T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 10-01-2012, n. 6

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazioni della Giunta provinciale nn. 168/01 e 91/2002, la Provincia di Chieti ha concesso in locazione due palazzine dell’ospedale psichiatrico di Santa Maria Imbaro e annessi terreni alla società Villa Perla d’Abruzzo, che ne aveva richiesto l’assegnazione con l’impegno di provvedere alla loro ristrutturazione, per destinarle a centro di ricerca e ricovero per anziani.

Dopo che il competente Dirigente dei servizi finanziari aveva approvato il relativo progetto per il recupero, l’uso e la destinazione degli immobili e deliberato la stipula di un contratto di locazione di 12 anni, subordinandone, la sottoscrizione alla regolarizzazione del progetto ed alla presentazione di una polizza fideiussoria a garanzia degli impegni assunto, la Giunta provinciale con deliberazione n. 84 del 15 luglio 2003, al fine di consentire alla locataria di accedere a finanziamenti pubblici per far fronte alla ristrutturazione, ha modificato la propria precedente deliberazione n. 168/01, accordando alla soc. Villa Perla d’Abruzzo il diritto di superficie per 99 anni e fissando la durata della prima locazione in anni 20 (anziché 12), a condizione che il progetto ricevesse i pareri favorevoli di tutte le autorità preposte e che la locataria si munisse di una polizza fideiussoria pari all’importo dei lavori.

Con nota del 27 ottobre 2003,il legale rappresentante della società locataria ha chiesto, in luogo della ristrutturazione, l’autorizzazione alla previa demolizione della ricostruzione, essendo emerso, a seguito di indagini diagnostiche e verifiche strutturali, che gli edifici locati non consentivano interventi di consolidamento e di adeguamento sismico; anche tale richiesta è stata accolta dalla Giunta provinciale con deliberazione 28 ottobre 2003, n. 124.

Successivamente avendo rilevato che, "nonostante il notevole lasso di tempo intercorso, la Soc. Villa Perla non si era munita della polizza fideiussoria, né aveva versato idonea cauzione" e che "nonostante i reiterati tentativi, da parte della Provincia, di definire in un modo o nell’altro la questione protrattasi fin troppo a lungo, la società era rimasta inerte", la Giunta provinciale di Chieti con deliberazione 6 settembre 2007, n. 350, ha pronunciato la decadenza delle proprie precedenti deliberazioni di concessione in locazione delle due palazzine "stante l’inadempimento degli oneri incombenti sulla soc. Villa Perla d’Abruzzo, nonché il mancato esercizio delle facoltà derivanti dall’atto amministrativo".

Con il ricorso in esame la società interessata, che riferisce di essersi immessa nel possesso dei beni in parola e di aver eseguito la demolizione degli immobili in questione, è insorta dinanzi questo Tribunale avverso tale atto deliberativo, nonché avverso la nota del Dirigente del V Settore dell’Amministrazione provinciale 15 ottobre 2007, n. 63703, di determinazione della data per la reintegra nel possesso delle aree in questione.

Ha dedotto le seguenti censure:

1) che, trattandosi di beni non demaniali, la Provincia non avrebbe potuto esercitare il potere di autotutela di cui all’art. 823 del codice civile;

2) che era "irrituale" la dichiarazione di decadenza di atti deliberativi, potendo l’Amministrazione assumere atti o di annullamento o di revoca e che nella specie non sussistevano i relativi presupposti;

3) che la Provincia non aveva precisato come avrebbe successivamente utilizzato tali immobili.

Conclusivamente, ha infine anche chiesto la condanna dell’Amministrazione provinciale al risarcimento (ex artt. 1337, 1338 e 2043 del codice civile) dei danni "da contatto sociale" subiti.

Con motivi aggiunti ha esteso l’impugnativa nei confronti della nota del Dirigente del V Settore dell’Amministrazione provinciale 16 aprile 2008, n. 26992, di determinazione della nuova data per la reintegra nel possesso.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memorie depositate il 7 febbraio 2009 ed il 26 ottobre 2011.

L’Amministrazione provinciale di Chieti si è costituita in giudizio e con memorie depositate il 19 dicembre 2007 ed il 27 gennaio 2009 ha pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 1 dicembre 2011 la causa è stata quindi trattenuta a decisione.

Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame e con i motivi aggiunti – come sopra esposto – la parte ricorrente ha richiesto:

a) l’annullamento della deliberazione 6 settembre 2007, n. 350, con la quale la Giunta provinciale di Chieti aveva pronunciato la decadenza delle proprie precedenti deliberazioni di concessione in locazione alla società ricorrente delle due palazzine dell’ex Ospedale psichiatrico di Santa Maria Imbaro;

b) l’annullamento delle note del Dirigente del V Settore dell’Amministrazione provinciale 15 ottobre 2007, n. 63703, e 16 aprile 2008, n. 26992, di determinazione della data per la reintegra nel possesso delle aree in questione;

c) la condanna dell’Amministrazione provinciale al risarcimento (ex artt. 1337, 1338 e 2043 del codice civile) dei danni "da contatto sociale" subiti.

