Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-11-2011) 02-12-2011, n. 44931

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 23.2.2011 la Corte d’appello di Lecce dichiarava inammissibile l’istanza di revisione del decreto penale di condanna emesso dal Gip del Tribunale di Lucera il 28.2.2005 divenuto irrevocabile che aveva condannato C.M. alla pena di Euro 570 di multa, con il riconoscimento dei doppi benefici di legge, per il reato di cui all’art. 495 cod. pen., perchè nel verbale di interrogatorio reso alla polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Lucera, dichiarava falsamente di non essere gravato da precedenti condanne, pur avendo riportato una condanna con sentenza dell’11.11.1975.

La Corte di appello premetteva che il C. avanzava la richiesta ai sensi dell’art. 630 cod. proc. pen., lett. d) "stante la totale insignificanza penale del comportamento sanzionato, attesa la incontestabile mancanza della necessaria coscienza e volontà del comportamento falso".

Rilevava, quindi, che prescindendo dalla specifica disposizione invocata, la revisione veniva fondata sulla rivisitazione della dichiarazioni dell’istante oggetto del giudicato, anche in conseguenza di presunte inutilizzabilità mai eccepite nel giudizio.

Pertanto, mancando del tutto i presupposti cui la legge subordina tassativamente la revisione doveva essere dichiarata la inammissibilità della richiesta.

2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione, personalmente il C. deducendo: la violazione di legge, la violazione di norme processuali previste a pena di nullità ed il vizio di motivazione.

Lamenta che le dichiarazioni oggetto della intervenuta condanna erano affette da "nullità ed inutilizzabilità" assolute ed insanabili per essere state raccolte in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 63, 64 e 66 cod. proc. pen. ed in violazione del principio nemo tenetur se detegere.

Conseguentemente, ad avviso del ricorrente, il verbale di interrogatorio posto a base della condanna doveva ritenersi invalido e falso, tale da configurare una delle ipotesi di revisione di cui all’art. 630 cod. proc. pen., lett. d).

Motivi della decisione

Relativamente alle doglianze riguardanti l’asserita inosservanza delle norme in materia di revisione ed il vizio di motivazione del provvedimento impugnato sia sotto il profilo della sua carenza che quello della sua illogicità, la Corte rileva che, quale necessario antecedente logico-giuridico dell’apertura del giudizio di revisione, l’indagine preliminare costituisce un momento interno del procedimento che, risultando finalizzato al vaglio di ammissibilità della richiesta, si sviluppa nei seguenti passaggi, enucleabili dall’art. 634 cod. proc. pen.: a) verifica dell’osservanza delle forme prescritte per l’istanza di revisione e della legittimazione del richiedente; b) riconduclbilità delle ragioni per le quali è richiesta la revisione ad una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 630 cod. proc. pen.; c) congruenza, in astratto, ex art. 631 cod. proc. pen., degli elementi su cui si basa la richiesta; d) non manifesta infondatezza dell’istanza.

Orbene, risulta palese come le circostanze dedotte dal ricorrente non siano conferenti ai fini del predetto giudizio e si pongano fuori del perimetro tassativo delle ipotesi indicate dall’art. 630 cod. proc. pen. ed a maggior ragione in quella prevista alla lett. d).

Come è stato correttamente rilevava nel provvedimento impugnato, pur volendo prescindere dalla specifica disposizione invocata, la richiesta di revisione è stata fondata su una rivisitazione della dichiarazioni dell’istante e su presunte inutilizzabilità coperte dal giudicato.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille (1.000,00) Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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