detta misura ablativa;

V.P., B.N., P.M.C., le s.r.l. EUROSPORT AXA e LSV in persona dei rispettivi legali rappresentanti (per la 1^ il V.G. e per la 2^ e 3^ la B.):

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter e vizio logico per omissione, contraddittorietà intrinseca e travisamento probatorio della motivazione in relazione al requisito della "riferibilità al proposto dei beni oggetto di confisca". 2) Analogo vizio di legittimità di quello sub I) in relazione al requisito della sproporzione tra l’attività economica esercitata dalle società riferite al V.G. ed i beni di cui ha la disponibilità, con censure in fatto e diritto sulle relative determinazioni decisorie del provvedimento impugnato.

In sostanza, ad avviso della difesa dei predetti ricorrenti, "non può che ritenersi illogicamente motivala la decisione che, fondata proprio sulla nozione di sproporzione tra due quantità di patrimonio, da un lato, e la capacità finanziaria, dall’altro lato, ometta di dare conto delle ragioni che hanno condotto all’individuazione del valore-base preso a raffronto, tanto più se ciò è avvenuto nella trascurata presenza di elementi tecninol che asseverano entità di paramentrazione tali da escludere alla radice la ricorrenza del presupposto di legge che legittima la confisca. Con motivi nuovi la difesa dei predetti ricorrenti ha preliminarmente proposto eccezione di legittimità coatituzionale del combinato disposto della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11 e art. 611 c.p.p., nella parte in cui non prevede la partecipazione difensiva all’udienza camerale, posto che tale omissione si propone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., perchè la non prevista applicabilità in subiecta materia del rito di cui all’art. 127 c.p.p., può "comportare devastanti effetti sui patrimoni e sulle esistenze dei soggetti passivi", come è avvenuto nella specie; si è, inoltre, eccepita l’inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter in relazione all’individuazione dei presupposti per l’adozione del provvedimento di confisca,a cominciare dalla verifica dell’asserita sproporzione dei beni non solo attraverso il riferimento al reddito dichiarato a fini fiscali ma anche al diverso riferimento, costituito dall’attività economica svolta, avendo la Corte di Appello, ad avviso dei ricorrenti, omesso di predendere in esame "i rilievi mossi dalla parte nella diversa direzione della verifica della sproporzione del patrimonio mobiliare ed immobiliare riferito al proposto tenendo conto degli elementi "che consentivano di individuare la capacità di assicurarsi ricavi anche non denunciati sulla base dell’attività economica svolta". Il PG in sede ha concluso la propria requisitoria scritta in atti con richiesta di rigetto di tutti i ricorsi anzidetti.

Tanto premesso, ritiene questa Corte che i ricorsi siano infondati e vadano, pertanto, rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Preliminarmente vanno ritenute manifestamente infondate le anzidetto eccezioni di legittimità costituzionale.

Quanto a quella dedotta dal V.G. con i motivi nuovi, giova ribadire che la corretta lettura della L. n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 6 bis, come novellato dalla L. n. 125 del 2008 risponde ad una esigenza di ragionevole portata di efficienza dell’istituto della prevenzione patrimoniale nel contesto, si badi bene, non certo di un isolato ed "ex abrupto" procedimento al riguardosa necessariamente letto nello spirito delle finalità e funzioni -come tracciate dalla citata Legge, art. 2 ter segnatamente riferite alle inequivoche garanzie per la difesa a tutela del soggetto nei cui confronti "è in corso" il procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione ex L. n. 1423 del 1956, art. 3.

Di qui l’inconsistenza dell’eccezione dedotta,che sostanzialmente tende, in palese disarmonia logico funzionale, ad eludere la necessaria e sostanziale differenziazione tra la misura di prevenzione personale e quella patrimoniale, entrambe, in ogni caso, assistite da un articolato schema di tutela dei diritti di difesa a conferma di un collegamento anche logico della natura stessa di tali istituti nel quadro delle misure di prevenzione in generale.