2. – Nell’esposizione in fatto sono già state sommariamente descritte le vicende che hanno dato luogo alla presente controversia; basta in questa sede ricordare che l’Amministrazione provinciale di Chieti aveva deliberato di concedere in locazione alla ricorrente le due palazzine dell’ex Ospedale psichiatrico di Santa Maria Imbaro, da ultimo con deliberazioni della Giunta provinciale 15 luglio 2003, n. 84 e 28 ottobre 2003, n. 124, a condizione, tra l’altro, che il progetto ricevesse i pareri favorevoli di tutte le autorità preposte e che la locataria si munisse di una polizza fideiussoria pari all’importo dei lavori.

Successivamente, la ricorrente si è immessa nel possesso dei beni in questione e, come dalla stessa dichiarato, ha proceduto anche ad eseguire la demolizione di tali strutture.

Conosciuta tale circostanza, il Presidente della Provincia con nota 7 aprile 2005, n. 189/gab, ha invitato la ricorrente a produrre copia della documentazione relativa alla immissione in possesso ed, una volta accertato che il contratto di locazione non era mai stato sottoscritto (anche perché non era mai stato determinato il relativo canone di locazione), ha iniziato delle trattative in ordine alla redazione di una bozza di convenzione. Non essendosi concluse positivamente tali trattative la Giunta provinciale di Chieti con deliberazione 6 settembre 2007, n. 350, partendo dal presupposto che "nonostante il notevole lasso di tempo intercorso, la Soc. Villa Perla non si era munita della polizza fideiussoria, né aveva versato idonea cauzione" e che "nonostante i reiterati tentativi, da parte della Provincia, di definire in un modo o nell’altro la questione protrattasi fin troppo a lungo, la società era rimasta inerte", ha pronunciato la decadenza delle proprie precedenti deliberazioni di concessione in locazione delle due palazzine "stante l’inadempimento degli oneri incombenti sulla soc. Villa Perla d’Abruzzo, nonché il mancato esercizio delle facoltà derivanti dall’atto amministrativo".

Con nota 15 ottobre 2007, n. 63703, il Dirigente del V Settore dell’Amministrazione provinciale ha comunicato alla ricorrente tale atto deliberativo 15 ottobre 2007, n. 63703, determinando la data per la reintegra nel possesso delle aree in questione. Tale data è stata successivamente differita con nota 16 aprile 2008, n. 26992.

2. – In via pregiudiziale il Collegio deve farsi carico di esaminare l’eccezione proposta dall’Amministrazione resistente, con la quale è stato denunciato il difetto di giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della presente controversia.

Tale eccezione è priva di pregio.

Da quanto sopra indicato emerge innanzi tutto con evidenza che un contratto di locazione non è mai stato stipulato tra le parti.

Ora, poiché la Pubblica Amministrazione nella stipula di ogni contratto è tenuta all’osservanza di tutti gli adempimenti richiesti dall’evidenza pubblica, primo fra tutti il requisito della forma scritta ad substantiam, che ne costituisce elemento essenziale avente funzione costitutiva e non dichiarativa (Cons. St., sez. IV, 22 luglio 2010, n. 4809) e la cui mancanza produce la nullità assoluta dell’atto, rilevabile anche d’ufficio, e poiché tale stipula nel caso di specie non risulta sia mai intervenuta, sembra evidente che la ricorrente è allo stato titolare nella vicenda in questione di una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, in quanto non è mai stato stipulato un contratto tra le parti.

E’ pacifico, infatti, che quando sia parte di un contratto una Pubblica Amministrazione, pur ove questa agisca iure privatorum, é richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, la forma scritta ad substantiam, rimanendo del tutto irrilevante l’esistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale dell’Ente abbia autorizzato la stipula del contratto, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta nel necessario distinto ed autonomo documento sottoscritto dal rappresentante esterno dell’Ente stesso, giacché detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti di quest’ultimo, ma un atto con efficacia interna all’Ente che ha solo natura autorizzatoria (Cass. Civ., sez. II, 18 maggio 2011 , n. 10910). La forma scritta ad substantiam è invero fondamentale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, sia nell’interesse del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia nell’interesse della stessa pubblica amministrazione, rispondendo all’esigenza di identificare con precisione l’obbligazione assunta e il contenuto negoziale dell’atto e, specularmente, di rendere possibile l’espletamento della indispensabile funzione di controllo; per cui il requisito in parola – come è stato puntualmente evidenziato (Cass. Civ., sez. III, 28 settembre 2010 , n. 20340) – può considerarsi espressione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione sanciti dalla carta costituzionale.

Deve, pertanto, concludersi che rientri nella giurisdizione di questo Tribunale il conoscere della legittimità dell’atto deliberativo impugnato, nonché degli atti conseguenti.

Ugualmente rientra nella giurisdizione esclusiva di questo Tribunale, in base al disposto dell’art. 133 del codice del processo amministrativo, conoscere anche delle conseguenti questioni risarcitorie, pure a titolo di responsabilità precontrattuale.

