Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-11-2011) 02-12-2011, n. 44890

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 11/05/2011, il Tribunale di Palermo rigettava l’istanza di riesame avverso l’ordinanza con la quale il g.i.p. del Tribunale di Agrigento aveva applicato la custodia cautelare in carcere nei confronti di B.G. per il reato di rapina aggravata.

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, sostanzialmente (il secondo motivo, con il quale si lamenta la illogicità della motivazione, non è altro, a ben vedere, che una mera reiterazione del primo lamentandosi, ancora una volta la carenza dei gravi indizi di colpevolezza), la violazione degli artt. 273 – 274 c.p.p. Sostiene il ricorrente che nessuno degli indizi evidenziati dal tribunale può essere considerato elemento idoneo a provare il suo effettivo coinvolgimento nella rapina trattandosi di elementi non individualizzanti (casco e pantaloni del tutto comuni).

In ogni caso, gli elementi indiziari non consentivano la formulazione di un giudizio prognostico negativo circa il paventato pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tribunale ha motivato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, nei seguenti termini: "rinviando per gli aspetti di dettaglio alla motivazione svolta nel titolo cautelare impugnato, basti considerare che: a) B.G. aveva in uso e nella sua esclusiva disponibilità, subito dopo il fatto, il casco indossato dal rapinatore a copertura del volto (cfr. verbale di individuazione di cose operata da P.R. il (OMISSIS), verbale di sequestro del casco e dichiarazioni rese dallo stesso B. in sede di interrogatorio); b) il pantalone indossato dal B. il giorno della rapina è stato riconosciuto da P.R. come quello in uso al rapinatore (cfr. verbale di individuazione di cose operata da P.R. il 22 aprile 2011); c) l’indagato, una volta ritornato a casa – in orario immediatamente successivo a quello di commissione del reato – aveva immediatamente provveduto a cambiarsi gli abiti (cfr. dichiarazioni rese da N.G., madre dell’indagato, ritualmente avvisata della facoltà di astensione ex artt. 199 e 200 c.p.p.), nel chiaro intento di eliminare ogni possibile elemento utile alla sua individuazione.

Tantum sufficit, allo stato, per fondare un giudizio di qualificata probabilità di colpevolezza, considerato, peraltro, che il B. non ha fornito in sede di interrogatorio alcun elemento idoneo a porre quantomeno in dubbio la ricostruzione dei fatti dell’autorità inquirente".

A fronte di tale ampia motivazione, il ricorrente, in modo surrettizio, tenta di introdurre, in modo inammissibile, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione accurata, logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva del prevenuto. Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, mero merito, va dichiarata inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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