Del pari manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale dedotta dalla difesa dei terzi interessati e dello stesso V.G. nella qualità di legale rappresentante della EUROSPORT s.r.l. Si evince, infatti, in termini di coerenza logico-giuridica, che in relazione alla citata Legge, art. 4, comma 6 è già da tempo intervenuta la Consulta (sentenza n. 76/70) in tema di necessaria assistenza del difensore alla relativa udienza camerale, cosa che non si estende, in termini di "presenza fisica" del difensore al giudizio, innanzi a questo giudice di legittimità, in coerenza con il limite ex lege tracciato a detta impugnazione alla sola figura del vizio di violazione di legge, fermo restando che, in ogni caso, le parti (PM e difesa) ben possono cartolarmente controdedurre alle argomentazioni del provvedimento impugnato, geneticamente assunto con l’assistenza obbligatoria della difesa, nei termini innanzi richiamati per effetto della sentenza della Consulta al riguardo.

Tanto premesso in via preliminare,ritiene questa Corte di dover necessariamente "palettare" la propria indagine al solo vizio di legittimità costituito dalla violazione di legge, in essa compresa, come da ribadito principio di diritto segnalato da questa stessa Corte a S.U., il caso di motivazione del tutto assente ovvero macroscopicamente del tutto apparente. Tale premessa è determinante per poter correttamente essenzializzare l’indagine agli aspetti necessariamente costituenti presupposti per le misure di prevenzione personale e patrimoniale oggetto di questo giudizio. Pur dando comunque fatto dell’apprezzabile impegno argomentative profuso dalle difese dei ricorrenti, sembra opportuno innanzitutto ribadire che il tracciato valutativo dei termini decisori delle misure di prevenzione non può confondersi con l’apprezzamento di pari portata che caratterizza il giudizio di merito, in cui, in ogni caso, la dichiarazione di colpevolezza soggiace ai rigorosi principi applicabili all’art. 533 c.p.p., comma 1, come novellato dalla L. n. 46 del 2006, in tema di colpevolezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", come da ultimo ribadito da questa Corte di legittimità in materia (cfr. Cass. pen. Sez. 6, 3.11.2011, n. 1681, Galante).

Alla luce di tali premesse, non resta che confermare la corretta, sufficiente e logica risposta offerta dal provvedimento impugnato in punto di accertata attualità della pericolosità sociale qualificata del proposto, con puntuale ed argomentata controdeduzione alle censure difensive in quella sede proposte e riproposte in questa sede (cfr.foll. 18-19-20-), pericolosità che, a smentita di tali controdeduzioni, si e protratta ragionevolmente fino allo stato del provvedimento impegnato, a partire dagli anni 90 ininterrottamente, così disegnando un quadro di allarme apprezzabile e significativo a livello sociale della figura del proposto.

Del pari infondata l’impugnazione dei ricorrenti in tema di misura di prevenzione matrimoniale, posto che il decreto in esame ha correttamente tracciato il quadro dei presupposti legittimanti la disposta misura della confisca dei beni, sia in ordine alle ragioni legittanti la "sproporzione del reddito" che quale frutto di attività illecite anche di queste costituenti il re-impiego.

Contrariamente all’assunto difensivo, la legittimità di tale misura di prevenzione patrimoniale trova la sua corretta risposta in "sufficienti indizi", secondo l’esplicito detto normativo di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 2, aspetto questo utilmente apprezzato nel decreto impegnato (cfr. foli. 21-22-23-24),non senza puntualmente verificare la posizione dei soggetti ritenuti come interposta persona nella disponibilità dei beni confiscati rispetto all’effettiva appartenenza al proposto. Ogni altra questione sulla valutazione del quantum in relazione a reddito ed attività economica sfora il campo delle questioni in punto di mera fatto, incompatibili in questa sede e, in ogni caso, non confligge con il disegna di sufficiente indiziarietà della sussistenza dei presupposti di legge in materia di confisca dei beni direttamente o indirettamente riconducibili al proposto.

Alla stregua delle considerazioni tutte che precedono i ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti a pagare le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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