3. – Una volta giunti a tale conclusione, può utilmente passarsi all’esame delle doglianza dedotte.

Nel confronti della predetta deliberazione della Giunta provinciale di Chieti 6 settembre 2007, n. 350, la ricorrente, con le censure sopra indicate ai nn. 2) e 3), si è lamentata nella sostanza del fatto che era "irrituale" la dichiarazione di decadenza di atti deliberativi, potendo l’Amministrazione solo assumere atti o di annullamento o di revoca e che nella specie non sussistevano i relativi presupposti e che la Provincia non aveva precisato come avrebbe successivamente utilizzato tali immobili.

Tali doglianze non sono fondate.

Va al riguardo evidenziato che l’atto impugnato, contrariamente a quanto ipotizzato con il gravame, è un vero e proprio atto di decadenza e non un atto di annullamento o di revoca.

Come è noto, la pronuncia di decadenza consiste nel ritiro di un provvedimento o per l’inadempimento da parte del destinatario di obblighi imposti (decadenza sanzionatoria) o per il mancato esercizio delle facoltà derivanti dai provvedimenti o per il venir meno dei requisiti di idoneità del destinatario (decadenza accertativa).

La pronuncia di decadenza va, invero, ricompresa fra gli atti di ritiro, perché anche attraverso la pronuncia decadenza viene, con un provvedimento ad efficacia costitutiva, minato un atto amministrativo e conseguentemente vengono a cessare gli effetti, che l’atto era idoneo a produrre ed, in particolare, viene ad estinguersi il rapporto a cui si era dato vita con l’atto medesimo. Essa però si differenzia dagli altri atti di ritiro (quali l’annullamento o la revoca), perché non comporta un riesame dell’atto, alla stregua della sua legittimità o opportunità, bensì una valutazione del comportamento tenuto dal destinatario durante lo svolgimento del rapporto o un nuovo accertamento dei requisiti di idoneità per la titolarità dell’atto ampliativo. Quindi l’oggetto dell’indagine compiuta dall’Autorità, che pronuncia la decadenza, si sposta dall’atto, in sé e per sé considerato, al comportamento o alla personalità del destinatario.

Nel caso di specie è stata disposta una vera e propria decadenza sanzionatoria, che trova il suo presupposto nello specifico inadempimento della Soc. Villa Perla che non si era munita "della polizza fideiussoria, né aveva versato idonea cauzione"; tale valutazione discrezionale del comportamento del destinatario è stata correttamente preceduta dalla preventiva contestazione di addebiti ed risulta sorretta – come sopra evidenziato – da una adeguata motivazione.

Appaiono, pertanto, inconferenti le due censure dedotte avverso tale atto, in quanto la dichiarazione di decadenza non è di certo "irrituale", né la Provincia, nell’assumere l’atto in questione, avrebbe dovuto contestualmente precisare come avrebbe successivamente utilizzato tali immobili.

4. – Nel confronti delle nota del Dirigente del V Settore dell’Amministrazione provinciale 15 ottobre 2007, n. 63703, di determinazione della data per la reintegra nel possesso delle aree in questione la società ricorrente ha dedotto che, trattandosi di beni non demaniali, la Provincia non avrebbe potuto esercitare il potere di autotutela di cui all’art. 823 del codice civile.

Anche tale censura non è fondata.

Invero, con tali atti impugnati, contrariamene a quanto ipotizzato con il ricorso, l’Amministrazione provinciale non ha inteso esercitare il potere di autotutela per rientrare in possesso dei beni in questione, ma, ben diversamente, si è limitato a comunicare alla società interessata il predetto atto deliberativo e ad indicare la data in cui era disponibile a rientrare in possesso di detti beni, sempre ove la società in questione non si fosse opposta alla restituzione.

Gli atti in questione sono, in definitiva, privi di vero e proprio contenuto provvedimentale in quanto si limitano ad indicare delle date in cui la Provincia era disponibile a rientrare in possesso dei beni in questione; per cui l’impugnativa proposta avverso tali atti, data la loro natura, appare inammissibile.

5. – Ugualmente infondata appare, infine, anche la richiesta di condanna della Provincia al risarcimento dei danni.

Va al riguardo evidenziato, innanzi tutto, che la legittimità del predetto atto di decadenza, avente carattere sanzionatorio, esclude l’antigiuridicità del comportamento della Provincia e la mancanza di buona fede nelle trattative.

Inoltre, deve anche evidenziarsi che la ricorrente non ha neanche puntualmente fornito la prova – come era suo specifico onere (art. 64 codice del processo amministrativo) – dei fatti posti a fondamento della richiesta risarcitoria e dei danni subiti. Dagli atti di causa non è possibile, invero, neanche rilevare quali spese la ricorrente abbia in concreto sostenuto, quali titoli edilizi abbia acquisito e quali opere abbia in concreto eseguito; né a tali carenze probatorie può di certo sostituirsi il Collegio.

6. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente

Michele Eliantonio, Consigliere, Estensore

Dino Nazzaro, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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